Sembra
impossibile ma…
Questa
è una storia vera. Le immagini della donna nella foto sono molto
popolari sul web, e quasi sempre oggetto di derisione e ironia.
Diciamocelo, lei è francamente brutta, o almeno non corrisponde ai
nostri attuali canoni di avvenenza. Che come insegna Umberto Eco
nelle sue Storie della bellezza e della bruttezza, sono molto
mutevoli e dipendono dal tempo e dal luogo. Non
la pensate così? Ascoltate la storia della principessa Qajar.
Tadj
Saltaneh (questo il vero nome, Qajar è la dinastia) nasce a Teheran
nel 1883, suo padre è Naser al-Din Shah, re di Persia per quasi 50
anni. La principessa si sposa giovanissima con Amir Hussein Khan con
cui ha 4 figli. Non è un matrimonio d’amore: finisce con un
divorzio che al tempo farà molto rumore. Ed eccoci alla parte che a
noi, assuefatti all’immagine glam e al ritocco col photoshop,
appare inverosimile. Le cronache dell’epoca raccontano che Tadj è
la donna più desiderata di Persia, davanti alla sua porta c’è la
coda dei pretendenti. Solo quelli dell’alta nobiltà alla fine
saranno 145. Lei li rispedisce tutti a casa. Dice “tante grazie,
era la principessa…”. L’obiezione avrebbe un senso, se non
fosse che 13 di loro, disperati per il rifiuto, si suicidano. E’ la
musa ispiratrice di Aref Qazvini, il più famoso poeta dei suoi
tempi, che per lei scrive “Ey Ta”, struggente poesia d’amore.
Insomma, a inizio 900 Tadj è simbolo di perfezione e bellezza, la
più amata dai persiani.
Fin
qui l’estetica. Ma c’è di più, molto di più. La principessa è
ricordata come scrittrice, pittrice e intellettuale, l’animatrice
dei salotti letterari della città. E attivista nella lotta per i
diritti delle donne: nel 1910 fonda la Società per la libertà delle
donne, ed è fra le prime in Persia ad abbandonare lo hijab (tipico
copricapo) e ad indossare abiti occidentali. La sua autobiografia
“Crowning Anguish: Memorie di una principessa persiana dall'harem
alla modernità” oggi è oggetto di studio nelle università. Tadj
Saltaneh muore il 25 gennaio 1936 ed è sepolta nel cimitero Zahir
od-Dowleh di Tajrish.
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