Sembra
impossibile ma...
Questa
è una storia vera. Intorno alla fine degli anni sessanta non era
difficile incontrare in giro per i paesi più sperduti, dal Tarvisio
a Capo Passero, strani personaggi che, armati di magnetofono,
avvicinavano braccianti e mondine, pastori e massaie per convincerli
a parlare nel microfonino a gelato in dotazione, e spesso a cantare.
Gli esiti non erano garantiti: c’era chi si metteva in posa
pensando di andare in televisione, e chi imbracciato il forcone
costringeva l’intervistatore a una poco dignitosa ritirata.
Erano
gli albori dell’italica antropologia culturale, e gli eroici
ricercatori incidevano le voci, i suoni, i modi di dire, le canzoni
di un mondo che andava scomparendo. Chissà cosa è rimasto di tanto
pionieristico lavoro, e chissà se quei nastri magnetici riversati
poi in più resistenti supporti, sono riusciti a salvare gli echi di
una civiltà, quella contadina, che mezzo secolo dopo non esiste più.
“Le
parole sono importanti” gridava alterato Nanni Moretti dopo aver
schiaffeggiato la giornalista che aveva osato citare il “trend
positivo”. E “le parole sono importanti” gridano oggi sul web
quelli di Wikitongues. Che, come fecero in piccolo i ricercatori di
50 anni fa, sono impegnati in una missione ancora più impossibile:
salvaguardare la diversità dei linguaggi, che la globalizzazione
mette in serio pericolo. Un bene da preservare, il cuore pulsante
dell’identità di un popolo, capace di raccontare le sue radici, i
costumi, le tradizioni.
Ma
quante sono le lingue della Terra? Voi a occhio quante direste?
Cinquecento? Mille? Bene, il più grande inventario mai fatto è
quello di Ethnologue, che ne ha censite 6.912. Calcolate per difetto,
visto che mancano sicuramente fra le 300 e le 400 lingue asiatiche e
soprattutto del sud Pacifico. Circa 3.500 lingue sono parlate da
gruppi etnici molto ristretti (160 sono composti solo da una decina
di persone). E si calcola che siano 516 quelle che stanno per
sparire.
Per
questo quelli di Wikitongues hanno aperto la caccia agli idiomi meno
diffusi sul pianeta, e utilizzano le nuove tecnologie per
documentarne l’esistenza. Il viaggio di Wikitongues iniziò nel 2012
filmando videostorie a Brooklyn; ognuno raccontava nella propria
lingua d’origine, e il meltingpot newyorchese (più di 700 idiomi
parlati) è stato un ottimo punto di partenza.
Il
passo successivo è stato un canale YouTube, che oggi raccoglie 350
video in altrettante lingue. E’ nata poi la piattaforma Poly che
mette in relazione studenti di idiomi rari con madrelingua. Oggi chiunque
può inviare video e partecipare all’ultima caccia a un tesoro fra
i più preziosi della razza umana: l’eredità della Torre di
Babele. Che forse voleva essere una punizione, ma si è trasformata
in un gran bel regalo.
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