Sembra
impossibile ma...
Questa
è una storia vera. Una storia,
quella di David Latimer ottantenne inglese di Cranleigh nel Surrey,
facile facile da raccontare, ma non per questo meno bella. Il suo
piccolo miracolo, un intero giardino cresciuto dentro una bottiglia
sigillata, conferma che le cose complicate a volte possono essere
semplici, quando si lascia che la natura faccia il suo corso.
Correva
l’anno 1960 quando un giovane David mise del terriccio dentro una
bottiglia, piantò qualche seme di tradescantia (una pianta
sempreverde originaria del centramerica, detta anche erba miseria),
bagnò con un bicchiere d’acqua e sigillò l’apertura. La
bottiglia, in realtà una sorta di damigiana, 45 litri di capienza,
mantenuta in un angolo soleggiato, si è poi rivelata un perfetto
ecosistema chiuso. Un microcosmo dove la pianta ha avuto modo di
svilupparsi e crescere senza bisogno di nient’altro che la
fotosintesi clorofilliana, ovvero della luce.
Infatti
dopo aver dimenticato la bottiglia per anni, David la riaprì solo
nel 1972 e in quell’occasione la trovò in perfetta salute e la
annaffiò. Dopodiché non l’ha più toccata fino a qualche
settimana fa. Quando è tornato ad aprirla 44 anni dopo l’ultima
volta. Ha tolto il tappo e si è trovato davanti a una tradescantia
verdissima, rigogliosa e fiorita, in piena salute.
Insomma,
sembrava Audrey II, la pianta carnivora della Piccola bottega degli
orrori, ma per fortuna con abitudini alimentari assai diverse. Già,
perché l’erba miseria di David per tener fede al suo nome era
riuscita a vivere tutti quegli anni senza niente, neanche acqua e
aria fresca. O meglio, l’acqua sufficiente era arrivata alla pianta
grazie alla condensazione dell’umidità sulle pareti di vetro, e
tanto è bastato insieme alla luce solare per innescare la
fotosintesi.
Il
giardino impossibile di David ha sollevato l’attenzione degli
studiosi: non a caso i semplici ma raffinati processi che consentono
alle piante di sopravvivere e autosostenersi in condizioni difficili,
ma anche di ripulire l’ambiente dalle sostanze inquinanti, sono da
tempo oggetto di attenzione da parte della Nasa, che intende ricreare
nello spazio le condizioni di sopravvivenza delle piante e studiarne
il comportamento.
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