venerdì 31 gennaio 2020

295 - L'ISOLA DI IERI E L'ISOLA DI DOMANI




Sembra impossibile ma...
Le due isole Diomede, nello stretto di Bering, sono separate da un braccio di mare di 3 chilometri al centro del quale passano la linea di confine fra Stati Uniti e Russia e la linea del cambiamento di data. Questo fa si che gli abitanti vivano in due giorni diversi.

Le chiamano anche "Isola di Domani" e "Isola di Ieri": rispetto all'UTC (fuso orario di Greenwich) Grande Diomede, la russa, è +12, Piccola Diomede, l'americana è -9 . Per effetto di ciò, nonostante la vicinanza, una è 21 ore avanti rispetto all'altra. Questo si traduce in un'apparente differenza di sole 3 ore, ma per 21 ore al giorno le due isole si trovano in 2 giorni diversi. Ad esempio alle 17,30 di sabato sulla Piccola Diomede corrispondono le 14,30 di domenica sulla Grande Diomede: la prima sembrerebbe essere 3 ore avanti rispetto alla seconda, invece è 21 ore indietro.

Segnalate dall'esploratore Semën Dežnëv nel 1648, e intitolate a San Diomede nel 1728 da Vitus Bering, nel 1867 furono separate: la più occidentale restò alla Russia, la più orientale fu venduta agli Stati Uniti insieme all'Alaska. Durante la guerra fredda le due isole furono il punto più vicino tra le due superpotenze. Nel 1958 un ingegnere americano, T.Y. Lin, progettò un ponte per collegare Asia e America attraversando lo stretto di Bering; lungo 100 chilometri e suddiviso in tre sezioni, avrebbe dovuto poggiare i piloni sulle due isole; se venisse realizzato stabilirebbe diversi primati: sarebbe il ponte più lungo del mondo e permetterebbe il collegamento ininterrotto via terra fra America, Asia, Europa e Africa. E, il terzo è il più curioso, consentirebbe partendo dalla costa siberiana alla sera di arrivare in Alaska la stessa mattina del giorno di partenza.

Le Diomede sono appena al di sotto del Circolo Polare Artico, e la vita non deve essere facile per i circa 150 abitanti di ogni isola. Ma pensa ai vantaggi: puoi vivere 2 volte i giorni che ami di più, tipo il compleanno o la domenica, e cancellare giorni neri come il venerdì 17 o tutti i lunedì. Pensaci un attimo, la domenica poco prima di mezzanotte sei sulla Grande Diomede, attraversi i 3 chilometri dello stretto e arrivi sulla Piccola Diomede che è passata da poco la mezzanotte di sabato. Vai a ballare (si fa per dire), dormi, ti godi una domenica bis, poi a mezzanotte ti rifai i 3 chilometri e arrivi sulla Grande Diomede che è già martedì.
Guarda i video, visita lo stretto di Bering e le isole Diomede e scopri cosa significa vivere a cavallo della linea del cambiamento di data.
 
 

 

 

giovedì 30 gennaio 2020

294 - L'ADAGIO DEI MISTERI




Sembra impossibile ma...
L'Adagio in sol minore di Tomaso Albinoni, una delle composizioni classiche più famose del diciottesimo secolo, non è stato composto nel 1708 dal celebre musicista veneziano, ma nel 1958 dal musicologo Remo Giazotto.

L'ultima parola sulla vicenda, per molti versi misteriosa, non è stata ancora detta, ma la critica è ormai concorde sul fatto che l'Adagio sia in larghissima parte se non del tutto una creazione di Giazotto, che invece aveva fatto credere di averlo ricostruito in base ad alcuni frammenti di Albinoni da lui ritrovati. Le cose sono andate così.

Albinoni, nato a Venezia nel 1671, è una figura atipica fra i musicisti della sua epoca e non solo: ricco di famiglia, suona per passione e divertimento, e non essendo iscritto alla Corporazione dei Musicisti non può tenere esibizioni pubbliche. Compositore molto apprezzato anche all'estero, ama riamato la città di Dresda: lascerà in eredità agli archivi della Biblioteca Nazionale Sassone della città tedesca le partiture di diverse opere inedite. Facciamo un salto di quasi tre secoli: anno 1945, gli anglo-americani bombardano a tappeto Dresda. In tre giorni muoiono decine di migliaia di persone e della città non rimane pietra su pietra. La biblioteca è rasa al suolo, e le partiture delle opere di Albinoni finiscono in cenere come 200.000 altri capolavori del passato. 

A fine 1945 arriva a Dresda Remo Giazotto. Nato a Roma nel 1910, è fra i maggiori esperti di Albinoni, e sta cercando di ricostruire il catalogo delle sue opere. Ha rintracciato da poco le partiture della biblioteca tedesca, ma arriva in ritardo di pochi mesi. Al ritorno in Italia, sostiene di aver però ritrovato e copiato 6 frammenti di melodia di Albinoni accompagnati da un “basso numerato” nella tonalità di Sol minore. Dopo anni di lavoro, conclude che fossero parte dell' Opera 4 del Maestro veneziano, e nel 1958 pubblica per la Ricordi il frutto della sua minuziosa ricostruzione: l’Adagio in Sol minore per archi e organo. Che ha un successo universale.

Giazotto muore nel 1998, e lo stesso anno un gruppo di ricercatori va a Dresda in cerca dei frammenti originali della melodia. Ma non trova niente: semplicemente non esistono, c'è solo la partitura del basso di accompagnamento. Si inizia ad indagare e si accerta che al tempo di Albinoni nessuno conosceva l'Adagio, e anche in seguito non ne esiste alcuna citazione, né sembra sia stato mai eseguito. Insomma, l'Adagio di Albinoni l'ha scritto Giazotto. 

Perché? Le opinioni si dividono: secondo alcuni lo studioso avrebbe "completato" la partitura del musicista settecentesco, prassi tutt'altro che insolita in caso di ritrovamento di testi incompleti; per altri avrebbe scritto ex novo l'intera partitura partendo (forse) da un frammento di poche note (le quattro battute di basso discendente che aprono il pezzo) peraltro assai comuni nella musica barocca, realizzando "una bella composizione in stile tardoromantico-novecentesco, molto morriconiana e in stile da colonna sonora di film, che nulla ha a vedere col povero Albinoni" (F.M. Sardelli). Ma qual era lo scopo finale di questa complessa operazione, peraltro perfettamente riuscita? Più che per denaro o per fama la maggioranza degli addetti ai lavori pensa a una magnifica beffa al mondo accademico.

mercoledì 29 gennaio 2020

293 - I GUERRIERI DELL'AMORE




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera. In India l’88% dei matrimoni sono combinati, decisi dai genitori, e le relazioni fra appartenenti a caste o religioni diverse sono considerate inaccettabili. E' così da secoli, ma i giovani oggi ispirati dai social e dai film di Bollywood, cercano di vivere liberamente le loro storie romantiche e non accettano più le vecchie regole; le conseguenze di queste ribellioni spesso sono terribili, i genitori non si limitano a cacciare i figli di casa, ma per salvare faccia e status sociale combattono i matrimoni d'amore con ogni mezzo, fino all'omicidio d'onore: sì, arrivano ad uccidere la propria figlia o il suo fidanzato. Non c'è un dato ufficiale, ma si stima che almeno mille persone vengano ammazzate dalle loro famiglie ogni anno per aver avviato relazioni “proibite”. La polizia rifiuta la protezione delle coppie ribelli, si schiera coi genitori e spesso arresta i giovani maschi con false accuse di stupro.

