Sembra
impossibile ma...
Una
scultrice americana sacrificò il successo artistico per mettere il
suo talento al servizio di persone che soffrivano, e realizzò sui
volti deturpati dei soldati le sue opere più belle. Ringrazio
l'amico Fabio Bellini per la segnalazione, e vi racconto la storia di
Anna Coleman.
Anna
nasce a Filadelfia nel 1878, innamorata dell'Europa studia arte a
Parigi e a Roma; nel 1905 si sposa col medico Maunard Ladd e rientra
a Boston dove prosegue gi studi e si segnala fra le protagoniste
dell'ambiente artistico americano; il suo nome compare fra i
fondatori nel 1914 di The Guild of Boston Artists e nei cartelloni
delle più importanti esposizioni in tutti gli States. Le sue opere
sono contese da committenti privati e pubblici (i suoi Triton Babies
sono ancora sulla fontana del più importante parco di Boston),
scrive anche due romanzi di successo e due opere teatrali. Si
specializza in ritratti: Bette Davis ed Eleonora Duse se ne fanno
fare uno (fra gli unici tre mai accettati dall'attrice). Scoppia la
guerra e a fine 1917 segue il marito medico della Croce Rossa a Toul,
in Francia. Qui scopre su una rivista il lavoro di Francis Derwent
Wood, che al London General Hospital ha aperto il Dipartimento
maschere per visi sfigurati. E la sua vita cambia per sempre.
La
guerra di trincea rimanda a casa ragazzi devastati dalle bombe e dai
gas, spesso con il volto orribilmente deturpato; la chirurgia
plastica non esiste, e i reduci appaiono come veri mostri, oggetto
nella migliore delle ipotesi di commiserazione. Così la Coleman si
inventa le maschere-ritratto, e apre il suo studio con 4 assistenti a
Parigi, nel Quartiere latino. Lo realizza luminoso e accogliente,
pieno di fiori e sculture, un’oasi di tranquillità per i soldati,
accolti e seguiti con amore, delicatezza e allegria. Anna studia il
volto sfigurato, lo confronta con fotografie di prima della guerra:
l'obiettivo è ricreare una fisionomia più possibile simile a come
era in precedenza; così fa un calco di plastilina e da questo ricava
una maschera in rame zincato, sottilissima ma resistente. Poi la
colora con la tonalità che più si avvicina alla pelle del paziente,
aggiunge dettagli come baffi e sopracciglia e i sottilissimi lacci
per tenerla su; ogni pezzo richiede un mese di lavorazione. Alla fine
i soldati si guardano allo specchio, e piangono: ora possono tornare
a vivere. Nel 1936 la Coleman torna a Boston col marito, la sua
missione è compiuta. Riceverà la Legion d'Onore dallo Stato
francese prima di morire nel 1939. In tutto ha realizzato 185
protesi. Nessuna ci è pervenuta: tutti i suoi assistiti si sono
fatti seppellire con la maschera.
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