venerdì 11 giugno 2021

746 - IL DISTRUTTORE DI PIRAMIDI


 

Sembra impossibile ma...

Un avventuriero italiano in cerca di tesori distrusse in poco più di un mese oltre 40 piramidi millenarie. Ringrazio Gianfranco Di Mare per la segnalazione e vi presento il “dottor” Giuseppe Ferlini da Bologna.

Nato nel 1797, a 18 anni scappa da casa; nel 1817 raggiunge l'Albania dove entra come ufficiale medico nell'esercito di Ali pascià in guerra contro i turchi: sostiene di essersi laureato a Bologna, ma è molto più probabile che abbia appreso nozioni di medicina come infermiere in ospedale. Il seguito è un curriculum da manuale dell'avventuriero ottocentesco, fra battaglie contro gli ottomani e movimentare relazioni con compagne che lo seguono nella sua vita spericolata dalla Grecia a Smirne fino alla corte di Muhammad Ali in Egitto. Nel 1829, dopo un anno di lavoro in ospedale a Thura, vicino al Cairo, Ferlini si annoia e si fa trasferire in Sudan con la compagna del momento, una donna islamica, prima a Sennar (con un terribile viaggio durato 159 giorni), poi a Kordofan quindi, in una sorta di discesa verso il “cuore di tenebra” dell'Africa, a Khartum.

Qui cura e guarisce il figlio del governatore del Sudan, l'inglese Richard Guyon (diventato Curschid pascià) e ne conquista la stima e la simpatia. Tanto che a lui affida una spedizione alla ricerca di giacimenti auriferi. Solo che di oro sotto terra non ce n'è, e allora al bolognese spunta un'insolita idea: in Sudan ha visto un gran numero di piramidi e templi che risalgono alla civiltà egizia, e che potrebbero celare favolosi tesori. Perché non andare a prenderli? Così, colpito da improvvisa passione per l'archeologia, ottiene (non senza fatica) il consenso di Curschid pascià, si associa ad Antonio Stefàni, mercante albanese pratico dei luoghi, ingaggia 30 giovani indigeni e, acquistati cammelli, attrezzi e provviste nell'agosto del 1834 si dirige verso le rovine di Meroë l'antica capitale.

Qualche anno prima, nel 1821, il naturalista francese Frédéric Cailliaud esplorando l'area aveva descritto un'ottantina di piramidi, costruite durante il Regno di Kush, fra il 1550 e il 1070 a.C. “tutte in ottime condizioni”. E così le trova Ferlini al suo arrivo. 35 giorni dopo la metà non esistono più, di oltre 40 piramidi restano solo cumuli di rovine. In breve infatti, arruolati 550 operai del posto, fa demolire gli edifici più piccoli, trovando poco o niente. Dopo 20 giorni il clima e i disagi si fanno sentire (lui stesso soffre di febbri malariche) gli uomini e i cammelli cominciano a morire. Decide di fare un ultimo tentativo con la piramide più grande, la tomba della regina Amanishakheto alta 28 metri, intatta. Comincia dalla cima demolendo via via i 64 gradoni, e finalmente trova una cella rettangolare con un ricco sarcofago. Il drappo bianco che lo ricopre si dissolve al contatto con l'aria, e appare il tesoro: il corredo funebre della regina, intatto. Consigliato dall'albanese che teme la collera e l'avidità della gente del posto, nasconde tutto in sacchetti di pelle che poi nel cuore della notte porta nella sua tenda. Stefàni vuole fuggire subito, ma Ferlini, preso dalla cupidigia, va avanti per altri 15 giorni nella sua opera di demolizione, e altre grandi piramidi vanno giù. Finché un servitore fedele avverte i due che la notizia del ritrovamento si è sparsa, e oltre mille indigeni hanno preparato per il giorno dopo un assalto per liberarsi di loro. In piena notte i due europei con le loro donne e tre servitori caricano tutto sui cammelli e si danno alla fuga; inseguiti, si salvano raggiungendo per miracolo il Nilo e imbarcandosi fino al Cairo; da qui Ferlini lascia l'Egitto in nave fino a Trieste, da dove rientra a Bologna.

