sabato 2 novembre 2019

104 - LE MASCHERE DELLA SPERANZA




Sembra impossibile ma...
Una scultrice americana sacrificò il successo artistico per mettere il suo talento al servizio di persone che soffrivano, e realizzò sui volti deturpati dei soldati le sue opere più belle. Ringrazio l'amico Fabio Bellini per la segnalazione, e vi racconto la storia di Anna Coleman.

Anna nasce a Filadelfia nel 1878, innamorata dell'Europa studia arte a Parigi e a Roma; nel 1905 si sposa col medico Maunard Ladd e rientra a Boston dove prosegue gi studi e si segnala fra le protagoniste dell'ambiente artistico americano; il suo nome compare fra i fondatori nel 1914 di The Guild of Boston Artists e nei cartelloni delle più importanti esposizioni in tutti gli States. Le sue opere sono contese da committenti privati e pubblici (i suoi Triton Babies sono ancora sulla fontana del più importante parco di Boston), scrive anche due romanzi di successo e due opere teatrali. Si specializza in ritratti: Bette Davis ed Eleonora Duse se ne fanno fare uno (fra gli unici tre mai accettati dall'attrice). Scoppia la guerra e a fine 1917 segue il marito medico della Croce Rossa a Toul, in Francia. Qui scopre su una rivista il lavoro di Francis Derwent Wood, che al London General Hospital ha aperto il Dipartimento maschere per visi sfigurati. E la sua vita cambia per sempre.

La guerra di trincea rimanda a casa ragazzi devastati dalle bombe e dai gas, spesso con il volto orribilmente deturpato; la chirurgia plastica non esiste, e i reduci appaiono come veri mostri, oggetto nella migliore delle ipotesi di commiserazione. Così la Coleman si inventa le maschere-ritratto, e apre il suo studio con 4 assistenti a Parigi, nel Quartiere latino. Lo realizza luminoso e accogliente, pieno di fiori e sculture, un’oasi di tranquillità per i soldati, accolti e seguiti con amore, delicatezza e allegria. Anna studia il volto sfigurato, lo confronta con fotografie di prima della guerra: l'obiettivo è ricreare una fisionomia più possibile simile a come era in precedenza; così fa un calco di plastilina e da questo ricava una maschera in rame zincato, sottilissima ma resistente. Poi la colora con la tonalità che più si avvicina alla pelle del paziente, aggiunge dettagli come baffi e sopracciglia e i sottilissimi lacci per tenerla su; ogni pezzo richiede un mese di lavorazione. Alla fine i soldati si guardano allo specchio, e piangono: ora possono tornare a vivere. Nel 1936 la Coleman torna a Boston col marito, la sua missione è compiuta. Riceverà la Legion d'Onore dallo Stato francese prima di morire nel 1939. In tutto ha realizzato 185 protesi. Nessuna ci è pervenuta: tutti i suoi assistiti si sono fatti seppellire con la maschera.

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