Love Commandos è un'organizzazione no-profit che aiuta le coppie innamorate e le protegge dalle violenze e dai delitti d'onore. Da 10 anni offre alloggio e assistenza legale ai fidanzati perseguitati dalla famiglia e dalla società. L'associazione, composta da uomini d'affari, giornalisti, avvocati e attivisti per i diritti umani ha più di 20.000 membri volontari, riceve una media di 300 chiamate ogni giorno sulla sua linea di assistenza 24 ore su 24 e gestisce oltre 450 rifugi segreti in tutta l'India, nei quali in questi 10 anni sono state ospitate cinquantamila coppie di ventenni in fuga dai parenti.

L'associazione con la sua battaglia si è fatta molti nemici potenti. Nel gennaio del 2019 la polizia ha fatto irruzione nella sede di Dehli e ha arrestato il presidente è cofondatore di Love Commandos, Sanjoy Sachdev, giornalista di 58 anni. L'accusa è estorsione e sequestro di persona ad una giovane coppia di cui si occupava. Avrebbe preteso 40.000 rupie (500 euro) per coprire le spese del matrimonio e l'alloggio, e li avrebbe rinchiusi in casa. Dal giorno dell'arresto, altre 6 coppie hanno presentato denunce analoghe. Sachdev nega tutte le accuse. Centinaia di coppie sono con lui e si sono fatte sentire: "Nessuno ci ha mai chiesto soldi, se abbiamo pagato per coprire le spese del matrimonio è stato volontariamente". La vicenda giudiziaria è in corso, intanto chi telefona alla hotline di Love Commandos riceve risposta da una voce registrata: numero spento o non disponibile. Seguite il link e date un'occhiata agli appelli che continuano ad arrivare per e-mail.

https://www.lovecommandos.org/ 








292 - APPUNTAMENTO CON L'ORO




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera. La Bank of England dal 1734 ha sede a Londra in Threadneedle Street. A suo tempo fu realizzata con criteri di sicurezza avveniristici: pareti spesse due metri e mezzo, chiavi per i caveau appositamente progettate lunghe 40 centimetri, porte blindate di massima sicurezza. Dispositivi ancora in uso, affiancati oggi dalle ultime tecnologie e da altri fantascientifici sistemi di protezione. Perché al suo interno, in 8 sorvegliatissime camere sotterranee, sono stivati 400.000 lingotti di 12 chili ciascuno, in tutto 5.134 tonnellate d'oro (secondo deposito al mondo dopo la Federal Reserve americana), per un valore di 100 miliardi di sterline. “Orgogliosi di non esser mai stati derubati nei tre secoli della nostra storia” è il motto della banca. Ma non dice tutta la verità.

Anno 1836, i vertici della Bank of England ricevono una lettera anonima; l'autore afferma di poter entrare e uscire quando vuole dal caveau della banca. Uno scherzo, pensano, o la battuta di un mitomane; e ignorano l'avviso. Pochi giorni dopo ecco una seconda missiva: l'autore si offre di incontrare il direttore a qualunque ora del giorno e della notte, a discrezione della banca, all'interno di una delle camere blindate sotterranee che contengono l'oro. La cosa è ritenuta da tutti impossibile, ma l'invito incuriosisce i direttori, che accettano l'incontro e fissano l'appuntamento all'interno del caveau. La sera stabilita sono tutti lì, in pompa magna, con un sorriso scettico sul volto quando, all'orario fissato, ecco un rumore sotto le assi del pavimento. Tempo pochi minuti, e un uomo spunta dal basso, aprendo una specie di botola invisibile sotto i loro piedi.

La sorpresa è già tanta, ma diventa meraviglia quando l'uomo si presenta: è un addetto alle fogne che ha lavorato alle riparazioni lungo Threadneedle Street. Durante una ricognizione ha scoperto un vecchio scarico che conduce sotto la camera dell'oro, e da lì è stato facile violare ogni difesa della banca. Un rapido inventario conferma che l'addetto non ha prelevato un penny dal deposito, nonostante abbia avuto l'opportunità di ripulirlo impunemente. 
 
Come ricompensa per la sua onestà gli donano 800 sterline, pari a 100.000 euro odierni. Diverse verifiche confermano l'autenticità della storia, ma il nome dell'onesto lavoratore non è stato tramandato: se non figura nei registri ufficiali della banca, è perché i dirigenti imbarazzati hanno preferito stendere un velo pietoso.

lunedì 27 gennaio 2020

291 - DI CHE SONNO SEI?




Sembra impossibile ma...
Fino a tre secoli fa i nostri antenati non dormivano come noi oggi le classiche 8-9 ore consecutive, ma suddividevano il riposo notturno in 2 fasi: si svegliavano nel cuore della notte, svolgevano per 2-3 ore varie attività, poi tornavano a letto fino al sorgere del sole.

La necessità di dormire 8 ore di fila per notte è recente nella storia dell'uomo; lo dice uno studio del prof Roger Ekirch della Virginia Tech University basato su centinaia di riscontri storici e prove scientifiche, pubblicato dopo 15 anni di ricerca. Secondo Ekirch fino al diciottesimo secolo i nostri avi praticavano il sonno bifasico. Seguendo i ritmi della natura, la loro giornata si concludeva poco dopo il tramonto; il riposo, diviso in due fasi di 4 o 5 ore ciascuna (primo sonno e secondo sonno) era inframezzato da un paio d'ore di veglia. Questo schema sarebbe scomparso con la rivoluzione industriale e l'arrivo dell'illuminazione artificiale, e già nel 1920 l’idea del sonno bifasico era sparita dalla nostra coscienza sociale.

Cosa si faceva durante le ore di veglia notturna? Certamente utile e strategica per attività come mantenere il fuoco acceso o stare di vedetta, la pausa fra i due sonni, in ambienti domestici silenziosi, tranquilli e privi di distrazioni, era utilizzata per rilassarsi, riflettere sulla giornata appena trascorsa, pregare, meditare, sbrigare piccole faccende, chiacchierare col compagno di letto. E anche, come riportato di frequente, per fare sesso prima di riaddormentarsi.