Tornato in patria, racconta (ammantandole di nobili scopi scientifici) le sue imprese, che finiscono su tutte le gazzette dell'epoca. In mezza Europa si discute del tesoro; gli esperti si dividono, c'è chi lo giudica un falso, e chi lo stima autentico. Seguono trattative per la vendita a Parigi con il principe Demidov, a Roma con la Santa Sede e il Granducato di Toscana e in Baviera con Luigi I. Che ne acquista una parte: oggi si trova al Residenzmuseum di Monaco. Ciò che resta Ferlini lo porta a Londra e lo affida a un insolito agente di vendita, “un certo” Giuseppe Mazzini, in esilio in riva al Tamigi. Il British Museum ritiene che il tesoro sia falso e rifiuta l'acquisto, allora Mazzini lo mostra all'egittologo tedesco K. R. Lepsius, che lo fa acquistare dal Neues Museum di Berlino. Gran parte dei reperti finiti nei musei di Monaco e di Berlino spariranno poi alla fine della seconda guerra mondiale, e oggi del tesoro restano solo una cinquantina di monili. In Italia invece, il Museo egizio di Torino ne conserva i facsimili donati a Vittorio Emanuele II nel 1860 dallo stesso Ferlini. Che negli ultimi anni della sua vita diventa a Bologna una sorta di personaggio tipico, sempre in giro per la città in costume turchesco con turbante, spada e una sfilza di medaglie, intento a raccontare la storia del suo tesoro.








mercoledì 9 giugno 2021

745 - FOTO CON VISTA SUL FUTURO

 



Sembra impossibile ma...

Questa è una storia vera. Luglio 2000. Siamo in Cina, nella città costiera di Qingdao, apprezzata stazione balneare frequentatissima nella stagione estiva.

Capitolo primo: Xue è una ragazza che arriva da Chengdu, la capitale della provincia del Sichuan; ha fatto in pullman le 1200 miglia che separano le due città per accompagnare sua madre che si sta riprendendo da un intervento chirurgico e si è concessa una vacanza per tirarsi un po' su il morale. Nella grande piazza centrale la madre decide di fare una foto alla figlia di fronte al monumento rosso che commemora il Movimento del 4 maggio. Clic!

Capitolo secondo: Ye è un giovane di Chengdu che si trova per caso a visitare Qingdao: fa parte di un gruppo di turisti, il pacchetto di viaggio era stato prenotato dalla madre che poi all'ultimo minuto è stata costretta a rinunciare a causa di un attacco di appendicite. Il figlio ha preso il suo posto. Quando il gruppo di Ye arriva nella grande piazza centrale il ragazzo si decide a farsi una foto di fronte al grande monumento rosso, si mette in posa e qualcuno scatta: Clic!

Capitolo terzo: anche se Xue e Ye arrivano dalla stessa città, i due non si sono mai visti né conosciuti. Finita la vacanza Xue torna a casa con la madre, e Ye fa lo stesso con il suo gruppo. I due riprendono la loro vita, e gli 11 anni successivi trascorrono senza contatti fra di loro, uno ignaro dell'esistenza dell'altra. Poi nel 2011 finalmente si conoscono. E si innamorano. Segue il matrimonio e la nascita di due gemelle. E siamo al giorno dell'incredibile scoperta: un pomeriggio Ye dopo pranzo si riposa a casa della suocera guardando un album di vecchie foto. Quando vede l'immagine di fronte al monumento di Qingdao pensa “me la sono fatta anch'io una foto lì davanti”, poi osserva meglio, e sullo sfondo a destra nota un uomo con una maglietta blu e un sacchetto di plastica in mano: “Cavolo! (o quello che dicono i cinesi in questi casi), ma quello sono io”. Già, 11 anni prima di incontrare sua moglie Ye era entrato per caso nel campo della foto scattata dalla futura suocera: nello stesso esatto momento i due sconosciuti hanno posato di fronte allo stesso monumento in una città lontana 1200 miglia da quella dove abitavano e dove vivono oggi. E la foto li ritrae con i rispettivi sguardi puntati sulle due fotocamere che li riprendevano. "Quando ho visto quell'immagine – racconta Ye – mi è venuta la pelle d'oca su tutto il corpo".

Capitolo finale: l'uomo ha poi condiviso la foto sul social network cinese Weibo, l'immagine è diventata virale ed è stata ripresa dai notiziari di mezzo mondo: per i più romantici è la prova incontrovertibile che i due erano destinati a stare insieme. "Sembra che Qingdao sia una città davvero speciale - dicono Ye e Xue - quando le bambine saranno più grandi ci torneremo e le fotograferemo in quella piazza: hai visto mai...”.

 

 




lunedì 7 giugno 2021

744 - IL DESTINO DI ELON


 

Sembra impossibile ma...

