Sembra impossibile ma...
L'Adagio
in sol minore di Tomaso Albinoni, una delle composizioni classiche
più famose del diciottesimo secolo, non è
stato composto nel 1708 dal celebre musicista veneziano, ma nel 1958
dal musicologo Remo Giazotto.
L'ultima
parola sulla vicenda, per molti versi misteriosa, non è stata ancora
detta, ma la critica è ormai concorde sul fatto che l'Adagio sia in
larghissima parte se non del tutto una creazione di Giazotto, che
invece aveva fatto credere di averlo ricostruito in base ad alcuni
frammenti di Albinoni da lui ritrovati. Le cose sono andate così.
Albinoni,
nato a Venezia nel 1671, è una figura atipica fra i musicisti della
sua epoca e non solo: ricco di famiglia, suona per passione e
divertimento, e non essendo iscritto alla Corporazione dei Musicisti
non può tenere esibizioni pubbliche. Compositore molto apprezzato
anche all'estero, ama riamato la città di Dresda: lascerà in
eredità agli archivi della Biblioteca Nazionale Sassone della città
tedesca le partiture di diverse opere inedite. Facciamo un salto di
quasi tre secoli: anno 1945, gli anglo-americani bombardano a tappeto
Dresda. In tre giorni muoiono decine di migliaia di persone e della città non
rimane pietra su pietra. La biblioteca è rasa al suolo, e le
partiture delle opere di Albinoni finiscono in cenere come 200.000
altri capolavori del passato.
A fine 1945 arriva a Dresda Remo
Giazotto. Nato
a Roma nel 1910, è fra i maggiori esperti di Albinoni, e sta
cercando di ricostruire il catalogo delle sue opere. Ha rintracciato
da poco le partiture della biblioteca tedesca, ma arriva in ritardo
di pochi mesi. Al ritorno in Italia, sostiene di aver però ritrovato
e copiato 6 frammenti di melodia di Albinoni accompagnati da un
“basso numerato” nella tonalità di Sol minore. Dopo anni di
lavoro, conclude che fossero parte dell' Opera 4 del Maestro
veneziano, e nel 1958 pubblica per la Ricordi il frutto della sua
minuziosa ricostruzione: l’Adagio in Sol minore per archi e organo.
Che ha un successo universale.
Giazotto
muore nel 1998, e lo stesso anno un gruppo di ricercatori va a Dresda
in cerca dei frammenti originali della melodia. Ma non trova niente:
semplicemente non esistono, c'è solo la partitura del basso di
accompagnamento. Si inizia ad indagare e si accerta che al tempo di
Albinoni nessuno conosceva l'Adagio, e anche in seguito non ne esiste
alcuna citazione, né sembra sia stato mai eseguito. Insomma,
l'Adagio di Albinoni l'ha scritto Giazotto.
Perché? Le opinioni si dividono: secondo alcuni lo studioso avrebbe "completato" la partitura del musicista settecentesco, prassi tutt'altro che insolita in caso di ritrovamento di testi incompleti; per altri avrebbe scritto ex novo l'intera partitura partendo (forse) da un frammento di poche note (le quattro battute di basso discendente che aprono il pezzo) peraltro assai comuni nella musica barocca, realizzando "una bella composizione in stile tardoromantico-novecentesco, molto morriconiana e in stile da colonna sonora di film, che nulla ha a vedere col povero Albinoni" (F.M. Sardelli). Ma qual era lo scopo finale di questa complessa operazione, peraltro perfettamente riuscita? Più che per denaro o per fama la maggioranza degli addetti ai lavori pensa a una magnifica beffa al mondo accademico.
Perché? Le opinioni si dividono: secondo alcuni lo studioso avrebbe "completato" la partitura del musicista settecentesco, prassi tutt'altro che insolita in caso di ritrovamento di testi incompleti; per altri avrebbe scritto ex novo l'intera partitura partendo (forse) da un frammento di poche note (le quattro battute di basso discendente che aprono il pezzo) peraltro assai comuni nella musica barocca, realizzando "una bella composizione in stile tardoromantico-novecentesco, molto morriconiana e in stile da colonna sonora di film, che nulla ha a vedere col povero Albinoni" (F.M. Sardelli). Ma qual era lo scopo finale di questa complessa operazione, peraltro perfettamente riuscita? Più che per denaro o per fama la maggioranza degli addetti ai lavori pensa a una magnifica beffa al mondo accademico.
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