Oggi il ciclo monofasico basato sulle 8 ore di sonno è un dogma ma non è detto che sia il modo più naturale di dormire, visto che cambia anche durante la vita di un essere umano: dal sonno polifasico del neonato, a quello bifasico del bambino (che dorme a lungo nel pomeriggio) al monofasico tarato sul ciclo giorno-notte dell'adulto, di nuovo al polifasico della terza età con frequenti sonnellini diurni. C'è chi fa notare che la fase REM, l'unica in in cui si sogna e ci si riposa davvero, non dura più di due ore per notte. E non è un caso che il sonno polifasico, comune fra l'altro a diversi animali, attragga oggi personaggi (come Donald Trump o Madonna) che tentano di asservirlo alle loro esigenze professionali. Forse perché pare fosse pratica comune a diversi geni, da Edison a Tesla da Napoleone a Franklin, fino a Leonardo da Vinci che sembra dormisse 20 minuti ogni 4 ore, per un totale di due ore ogni 24.
 
 
 
 
 

 

 
 
 

 

290 - IL PEGGIOR CENTRAVANTI DEL MONDO




Sembra impossibile ma…
Questa è una storia vera. Il sogno di tutti i ragazzini è diventare un grande calciatore. Ma serve talento, grinta, fortuna, perseveranza: pochissimi ce la fanno. C’è un ragazzo brasiliano che non aveva nessuna di queste doti: era una schiappa. E ha giocato per 20 anni nei più grandi club professionistici sudamericani e non solo.

Carlos Henrique Raposo detto Kaiser nasce a Rio Pardo in Brasile nel 1963. Fin da bambino in campo è sempre il peggiore. Ma ha un dono: rimane simpatico a tutti, è un pierre nato. Fra i suoi amici, calciatori celebri come Bebeto e Edmundo. Uno di questi, Mauricio, lo presenta ai dirigenti del Botafogo. Ha 20 anni, è il primo ingaggio. Segue una carriera ventennale: i più famosi club brasiliani, poi Messico e Francia. Senza mai giocare. Qual è il suo segreto?
 
Carlos è un punto di riferimento delle notti di Rio, quando servono belle ragazze, basta chiedere a lui. Così si fa tanti amici importanti, nel mondo del calcio e non solo. Quando un amico calciatore viene ingaggiato da un nuovo club, lo propone come un attaccante poco noto ma forte. Segue un contratto di prova, da tre a sei mesi, comunque molto ben pagato. Il primo mese è facile: “Sono fuori forma”. Corse intorno al campo e palestra. Poi ci pensa qualche compagno di squadra complice: al primo allenamento vero una bella botta, e si torna in infermeria. Prolungare le prognosi sarà compito di amici medici. Sei mesi, e si cambia team, sempre segnalato da ex compagni di squadra.

Così si crea un passato da calciatore. Ad abbellirlo ci pensa l’amico giornalista di turno che ne tesse le lodi. La merce di scambio è sempre la stessa: notti folli a tempo di samba e belle ragazze. Le poche volte che scende in campo, se la palla va a destra lui va a sinistra. In Francia ad Ajaccio alla presentazione lo stadio è pieno per il nuovo brasiliano; lui lancia tutti i palloni ai tifosi, saluta, manda baci. La folla impazzisce. Al Bangu per non giocare scatena una rissa al primo minuto. E via così. Chiuderà a 40 anni con un bel conto in banca. Il suo score? 34 presenze totali in 20 anni (mai per più di 15 minuti) e 0 gol.


289 - LA STOCCATA DI ROSTAND




Sembra impossibile ma...
Alla vigilia della prima del “Cyrano De Bergerac” l'autore Edmond Rostand era certo che sarebbe stato un fiasco, tanto da pensare di annullare la rappresentazione. Ma il marsigliere Rostand, che all'epoca aveva 29 anni, sapeva che “È di notte che è bello credere nella luce.” E sapeva che i suoi scritti potevano accenderla. Anche se, come tutte le persone che uniscono intelligenza e sensibilità, aveva grandi paure. “Io parto per strappare una stella al cielo e poi, per paura del ridicolo, mi chino a raccogliere un fiore” è una delle sue frasi più famose fra quelle passate alla storia.

Nel 1897 Rostand è già un drammaturgo di successo, una delle sue piéces è stata portata in scena dalla grande Sarah Bernhardt, una specie di sigillo di garanzia per i lavori teatrali dell’epoca. Ma con il Cyrano de Bergèrac sa di giocarsi molto del suo futuro. Era stato un altro grande attore, Coquelin Aîné, a chiedergli un testo adatto alle sue corde.

La sera della prima, il 28 dicembre al Théâtre de la Porte Saint Martin, Rostand è terrorizzato dalla paura di un fiasco. Qualche minuto prima dell’inizio convoca l’intera compagnia. Si scusa per averla trascinata in "questa avventura spaventosa". Poi come in un sogno sente solo il sipario che si apre, il brusio del pubblico, la scena che si illumina. Lo spettacolo inizia. “E giunto al fin della licenza, io tocco”.

La stoccata va a segno. Quello che accadde dopo, è storia del teatro. Già all'intervallo, il pubblico è tutto in piedi ad applaudire. Al termine gli applausi vanno avanti per 20 minuti. Nei camerini lo va a trovare un ministro, si stacca dal petto la medaglia della Legion d'Onore e gliela appunta dicendo “Permettetemi di anticipare un po’ i tempi”. E’ nato il Cyrano, un monumento del teatro mondiale.

288 - LA SEXISCULTURA NON SI ADDICE AL LOUVRE




Sembra impossibile ma…
Il Louvre di Parigi ha bocciato una installazione che doveva essere esposta nel Tuileries Gardens. Motivo: E’ “sessualmente troppo esplicita”.

La maxiscultura è alta 13 metri e pesa 30 tonnellate, si chiama Domestikator ed è stata realizzata dal collettivo artistico olandese Atelier Van Lieshout. Doveva essere una delle opere di punta di “Hors les murs” alla Fiera d'arte contemporanea Fiac in corso in questi giorni nell’open space del museo parigino.

Ma Jean Luc Martinez, direttore del Louvre, ha detto no: “Rischia di essere frainteso dai visitatori – ha spiegato – e poi doveva andare in uno spazio visibile da un vicino parco frequentato da bambini”.

Ovviamente Joep Van Lieshout, fondatore del collettivo che ha realizzato l’opera, non è d’accordo, e rilancia l’antica polemica sulla libertà di espressione dell’artista: “Macché esplicita – aggiunge - la scultura è astratta, non mostra genitali. Insomma, è abbastanza innocente".

Ma “abbastanza” non basta per il Louvre. Niente Parigi dunque. Così, se non resistete alla voglia di vederla dal vivo, vi toccherà andare a Bochum, in Germania, dove "Domestikator" è esposta da tempo alla Ruhrtriennale.

287 - STONEHENGE ALL'AMERICANA




Sembra impossibile ma…
Se vi sperdete “on the road” dalla parti di Alliance, un paesino di 8000 anime più o meno al centro delle sterminate praterie del midwest, vi capiterà di riconoscere in lontananza una struttura familiare. Sì, non vi sbagliate, e non siete ubriachi: è Stonehenge. Ma non fermatevi qui, avvicinatevi, guardate meglio. Quelli che vedete non sono megaliti, ma carcasse d’auto ben piantate in terra.