Nel 1948 lo scienziato Wehrner Von Braun scrisse un romanzo di fantascienza in cui immaginava la colonizzazione di Marte; nel libro il governo marziano era in mano a un leader di nome Elon. Oltre 70 anni dopo il miliardario Elon Musk si avvia a realizzare il suo progetto per colonizzare il pianeta rosso. Ringrazio l'amico Vito Gattullo per la segnalazione e, per chi non li conoscesse, vi presento i due protagonisti di questa storia.

Il barone tedesco Wernher von Braun prima e durante la seconda guerra mondiale è un maggiore delle SS fedelissimo di Hitler, figura fondamentale nello sviluppo della missilistica nella Germania nazista; è lui che realizza una serie di armi micidiali, fra le quali i razzi V2 che colpiscono duramente l'Inghilterra. Dopo la guerra si consegna agli americani che decidono di non rinunciare al suo genio e di utilizzarlo in progetti di grande rilievo, prima con l'esercito (pare che a lui si sia ispirato Kubrick per il suo Dottor Stranamore) poi con la Nasa. Dove diventa il capostipite del programma spaziale e con il suo Saturn V porta le missioni Apollo sulla Luna. Von Braun muore nel 1977.

Elon Musk nasce in Sudafrica nel 1971; imprenditore naturalizzato americano (con un patrimonio stimato oggi in oltre 150 miliardi di dollari) realizza negli anni una serie di avveniristici progetti, da Tesla a Neuralink fino a SpaceX, destinati a “cambiare il mondo e l'umanità”. SpaceX è la prima e unica azienda privata a produrre razzi riutilizzabili per la Nasa, che li usa per i collegamenti con la stazione spaziale orbitante. Ma il sogno di Musk è portare l’uomo su Marte (e non solo) e colonizzare il pianeta. Quando? Questione di pochi anni. Il razzo Starship è in fase di sviluppo in una base del Texas, e sarà utilizzato per “fare dell'umanità una specie multiplanetaria”; Musk conta di inviare un milione di persone su Marte durante la sua vita utilizzando una flotta di 1.000 Starship. Nel giro di 5 anni sono previsti prima una missione cargo, poi un volo con equipaggio verso il pianeta rosso.

Ma torniamo al 1948; Von Braun lavora nella base di Fort Bliss, in New Mexico, e per rilassarsi scrive romanzi, ovviamente di fantascienza. In quell'anno nasce “The Mars Project”, libro per certi versi profetico (anche se molte “previsioni” si riveleranno errate). Certo l'autore sa di cosa parla, tanto che al romanzo è allegata un’appendice tecnico-scientifica che illustra con tanto di precisi calcoli il progetto. Lo scienziato immagina un governo marziano guidato da 10 uomini. E come si chiama il capo dell'esecutivo, eletto a suffragio universale? Elon, appunto. Curioso fra l'altro che l’ex nazista abbia scelto un nome di origine ebraica (“quercia” o “albero di Dio”).

Settant'anni dopo Elon Musk diventa Elon Musk, e la previsione dimenticata riemerge e vola sui social. L'imprenditore apprende della strana coincidenza su Twitter da un amico ingegnere aerospaziale; prima ritwitta sorpreso “Siamo sicuri che sia vero?”, poi prende atto e cavalca la tigre: “Destiny, destiny... No escaping that for me”, ovvero “E' il destino, è il destino... non c'è scampo per me”. Già, proprio come Frankenstein Junior.

 


 

 





giovedì 3 giugno 2021

743 - IL SAMURAI NERO


 

 Sembra impossibile ma...

Più di 400 anni fa in Giappone un colosso africano di nome Yasuke divenne un vero samurai al servizio di un potente feudatario. Ringrazio Gianfranco Di Mare per la segnalazione.

Vale la pena di raccontare l'incontro fra i due: corre l'anno 1579 quando il nobile Oda Nobunaga per le strade di Kyoto assiste a una rissa e rimane impressionato dalla figura possente e dalla forza di colui che ne esce vincitore. Lo convoca a corte, e siccome non ha mai visto prima un uomo di colore, chiede che Yasuke venga ben ripulito, pensando che la sua pelle sia coperta di sporcizia. Quando gli dicono che non è possibile, e che il suo aspetto non cambia, gli chiede: "Perché hai tinto la tua pelle con l'inchiostro nero?”. "Sono nato con la pelle nera" risponde lui. Questi eventi sono registrati in una lettera del 1581 del gesuita Luís Fróis e nel Rapporto annuale del 1582 della Missione dei Gesuiti in Giappone. Già, perché Yasuke, probabilmente originario del Mozambico, è arrivato in Giappone qualche tempo prima al seguito del sacerdote italiano Alessandro Valignano, ispettore delle missioni dei gesuiti nelle Indie, come guardia del corpo. Il religioso è a Kyoto per incontrare proprio il feudatario e chiedere il permesso di lasciare il Giappone.

