Sembra
impossibile ma…
Il
cavallo di Troia con ogni probabilità non è mai esistito. E non
perché le vicende narrate da Omero appartengono, per alcuni
studiosi, più al mito che alla storia (le scoperte di Schliemann gli
danno torto), ma perché un incauto traduttore o copista, molti
secoli dopo le vicende narrate nell’Iliade, ha preso un grosso
granchio.
Lo
sostiene – è notizia di queste ore – l’archeologo navale
Francesco Tiboni dell’università di Aix en Provence-Marseille. Il
cavallo, afferma il ricercatore, in realtà era un tipo di nave di
origine fenicia. La polena era a forma di testa di cavallo, per cui
era comunemente chiamata Hippos, che in greco significa cavallo. Utilizzare
una grande nave colma di regalie per pagare un tributo, o per rendere
omaggio agli dei era normale. Immaginate il sollievo dei troiani
quando al mattino scoprono che la flotta achea è salpata e ha
lasciato sulla spiaggia una nave-tributo. Fra l’altro assai meno
sospetta di un pittoresco cavallone di legno. E molto più adatta a
nascondere un manipolo di guerrieri. Suona bene, no? Omero scriverà
(o tramanderà oralmente) che gli achei lasciarono un hippos, come
lui chiamava quel tipo di nave. Qualche secolo dopo arriva il
traduttore che piglia fischi per fiaschi. Ed ecco il mito che da un
paio di millenni ci accende la fantasia e ci tormenta la razionalità:
ma come facevano a stare nascosti in un cavallo di legno? E, i
troiani, erano così scemi da portarlo dentro le mura?
Questo
non è l’unico caso di traduzioni approssimative. Prendiamo il
Vangelo: “E’ più facile che un cammello passi dalla cruna di un
ago…”. Per secoli ci siamo chiesti “ma perché proprio un
cammello?”. Poi la soluzione: non tutti concordano, ma è la più
logica. L’aramaico gamal ha due significati, il primo è cammello,
il secondo è gomena, grossa corda (o se preferite, anche in greco
kamelon è cammello, kamilon gomena). E allora “E’ più facile
che una gomena passi dalla cruna di un ago” suona meglio, non vi
pare? Poi un traduttore frettoloso o dal vocabolario limitato…
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