Si chiama Carhenge, e riproduce fedelmente le linee del celebre e misterioso monumento inglese. E’ il 1987 quando Jim Reinders, artista americano appena rientrato da una lunga permanenza nel Regno Unito, decide di costruire qui, nel bel mezzo del Nebraska, un’installazione che riproduca fedelmente sia nelle forme che nelle dimensioni (33 metri di diametro) la gigantesca costruzione preistorica.

Al posto dei blocchi di pietra utilizza però 38 carcasse di Cadillac del 1962, e le dipinge in grigio, come i megaliti. L’iniziativa riscuote un certo successo, e oggi 80.000 turisti l’anno prevedono una deviazione di un centinaio di miglia da località turistiche come la Black Hills Forest o di 400 dal parco di Yellowstone (che da quelle parti sono noccioline) per raggiungere la sperduta Alliance, dove nel frattempo sono sorte altre strutture “artistiche” realizzate con rottami d’auto.


286 - QUEL CARCERE E' UN GRAND HOTEL




Sembra impossibile ma…
In Olanda le carceri diventano alberghi di lusso. Del miracolo di un Paese che per certi versi è “un po’ più avanti” abbiamo già parlato.
Vale la pena riprendere una delle notizie. Le carceri nei Paesi Bassi chiudono i battenti. Motivo: scarseggiano i “clienti”. Il numero dei detenuti negli ultimi 10 anni è calato del 43%. Il che ha portato negli ultimi 8 anni alla chiusura di 19 prigioni.

Cosa è successo? Sono diventati tutti più buoni? No, il new deal del sistema carcerario olandese è frutto di scelte precise: pene alternative per i reati minori (lavori socialmente utili, tracciamento elettronico per i detenuti in semilibertà) e normative severe con certezza della pena. Il tutto però all’ombra di una cultura della riabilitazione dove il detenuto non è un “cattivo da punire” ma un “paziente da curare”. Dettagli, insomma.

Le 19 strutture liberate hanno trovato nuove destinazioni. Alcune di queste sono diventate hotel di lusso. Date un’occhiata all’Hotel Het Arresthuis, nei dintorni di Amsterdam. Le celle sono diventate stanze con ogni comodità, le suites hanno nomi come Giudice, Avvocato, Secondino. C’è la Spa con saune e idromassaggi e un ristorante da gourmet. Vien voglia di farci un salto, nell’attesa di vedere su Trivago il Grand Hotel Regina Coeli…

domenica 26 gennaio 2020

285 - LA SPIAGGIA DI FUOCO




Sembra impossibile ma...
Il delta del fiume Liao in Cina offre una delle meraviglie naturali più belle al mondo: la Spiaggia rossa di Panjin.

Siamo a 600 chilometri a est di Pechino, a 30 dalla città di Panjin, nella più grande area umida del pianeta. Qui un immenso tappeto di alghe ricopre i 600.000 ettari di una riserva naturale protetta che conserva l'ecosistema palustre più completo al mondo. Ma se questo già vale il prezzo del biglietto tutto l'anno, è fra settembre e ottobre che la natura dà spettacolo. L'alga che caratterizza l'ambiente è infatti la Suaeda Salsa, una delle poche specie di piante che si adatta alla vita su terreni altamente alcalini, dove si hanno accumuli di sali. Il colore del tappeto di alghe varia in base alla stagione: ad aprile è rosso chiaro, ma in autunno diventa un incredibile rosso rubino molto intenso, che i raggi del sole all'alba e al tramonto accendono creando un paesaggio da sogno.

In questo straordinario ambiente composto da acque poco profonde, terre di marea e immense paludi di canne vivono oltre 260 specie di uccelli. Fra queste la gru cenerina della Manciuria, vista in mille stampe cinesi, (in via di estinzione, ne esistono meno di 3000 esemplari), alta 120 cm con una particolare macchia rossa sulla testa, il rarissimo gabbiano di Saunders, il cigno. E 399 tipi di animali selvatici come granchi e tartarughe, specie rare e protette che i visitatori possono osservare a breve distanza.

L’afflusso dei turisti è regolamentato per preservare l'ecosistema e tutelare piante e animali; è possibile visitare solo una piccola parte della riserva, seguendo un percorso dedicato che utilizza passerelle di legno sopraelevate, senza arrecare danni all’ambiente. Un tracciato costruito in stile antico detto “ponte delle nove curve”, appoggiato su pilastri che si ergono sulle acque, conduce nel cuore della “spiaggia” coperta dalle alghe rosse, fino al Jieguanting, un edificio in legno che fa anche da Visitor center.

venerdì 24 gennaio 2020

284 - LA GIOVANE IGNORANTE




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera, segnalatami da Antonella Freschi che ringrazio. Mary Anning nasce a Lyme Regis, nel Dorset, nel 1799. Il padre Richard è un falegname, ma per arrotondare raccoglie fossili sulla costa e li vende a scienziati e turisti. Quando ha 15 mesi Mary è colpita da un fulmine insieme a tre donne; sopravvive solo lei. Alle elementari fa in tempo a imparare a leggere e a scrivere o poco più, poi il padre muore di tisi e la lascia in mezzo ai debiti. Per fortuna le ha insegnato a riconoscere ed estrarre i reperti. Non è facile però andare a caccia di fossili: si può fare solo in inverno quando piogge e maree rendono il terreno friabile e causano smottamenti e frane.

Nel 1811 suo fratello Joseph trova il teschio lungo più di un metro di un ittiosauro, mai visto prima; poco dopo Mary individua il resto dello scheletro del rettile marino. Nel 1820 la ragazza trova il primo scheletro incompleto di plesiosauro, e due anni dopo uno completo. Un ritrovamento che suscita scalpore nella comunità scientifica, ma non convince il grande naturalista Georges Cuvier che la accusa di essere una mistificatrice. Solo in seguito si dovrà ricredere. Di lì in poi per Mary è un susseguirsi di scoperte: nel 1828 uno pterosauro, l'anno dopo la prima Squaloraja; e ad ogni ritrovamento segue un rigoroso studio individuale, che la porta a costruirsi una profonda cultura da autodidatta. A 27 anni, con i suoi risparmi, acquista una piccola casa che diventa il suo laboratorio, frequentato dai luminari di tutto il mondo e sede di straordinarie scoperte. Dal mondo accademico però non riceve alcun riconoscimento ufficiale: le sue scoperte vengono invariabilmente attribuite ad altri, perché Mary Anning non solo è donna, ma anche di umili origini. La Geological Society la ignora, ma pubblica decine di suoi studi omettendo di citarla come autrice. “Meraviglioso esempio del favore divino, quella povera ragazza ignorante, grazie alle sue letture e alla sua diligenza, è arrivata a un grado di conoscenza tale da potersi intrattenere con professori ed altre persone competenti, e tutti riconoscono che ne capisce più di scienza di chiunque altro nel regno” scrive Lady Harriett Silvester già nel 1824.