Nobunaga rimane assai colpito da Yasuke, descritto come "alto 6 shaku e 2 sun (circa un metro e 90, un vero gigante rispetto agli standard giapponesi dell'epoca), con la pelle nera come carbone e la forza di 10 uomini". E organizza una festa per accoglierlo, dopo aver convinto Valignano, non si sa con quali mezzi, a farlo passare al suo servizio. E' la prima volta che uno straniero entra nella corte del signore feudale. Con ogni probabilità l'ospite parla già il giapponese, visto che a Nobunaga (che non parla altre lingue) “piace discutere e intrattenersi a lungo con lui”. Di lì a poco Yasuke diventa il primo straniero a ricevere lo status di samurai, concetto al tempo ancora molto fluido: in pratica chiunque prende le armi per conto di un signore può essere chiamato samurai.

Tre anni dopo, nel 1582, Nobunaga, poco prima di una battaglia viene tradito dal suo generale Akechi Mitsuhide, che anziché lanciarsi sul nemico, si volta e attacca il suo signore. Nobunaga con soli 30 uomini, fra i quali Yasuke, si rifugia in un tempio. Akechi che ne ha 13.000 lo circonda. Il feudatario sceglie la via dell'onore: il seppuku, suicidio rituale che prevede il taglio dell'addome. Il samurai nero è con lui al momento della morte. La tradizione vuole che prenda poi la sua testa e fugga sottraendola al nemico che l'avrebbe usata come simbolo di legittimità. Yasuke si unisce al figlio di Nobunaga, che è nelle vicinanze. E si getta nel giro di poche ore in una seconda battaglia. Ma anche qui, sono poche centinaia di guerrieri contro 13.000, e il finale è scontato; al tramonto anche il suo nuovo comandante esegue il seppuku. L'ultimo resoconto che parla di Yasuke lo vede ferito sul campo di battaglia. Secondo la tradizione Akechi, il traditore, stabilisce che non si tratta di un uomo ma di un animale, e ordina di riportarlo alla missione dei gesuiti di Kyoto da cui pensa sia fuggito. Del samurai nero non si saprà più niente.

Negli ultimi 20 anni sulla figura storica di Yasuke sono stati scritti numerosi romanzi e "drammi d'epoca", oltre a svariati manga, serie televisive e videogiochi. Sono in produzione due film, uno della Picturestart e uno della MGM, e il samurai nero è il protagonista della serie anime Netflix 2021 “Yasuke”.






mercoledì 2 giugno 2021

742 - IL VOLO DI GOLIA


 

Sembra impossibile ma...

Questa è una storia vera, segnalata dall'amico Gei Gi, che ringrazio. Olimpiadi di Monaco, 1972. Quando Wilfried Dietrich sale sul tappeto per il suo primo incontro nella categoria oltre 100 chilogrammi, ha già un grande avvenire dietro le spalle. Ha 39 anni, è il lottatore tedesco più medagliato del suo sport con un oro, due argenti e due bronzi e questa è la sua quinta olimpiade (la prima era stata a Melbourne 16 anni prima). Fra lotta libera e lotta greco romana oltre agli allori olimpici il suo palmares vanta 1 titolo mondiale, uno europeo e 5 medaglie ai mondiali. Per 7 anni,fra il 1955 e il 1962 ha vinto tutti gli incontri a cui ha partecipato. Insomma, è già una leggenda dello sport, e ora che gioca in casa vuole chiudere la carriera a testa alta, ma a quasi 40 anni non è facile vedersela con dei colossi di 20.

