Sembra
impossibile ma...
Questa
è una storia vera. Giugno 1924, nel porto di Trieste sbarca
White Elk, per gli italiani Cervo Bianco, principe degli Irochesi e
capo di una tribù di trentamila indiani d'America. La Lega delle
Nazioni lo ha inviato in missione in Europa per propugnare la causa
dei pellerossa. Viene da Nizza dove le due contesse italo-austriache
Kevenhuller, Amalia la madre di 60 anni e Antonia la figlia di 26
hanno deciso di finanziare la sua causa; lui peraltro ha promesso che
restituirà ogni lira con le immense ricchezze che possiede in
America. Inizia così un tour negli alberghi e nelle dimore più
lussuose.
Prima
tappa, Venezia. Lo attende una grande folla, incuriosita dai
giornali; e lui non delude: si affaccia dal balcone della sua stanza
al Danieli e lancia manciate di banconote sulla gente che lo acclama.
Poi incontra i vertici del Partito Fascista e chiede ai fratelli in
camicia nera di schierarsi col suo popolo oppresso; in cambio dona
generose somme al Partito. Il copione si ripete in tutta Italia, con
accoglienze da capo di Stato, e ovunque elargisce soldi a piene
mani.In un ristorante fiorentino i clienti lo acclamano, poi qualcuno
gli chiede di pagare il conto, lui non batte ciglio e paga per
tutti. In ogni città Cervo Bianco lancia i suoi appelli davanti a
folle plaudenti e poi dà spettacolo con canti e danze delle sue
terre. Proclamato “fascista ad honorem”, il 28 ottobre è
invitato a pronunciare un discorso ufficiale per celebrare la Marcia
su Roma. Il primo indiano d'America fascista si esibisce per i più
importanti gerarchi, e (pare) per Mussolini; i due non si incontrano
solo per un disguido, e Papa Pio XI gli invia due foto autografe.
Poi
crolla tutto. A Torino finisce in ospedale: ha la sifilide. L'erede
delle Kevenhuller scopre che il suo patrimonio è azzerato e lo
denuncia. Col foglio di via, ripara in Svizzera, dove lo rintraccia
la contessa Antonia, sua amante (come la madre). Ha scoperto la
verità. Lui non è White Elk, ma Edgar A. Laplante, cantante e
ballerino di Pawtucket, Usa, figlio di un muratore e (forse) di una
nativa americana. Dopo gli esordi con una compagnia di teatranti, con
la moglie Berta gira gli States vendendo un intruglio miracoloso a
base di olio di serpente e intasca abusivamente fondi per la Croce
Rossa. Poi mette su uno one man show di canti e musiche indiane
truccato da capo degli irochesi, col quale viene in Europa. Quando la
troupe rientra in America, lui decide di restare, ma non ha più gli
abiti di scena. Così acquista alla Galerie Lafayette di Parigi il
costume da indiano che poi userà in Italia. Dopo varie vicende a
Nizza incontra le contesse. Nei sei mesi successivi le alleggerisce
dell'equivalente di un milione di euro.
Denunciato
anche da Antonia, Laplante finisce prima per un anno in manicomio a
Mendrisio come “bugiardo patologico dalla personalità istrionica”,
poi, estradato in Italia, si fa 5 anni di carcere per truffa. Alle
Nuove di Torino non ha neppure i soldi per un maglione, glielo
comprano i carcerati con una colletta. Quando esce torna negli
States, dove muore a Phoenix nel 1944.
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