Solo dopo la sua morte, avvenuta a 48 anni per un tumore al seno, il mondo della scienza si ricorderà di lei: la Geological Society le dedica, prima donna nella sua storia, un elogio funebre, e Charles Dickens scrive: "La figlia del carpentiere si è conquistata un proprio nome, e lo ha meritato". Nel 2010 la Royal Society inserisce Mary Anning fra le 10 donne inglesi che più hanno contribuito alla storia della scienza.
 
 

 


 

 


 

 


 

giovedì 23 gennaio 2020

283 - L'ALBERO DEL TENERE'




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera, anche se pare una barzelletta. L'Albero del Ténéré è un’acacia tortilis sopravvissuta per molti decenni (forse oltre 300 anni), nel bel mezzo del deserto del Ténéré, nel Niger nordoccidentale. Unico albero in un raggio di 400 chilometri, considerato a lungo il più isolato al mondo, punto di riferimento per le carovane di cammelli che attraversavano il deserto, visibile da grandi distanze anche se alto poco più di tre metri. Un faro vivente, un albero tanto essenziale per orientarsi da apparire sulle mappe.

Quest'area non è sempre stata desertica: numerosi graffiti rupestri ritrovati testimoniano che sia nel paleolitico che nel neolitico, quindi fino a 10.000 anni fa, gli antichi abitanti cacciavano animali in mezzo a una vegetazione rigogliosa. L'avanzata del deserto e la riduzione delle falde acquifere sotterranee hanno cancellato poi gran parte della vita vegetale. Alla fine dell'ottocento sopravviveva solo un gruppetto di acacie rinsecchite; anche queste morirono. Tutte meno una, l'Albero del Ténéré. Il mistero della miracolosa sopravvivenza fu risolto nel 1938 quando fu scavato un pozzo lì vicino e si scoprì che le radici dell’acacia arrivavano a 35 metri di profondità, dove c’è una sorgente. Nel 1939 Michel Lesourd del Service central des affaires Sahariennes scriveva: “Bisogna vedere l’albero per convincersi della sua esistenza. Qual è il suo segreto? Come può essere ancora vivo nonostante le moltitudini di cammelli che scalpitano intorno ad esso? Com’è che nel corso dell’azalai (riunione delle carovane di dromedari che due volte l’anno attraversano il deserto per trasportare il sale) non capita mai che un cammello ne mangi le foglie? Perché i Tuareg non tagliano i suoi rami per farne fuochi? La sola risposta possibile è che l’albero sia tabù e come tale venga considerato dai carovanieri”.

Novembre 1973, il silenzio dell'infinita distesa desertica è rotto dal rumore di un motore che avanza. Uno schianto improvviso, poi di nuovo il silenzio. Un camion di passaggio, guidato da un autista libico ubriaco ha centrato in pieno l'albero secolare; il tronco sradicato giace a terra. Sarà recuperato e portato a Niamey, nel Museo Nazionale del Niger, dove è visibile ancora oggi. Un nuovo punto di riferimento ha sostituito l'ultima acacia del Ténéré: una (brutta) installazione in ferro realizzata da un anonimo artista.
 

 

 

mercoledì 22 gennaio 2020

282 - IL CACCIATORE DI SOGNI




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera, che contiene un'altra storia, forse più conosciuta. Racconta l'incontro fra due uomini che hanno creduto fino in fondo ai loro sogni, belli, o brutti, o pazzi che fossero.

Norio Suzuki nasce a Ichiba in Giappone nel 1949; studia economia alla Hosei University, ma è un animo inquieto: da un giorno all'altro molla tutto e parte senza uno yen in tasca. In 4 anni attraversa 50 Paesi in autostop - Asia, Africa e Medio Oriente - dormendo sulle panchine o nelle stazioni. Nel 1972 torna a Tokyo, ma non è contento, dice che la sua vita non ha uno scopo. Due anni dopo i media parlano dell'uccisione di Kinshichi Kozuka, il penultimo di un plotone di irriducibili soldati giapponesi nascosti sull'isola di Lubang nelle Filippine; lui e il tenente Hiroo Onoda erano stati dichiarati morti dopo lunghe ricerche dal 1959. Dopo tutti quegli anni invece Onoda è ancora vivo nella giungla, ignaro che la guerra è finita. I governi giapponese, filippino e americano riprendono a cercarlo, inutilmente. E Suzuki capisce qual è la sua strada. Ad amici e parenti dice: “Parto. Vado a cercare tre cose: il tenente Onoda, un panda selvaggio e l'abominevole uomo delle nevi, in quest'ordine”.

Incredibile ma vero, in soli 4 giorni Suzuki trova Onoda. Il militare indossa ancora la divisa ormai a brandelli, e gli spara. Da 29 anni è lì, da 2 è rimasto solo. E spara a chiunque incontri. Per fortuna non lo colpisce. Suzuki sa tutto sul fuggitivo, e gli urla: "Onorevole Onoda, l'imperatore e il popolo giapponese sono preoccupati per te". Riesce così a stabilire un contatto. I due discutono, ma il tenente gli dice che si arrenderà solo se a ordinarglielo sarà il suo comandante. Onoda accetta di aspettare, Suzuki riparte per il Giappone e trova l'ex ufficiale, un vecchio libraio. Nell'ottobre del 1974 tornano insieme a Lubang, e il tenente depone le armi; graziato dal presidente filippino torna in patria, atteso come un eroe. Suzuki si defila: ha altre due missioni da compiere. In poche settimane trova il suo panda selvaggio. Poi – dice lui – avvista a distanza uno yeti nella catena del Dhaulagiri, ma non riesce a contattarlo. Nel 1976 torna a casa, si sposa, ma la sua ricerca va avanti. Norio Suzuki muore nel novembre 1986, travolto da una valanga sull'Himalaya mentre cerca lo yeti. La sua storia e quella di Onoda hanno in comune la stessa domanda che i due, diversissimi fra loro, si sono posti: per cosa sono disposto a vivere e a morire?
 
 

 
 

 
 

 

281 - IL NANO PIU' ALTO DEL MONDO




Sembra impossibile ma…
Questa è una storia vera. Anno 1899, Adam Rainer nasce a Graz, nell’Austria di Francesco Giuseppe. All’inizio è un bambino come tutti gli altri, con genitori e parenti di corporatura normale, ma col tempo appare evidente che la sua crescita è molto limitata. Nel 1917 viene richiamato alle armi. Siamo in tempo di guerra, e alla visita prendono un po’ tutti. Lui viene scartato. Motivo: troppo basso e debole per fare il soldato.

I documenti parlano chiaro: Adam è in ottima salute, ma la sua altezza è di un metro e 30 centimetri. L’anno dopo nuova visita: è cresciuto di 2 centimetri, pochi. Il fronte resta lontano. Con certezza si sa che il giorno del suo ventunesimo compleanno, nel 1920, l’altezza del ragazzo è rimasta più o meno la stessa, e che è molto gracile. Ma all’età in cui normalmente la crescita si ferma, accade qualcosa di impensabile.