Nella greco-romana conosce i suoi avversari e spera in un sorteggio favorevole; c'è un avversario che teme più di tutti, e vorrebbe evitare almeno ai primi turni per risparmiarsi una brutta figura: l'americano Chris Taylor, una montagna di 22 anni e 198 chili, 80 più di lui che ne pesa “solo” 118. E indovinate chi gli mette davanti al primo turno madama fortuna? Dietrich contro Taylor: quando si stringono la mano il tedesco in confronto all'avversario pare una bambolina. Inizia il match: per 4 lunghi minuti Davide regge a fatica, grazie alla sua esperienza, gli attacchi di Golia. Poi il fiato comincia a calare, ne ha per poco; davanti agli occhi gli passano come in un film i suoi 20 e più anni di luminosa carriera. Non può finire così, non di fronte al suo pubblico: ora o mai più. Dietrich concentra tutte le sue energie, allaccia l'avversario ed esplode la sua tecnica più efficace, quella proiezione con cui ha colto tante vittorie, ma praticamente impossibile da fare con un avversario così pesante. E invece l'americano vola via come un enorme burattino senza fili. Un fotografo svedese riesce a cogliere il momento magico: sarà la miglior foto delle olimpiadi, e quello di Dietrich il "Throw of the Century", la proiezione del secolo.

Wayne Boman, un lottatore della nazionale americana, racconterà in un libro di essere entrato dopo il match nello spogliatoio di Chris Taylor, e di averlo trovato solo, seduto su un tavolo, che dondolava le gambe come un bambino e scuotendo la testa ripeteva “Non è possibile, non credevo ci fosse una persona al mondo che potesse strapparmi fisicamente dal tappeto e gettarmi in aria, ma mi sbagliavo". Dietrich poi non salirà sul podio, perderà al terzo turno, ma che importa? La pagina più bella l'ha già scritta, il campione esce di scena con la vittoria più spettacolare della storia della lotta.

 


 

martedì 1 giugno 2021

741 - IL GENERALE FANTASMA

 


 

 Sembra impossibile ma...

Il generale Kharkoff ebbe un ruolo fondamentale nella guerra civile russa; per mesi l'intera Europa parlò delle sue gesta, e ricevette altissime onorificenze. Tutto finché non si scopri che il generale aveva un grosso problema: non esisteva.

Ringrazio l'amico Roberto Mantovani per la segnalazione, e vi porto alla Camera dei Comuni di Londra; aprile 1919, la prima guerra mondiale è finita da poco, il primo ministro David Lloyd George pronuncia con toni appassionati un discorso sull'importanza del sodalizio fra il corpo di spedizione britannico in Russia e l'esercito dei russi bianchi nella guerra contro il nemico comune: i bolscevichi. Il premier sottolinea il ruolo svolto dal generale Denikin, dall'ammiraglio Koltchak e soprattutto dall'eroico generale Kharkoff.

L'Inghilterra, insiste accalorato Lloyd George, non può abbandonare al suo destino personaggi di tale levatura. Il discorso, riportato con toni enfatici dai giornali di tutta Europa, fa di Kharkoff un paladino della libertà del popolo russo. E il generale diviene in breve popolarissimo: la sua storia, si direbbe oggi, diventa virale, e in breve gli vengono dedicati un po' ovunque bar e locali, oltre a una birra, una bevanda a base di caffè, un set di rasoi, bretelle da uomo e un cappello da donna. Per lui viene perfino composta una canzone, e al culmine del successo re Giorgio V decide di insignirlo dell'Ordine di San Michele e San Giorgio “Per i meriti nella lotta contro il bolscevismo, male del mondo”: sì, il generale Kharkoff diventa Sir Kharkoff.

L'onorificenza va consegnata, e il 31 agosto una delegazione britannica arriva in pompa magna al quartier generale delle forze armate della Russia meridionale. A riceverla c'è il generale Anton Denikin; Il traduttore gli spiega lo scopo della missione, e lui fa la faccia a punto interrogativo: e chi cavolo è il generale Kharkoff? Nessuno ne ha mai sentito parlare, semplicemente non esiste. Non è facile spiegarlo agli inglesi, che alla fine si arrendono all'evidenza: con ogni probabilità l'errore è nato dalla traduzione delle corrispondenze di guerra: Kharkoff, che figurava un po' ovunque, è il nome della città ucraina dove si erano svolti gli eventi riportati.

Più improbabile la teoria che si riferisse al leader dei cosacchi del Don, l'Ataman Pyotr Krasnov, che però era alleato dei tedeschi e con gli inglesi non aveva rapporti. Che fare allora? L'onorificenza va consegnata comunque. Così gli inviati di re Giorgio V decidono di decorare un altro militare, il tenente generale Vladimir May-Mayevsky, che forse non è stato un eroe come Kharkoff, ma la sua parte l'ha fatta. E soprattutto, esiste.

 


 


 

760 - DIETRO IL PADRINO

    Un'offerta che non si può rifiutare. A trovarsela davanti è stato Francis Ford Coppola al momento di iniziare a girare I...