Sembra
impossibile ma...
Un
insegnante di Daikundi, in Afghanistan, ha avuto la bella idea di
chiamare il figlio col nome del presidente americano. E i guai per il
piccolo Donald Trump Pooya e famiglia non si sono fatti attendere.
Anno
2016, Sayed Pooya vive in un paesino dell'Afghanistan centrale, in
una fattoria con i genitori, i nonni, la moglie Jamila e i due figli
Fatima di 6 anni e Karim di 5. Dall'altra parte del mondo, in
America, la corsa alla Casa Bianca sta entrando nel vivo; nel giro di
pochi mesi Donald Trump, contro ogni pronostico, diventerà
presidente. E Sayed fa un tifo sfegatato per lui: ha appena finito di
leggere il suo libro “Come diventare ricchi”, preso in prestito
alla biblioteca, e ne è rimasto letteralmente affascinato: “Ho
pensato ‘Questo è un grande uomo’, mi piace il modo in cui
quando decide che vuole qualcosa, poi va e lo ottiene”. Così,
quando nasce il suo terzo figlio, va all'anagrafe e, all'ufficiale di
stato civile che gli chiede come lo chiamerà, risponde tutto
orgoglioso “Donald Trump”.
“Il
mio – spiega – voleva essere un augurio, nella speranza che mio
figlio riesca a replicare il successo dell'uomo d'affari e diventi
miliardario come lui”. Il tempo di arrivare a casa, e apriti cielo:
la moglie abbozza, ma genitori e nonni sono furiosi, ogni giorno è
una lite. L’imam locale poi dedica al piccolo Donald Trump un
intero sermone, e definisce la scelta un insulto alla religione. Dopo
qualche tempo il padre di Sayed, che non ne può più di sentir
chiamare il nipotino con quel nome in ogni momento, caccia il figlio
di casa. Così, con la famiglia, si trasferisce a Kabul. Ma le cose
non migliorano, anzi: vivono in 5 in un tugurio di mattoni e fango,
fra i vicoli più sporchi della periferia; e i vicini, appena sentono
il nome del bimbo, chiedono al padrone di casa di cacciarli. E se nel
quartiere li evitano e li guardano male, su Facebook sono bombardati
di insulti e minacce per aver dato al figlio il nome di un infedele,
anzi, del capo degli infedeli. Tanto da essere costretti a chiudere
il profilo. “Lo so – dice Sayed – quando andrà a scuola per
lui potrebbe essere dura, magari lo picchieranno, ma un nome è un
nome, non ci penso neanche a cambiarlo, al diavolo gli altri, casomai
quando sarà adulto lo cambierà lui, se lo desidera”.
O
magari se lo terrà e, se sopravvive, sarà ricchissimo, vincerà le
elezioni, governerà, e farà amicizia con Silvio Berlusconi Boahene;
sì, il figlio di quell'operaio immigrato dal Ghana che lavora in una
fabbrica di Modena. Oggi dovrebbe avere 15 anni, e anche per lui il
padre, affascinato dal Cavaliere, aveva pronosticato un futuro
luminoso in politica: «Studierà, si preparerà, e diventerà il
numero uno: del Ghana o dell'Italia, non importa, ma sarà
presidente”.
https://www.newindianexpress.com/galleries/world/2018/mar/17/in-photos--afghan-toddler-named-after-donald-trump-faces-ire-from-locals-101340--4.html
https://www.aljazeera.com/news/2018/03/afghan-baby-named-infidel-donald-trump-180317152615577.html
https://www.newindianexpress.com/galleries/world/2018/mar/17/in-photos--afghan-toddler-named-after-donald-trump-faces-ire-from-locals-101340--4.html
https://www.aljazeera.com/news/2018/03/afghan-baby-named-infidel-donald-trump-180317152615577.html

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