Adam comincia a crescere come Alice dopo che ha mangiato il biscotto. Il che all’inizio non gli dispiace. Ma nel giro di pochi mesi si rende conto che la crescita non si ferma. I medici sono i primi ad essere stupiti. E in 10 anni il nano diventa un gigante: nel 1930 misura 2 metri e 16 centimetri. E continua a crescere.

Adam viene studiato dai più eminenti dottori, che alla fine concordano: l’incredibile sviluppo è causato da un tumore alla ghiandola pituitaria. Il successivo intervento conferma la diagnosi, ma non ferma il processo in corso. Né i vari problemi di salute che affliggeranno il nano-gigante fino alla morte. Che avviene quando Adam Rainer ha da poco compiuto i 51 anni. E misura due metri e 40 centimetri di altezza.

280 - UNA SALAMANDRA DA JURASSIC PARK




Sembra impossibile ma…
Dentro il fossile di una salamandra vissuta nell’eocene gli scienziati hanno trovato una straordinaria sorpresa: gli organi interni molli erano perfettamente conservati. L’involucro pietrificato del rettile conservava intatti muscoli, polmoni, midollo spinale, nervi, ghiandole e tratto digestivo. E all’interno dello stomaco c’era addirittura lo scheletro di una rana mangiata 35 milioni di anni fa.

La scoperta in stile Jurassic Park è stata fatta in Francia da un team di paleontologi francesi e svizzeri, e divulgata in uno studio pubblicato sulla rivista PeerJ. Un evento del genere è estremamente raro, perché nei fossili si conservano solo scheletri, gusci e parti dure. Per questo la possibilità di studiare l’anatomia di un animale estinto in tutti i suoi aspetti è il sogno di ogni paleontologo.

Ancora più rara è la conservazione e il ritrovamento delle ossa mummificate di una rana all'interno dello stomaco della salamandra. “Fra l’altro le salamandre – dice Michel Laurin del Museo di Storia Naturale di Parigi, autore dello studio - molto raramente mangiano rane, lo fanno in casi estremi. Questo pasto era un ultimo disperato tentativo di cibarsi, o una normale abitudine per questa specie? Probabilmente non lo sapremo mai”.

La salamandra fossile è l'unico esemplare noto di phosphotriton sigei; trovata nel 1870, era rimasta per 140 anni in una teca, e solo le nuove tecnologie hanno consentito la scoperta. Per analizzarla infatti è stata utilizzata la microtomografia a raggi X di sincrotrone dell’European Synchrotron Radiation Facility (Esrf) di Grenoble, un acceleratore di particelle ad anello con un diametro di 320 metri nel quale gli elettroni viaggiano ad alta velocità per produrre la radiazione elettromagnetica che permette di sondare la materia.

 
 

 




279 - IL MIRACOLO DEL GIARDINO IN BOTTIGLIA




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera. Una storia, quella di David Latimer ottantenne inglese di Cranleigh nel Surrey, facile facile da raccontare, ma non per questo meno bella. Il suo piccolo miracolo, un intero giardino cresciuto dentro una bottiglia sigillata, conferma che le cose complicate a volte possono essere semplici, quando si lascia che la natura faccia il suo corso.
Correva l’anno 1960 quando un giovane David mise del terriccio dentro una bottiglia, piantò qualche seme di tradescantia (una pianta sempreverde originaria del centramerica, detta anche erba miseria), bagnò con un bicchiere d’acqua e sigillò l’apertura. La bottiglia, in realtà una sorta di damigiana, 45 litri di capienza, mantenuta in un angolo soleggiato, si è poi rivelata un perfetto ecosistema chiuso. Un microcosmo dove la pianta ha avuto modo di svilupparsi e crescere senza bisogno di nient’altro che la fotosintesi clorofilliana, ovvero della luce.
Infatti dopo aver dimenticato la bottiglia per anni, David la riaprì solo nel 1972 e in quell’occasione la trovò in perfetta salute e la annaffiò. Dopodiché non l’ha più toccata fino a qualche settimana fa. Quando è tornato ad aprirla 44 anni dopo l’ultima volta. Ha tolto il tappo e si è trovato davanti a una tradescantia verdissima, rigogliosa e fiorita, in piena salute.
Insomma, sembrava Audrey II, la pianta carnivora della Piccola bottega degli orrori, ma per fortuna con abitudini alimentari assai diverse. Già, perché l’erba miseria di David per tener fede al suo nome era riuscita a vivere tutti quegli anni senza niente, neanche acqua e aria fresca. O meglio, l’acqua sufficiente era arrivata alla pianta grazie alla condensazione dell’umidità sulle pareti di vetro, e tanto è bastato insieme alla luce solare per innescare la fotosintesi.
Il giardino impossibile di David ha sollevato l’attenzione degli studiosi: non a caso i semplici ma raffinati processi che consentono alle piante di sopravvivere e autosostenersi in condizioni difficili, ma anche di ripulire l’ambiente dalle sostanze inquinanti, sono da tempo oggetto di attenzione da parte della Nasa, che intende ricreare nello spazio le condizioni di sopravvivenza delle piante e studiarne il comportamento.

278 - L'IRRIDUCIBILE BRONSON



Sembra impossibile ma…
Questa è una storia vera. Michael Gordon Peterson nasce a Luton in Inghilterra nel 1952 in una famiglia della media borghesia. Diserta la scuola, e a 13 anni è già noto alla polizia per reati minori. Fisico massiccio, in gioventù la sera fa il pugile “a nocche nude” per le strade del quartiere e di giorno cerca lavoro: ne trova molti, ma li perde tutti perché ogni volta picchia il titolare. Nel 1971 si sposa con Irene e subito dopo nasce un figlio. Nel 1974 entra in carcere: 7 anni per rapina a mano armata. E cambia ufficialmente nome: sarà Charles Bronson, il prigioniero più violento a memoria d’uomo.

Protagonista di continue e furiose risse con gli altri detenuti e con le guardie carcerarie, sarà trasferito da un carcere all’altro: ad oggi è stato spostato 120 volte. E con i continui aumenti di pena, i 7 anni diventano ergastolo. Ringrazio Simonluca Cavallini per la segnalazione e vi accompagno in una carrellata di malefatte: sono solo le più eclatanti, il 10% del totale. Allacciate le cinture.

La maggior parte del tempo lo passa in cella di isolamento, ma quando esce combatte una vera guerra personale. Attacca altri detenuti, spesso senza provocazione, e più volte è lui ad essere pestato selvaggiamente; distrugge un laboratorio dopo un alterco con un secondino; riduce in fin di vita un compagno di cella con una brocca di vetro, pugnala due guardie, avvelena il prigioniero nella cella accanto e finisce in una struttura psichiatrica; qui scava un tunnel per evadere ma un degente informa le guardie: lui lo scopre e lo massacra di botte. Relegato sull’isola di Wight procura gravissime lesioni a un prigioniero con un barattolo di marmellata, poi tenta il suicidio e attacca un secondino. Di nuovo in manicomio, strangola con una cravatta un assassino maniaco sessuale.

Nel 1982 inizia una lunga serie di proteste nelle carceri dove è detenuto. Sale sul tetto e strappa le tegole, oppure si barrica e devasta cucine e servizi; causa così danni per centinaia di migliaia di sterline. Per la terza volta in manicomio, pugnala con una bottiglia di salsa un paziente che gli aveva fatto avances sessuali. Negli anni riuscirà a mandare all’ospedale anche diversi direttori di carceri. Con uno di questi nel 2014 partecipa a una trasmissione tv: gli salta addosso in diretta e lo picchia a sangue. In più occasioni prende come ostaggi dipendenti civili, avvocati, medici e psicologi dettando folli condizioni per il rilascio. (una bambola gonfiabile, un elicottero e una tazza di tè…). Una volta minaccia di mangiarsi gli ostaggi, due dirottatori iracheni che non avevano risposto al suo saluto. Nel 1999, a Woodhill viene allestita per lui una speciale unità carceraria per ridurre i rischi per il personale e i detenuti.

Dopo aver divorziato, si risposa due volte con donne che lo vanno a trovare in carcere. In cella scrive diversi libri, fra i quali un bestseller sul fitness in spazi ristretti di cui è fanatico (fa 2.500 flessioni al giorno), e dipinge quadri coi quali vince numerosi premi. Di se stesso dice: "Sono un bravo ragazzo, ma a volte perdo la ragione e mi innervosisco; la rabbia però non mi rende cattivo, solo confuso".
 
 

 
 
 
 

 
 
 

 
 

277 - LA MAPPA DI BABELE




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera. Intorno alla fine degli anni sessanta non era difficile incontrare in giro per i paesi più sperduti, dal Tarvisio a Capo Passero, strani personaggi che, armati di magnetofono, avvicinavano braccianti e mondine, pastori e massaie per convincerli a parlare nel microfonino a gelato in dotazione, e spesso a cantare. Gli esiti non erano garantiti: c’era chi si metteva in posa pensando di andare in televisione, e chi imbracciato il forcone costringeva l’intervistatore a una poco dignitosa ritirata.

Erano gli albori dell’italica antropologia culturale, e gli eroici ricercatori incidevano le voci, i suoni, i modi di dire, le canzoni di un mondo che andava scomparendo. Chissà cosa è rimasto di tanto pionieristico lavoro, e chissà se quei nastri magnetici riversati poi in più resistenti supporti, sono riusciti a salvare gli echi di una civiltà, quella contadina, che mezzo secolo dopo non esiste più.

Le parole sono importanti” gridava alterato Nanni Moretti dopo aver schiaffeggiato la giornalista che aveva osato citare il “trend positivo”. E “le parole sono importanti” gridano oggi sul web quelli di Wikitongues. Che, come fecero in piccolo i ricercatori di 50 anni fa, sono impegnati in una missione ancora più impossibile: salvaguardare la diversità dei linguaggi, che la globalizzazione mette in serio pericolo. Un bene da preservare, il cuore pulsante dell’identità di un popolo, capace di raccontare le sue radici, i costumi, le tradizioni.

Ma quante sono le lingue della Terra? Voi a occhio quante direste? Cinquecento? Mille? Bene, il più grande inventario mai fatto è quello di Ethnologue, che ne ha censite 6.912. Calcolate per difetto, visto che mancano sicuramente fra le 300 e le 400 lingue asiatiche e soprattutto del sud Pacifico. Circa 3.500 lingue sono parlate da gruppi etnici molto ristretti (160 sono composti solo da una decina di persone). E si calcola che siano 516 quelle che stanno per sparire.

Per questo quelli di Wikitongues hanno aperto la caccia agli idiomi meno diffusi sul pianeta, e utilizzano le nuove tecnologie per documentarne l’esistenza. Il viaggio di Wikitongues iniziò nel 2012 filmando videostorie a Brooklyn; ognuno raccontava nella propria lingua d’origine, e il meltingpot newyorchese (più di 700 idiomi parlati) è stato un ottimo punto di partenza.

Il passo successivo è stato un canale YouTube, che oggi raccoglie 350 video in altrettante lingue. E’ nata poi la piattaforma Poly che mette in relazione studenti di idiomi rari con madrelingua. Oggi chiunque può inviare video e partecipare all’ultima caccia a un tesoro fra i più preziosi della razza umana: l’eredità della Torre di Babele. Che forse voleva essere una punizione, ma si è trasformata in un gran bel regalo.

https://wikitongues.org/

martedì 21 gennaio 2020

276 - MAMMA PER SEMPRE




Sembra impossibile ma...
Tom Keating se ne è andato nel dicembre del 2019 all'età di 83 anni; dal 2016 era ricoverato in una casa di cura di Liverpool. Ma gli ultimi due anni della sua vita li ha passati in compagnia di una persona speciale, che ha deciso di vivere nella stessa struttura per stargli vicino e prendersi cura di lui: sua madre Ada, che oggi di anni ne ha 102. Questa la loro storia.

Madre e figlio provengono da Wavertree, un sobborgo di Liverpool, e hanno vissuto sempre insieme. Tom è il maggiore dei quattro figli nati da Ada e dal suo defunto marito Harry; delle sue tre sorelle Barbara, Margi e Janet la più giovane morì a 13 anni. Lui ha lavorato per 40 anni come pittore e decoratore in un'azienda locale, la HE Simm, non si è mai sposato e ha vissuto sempre in casa con i genitori; la madre Ada ha lavorato a lungo come infermiera ausiliaria al Mill Road Hospital. Nel 2016 l'uomo, ormai ottantenne, ha bisogno di cure mediche e di un'assistenza quotidiana; si trasferisce così nella casa di cura Moss View Care Home a Huyton, e lì trascorre diversi mesi. La madre ha 98 anni ma è in buone condizioni, migliori del figlio che vede ogni tanto, quando i parenti la accompagnano a trovarlo. Vorrebbe stargli più vicino, accudirlo. E allora prende la decisione: nel 2017 lascia la sua casa e si trasferisce nella clinica dove è ospitato Tom.

Madre e figlio da allora trascorreranno tutto il tempo insieme. La notizia finisce sui giornali, al Mill Road Hospital arrivano giornalisti da mezzo mondo, e Ada e Tom raccontano volentieri il loro ménage quotidiano: "Dico buonanotte a Tom nella sua stanza ogni notte” racconta lei “e ogni mattina lo avverto che sto scendendo per la colazione; Ogni volta che ci ritroviamo ci abbracciamo: non smetti mai di essere mamma". E Tom aggiunge: “Sono felice di vedere ogni giorno mia madre da quando vive qui. È molto brava a prendersi cura di me. A volte mi dice ancora 'comportati bene'. Ma sono tutti molto bravi con noi”. Nei due anni trascorsi insieme i familiari li visitano spesso e ci sono giorni in cui arrivano 5 generazioni della famiglia Keating. Debi, una delle nipoti di Ada, è fra le più assidue: “E' bello vedere la nonna e lo zio insieme, vengono seguiti e curati 24 ore al giorno e non hanno dovuto sopportare nessuna separazione”. E il direttore della casa di cura, Philip Daniels, conferma: “I due sono inseparabili, e noi vogliamo rendere il loro tempo insieme il più speciale possibile". Dopo due anni sereni la situazione di Tom si aggrava; quando arriva la sua ora accanto a lui c'è la mamma.






lunedì 20 gennaio 2020

275 - LA DONNA CHE CADDE SULLA TERRA




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera. Juliane Koepcke nasce nel 1954 a Lima, in Perù, figlia unica del biologo Hans e dell'ornitologa Maria, entrambi tedeschi, che lavorano a Panguana, sperduta stazione di ricerca nella foresta amazzonica a un'ora di volo da Lima. E' qui che cresce Juliane, che apprende dal padre le tecniche di sopravvivenza nella giungla. In seguito va a fare il liceo a Lima, dove si diploma nel 1971; il 23 dicembre è alla festa di fine anno della scuola, con la madre che ha rinviato di qualche giorno il rientro per accompagnarla. Il giorno dopo voleranno insieme a Panguana, ma tutti i voli sono pieni per il Natale, gli unici posti sono su un Lockheed della Lansa; il padre le sconsiglia, non si fida della Compagnia aerea, ma loro si imbarcano lo stesso. Dopo mezz'ora di volo un fulmine colpisce l'aereo che si spezza in aria, a 3.200 metri dal suolo. “Ho sentito mia madre che diceva 'Questa è la fine, è tutto finito' – racconta Juliane – la gente che urlava, poi il rumore fortissimo del motore ha coperto tutto; subito dopo la calma totale, solo il suono del vento. Ero ancora attaccata al sedile, in caduta libera, era come essere in un vortice. Ho perso conoscenza”.

Al risveglio è nella foresta amazzonica; ci mette ore per rimettersi in piedi. Ha una ferita profonda al braccio destro, la clavicola rotta, il legamento del crociato del ginocchio lacerato, profondi tagli sui polpacci, è miope, la poca vista residua dopo la rottura degli occhiali è annebbiata dai capillari rotti degli occhi. Si rende conto in breve di essere l'unica sopravvissuta dei 92 passeggeri. Avanza a tentoni nella vegetazione fitta, quando trova un ruscello lo segue verso valle come le aveva insegnato il padre, mangia poco o niente; dopo 4 giorni trova una fila di sedili con tre passeggeri morti, conficcati a testa in giù per un metro nel terreno. Scappa. Vede anche gli aerei di salvataggio volteggiare su di lei, poi li vede allontanarsi. Perde la cognizione del tempo. Quando scopre una barca pensa a un'allucinazione. Invece è vera, vicino c'è una capanna; tlì rova un litro di benzina e lo usa, come aveva imparato, per medicarsi la ferita infestata da vermi. Ormai semincosciente, sente delle voci di uomini, chiede aiuto. E' salva. Ad aspettarla all'ospedale trova il padre. Sono passati 11 giorni dal disastro.

Juliane oggi ha 66 anni, è biologa, lavora a Monaco. Ha vissuto in Germania ma è tornata più volte per le sue ricerche in Amazzonia; nel 1998 il regista Werner Herzog ha raccontato la sua storia nel film Wings of Hope; la conosceva bene, perché nel 1971 quando stava girando “Aguirre” in Perù, sarebbe dovuto salire sullo stesso volo di Juliane ma cambiò itinerario e scese dalla scaletta all'ultimo minuto. Così sono tornati insieme nella giungla amazzonica, hanno ritrovato i rottami dell'aereo, e hanno girato commossi il loro film. 
Guarda i video con la storia dell'incredibile incidente e il film di Herzog "Wings of hope".
 

 
 
 

 


domenica 19 gennaio 2020

274 - VEDI OMAR QUANTO E' BELLO




Sembra impossibile ma...
In Arabia Saudita tre uomini sono stati espulsi dal Paese perchè “troppo belli” e pericolosi per le donne che “potrebbero non riuscire a controllarsi”. Soltanto di uno di loro si è saputo il nome: Omar Borkan Al Gala. E per lui è stato come vincere la lotteria.

Omar (“Vedi Omàr quant'è bello... direbbe Totò”) nasce a Baghdad nel 1989. Cresce però a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove studia all'Istituto Internazionale di Gestione Alberghiera; nel frattempo avvia una carriera prima come modello, poi come attore, e diventa anche un buon fotografo. Nel 2013 insieme ad altri due modelli partecipa al Jandriyah Cultural Festival di Riyadh lavorando per uno stand di promozione. Un gruppo di ragazze lo riconoscono come il protagonista di una campagna pubblicitaria, si avvicinano e chiedono autografi a lui e agli altri due modelli; la folla intorno al trio cresce, “ci sono delle star del cinema”, e le ragazze si improvvisano groupies, acclamandoli a gran voce. Per pochi minuti però, perché subito interviene la polizia religiosa. “Ci hanno chiesto chi eravamo, ci hanno detto che quanto accaduto non gli era piaciuto, e ci hanno chiesto educatamente di lasciare il festival” racconta Omar. Subito dopo scatta la loro espulsione e il loro rientro forzato a Dubai. La notizia viene pubblicata in prima pagina dal quotidiano arabo Elaph, e un ufficiale di polizia spiega: “Erano troppo belli, e i membri della Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione dei vizi temevano che le donne si innamorassero di loro".

Più tardi, su richiesta Saudita una delegazione degli Emirati Arabi Uniti dichiarerà che ai tre modelli non è mai stato chiesto di lasciare il Paese ma solo il festival, e che la misura non aveva nulla a che fare con l'essere "troppo belli" ma contestava più genericamente la presenza femminile nel loro stand, visto che non è usanza del Paese che le donne interagiscano con uomini che non facciano parte della loro famiglia. In più Omar avrebbe eseguito danze "indecenti" durante l'evento. Una citazione speciale che gli è valsa immediata fama internazionale, foto virali sui social, interviste tv, copertine di riviste per "l'arabo più bello del mondo" e oltre un milione di follower su Facebook. Ne è seguito un tour in Messico e in America Latina, prima del ritorno in Dubai. Poi il matrimonio nel 2015 con Yasmin Oweidah, bella figlia di un miliardario, dalla quale ha avuto un figlio, e il trasferimento a Vancouver dove oggi vive e lavora. Omar Al Gala ringrazia di cuore le autorità Saudite.
Guarda i video con un'intervista a Omar in Messico e un recente servizio sul suo lussuoso stile di vita.





760 - DIETRO IL PADRINO

    Un'offerta che non si può rifiutare. A trovarsela davanti è stato Francis Ford Coppola al momento di iniziare a girare I...