lunedì 11 novembre 2019

139 - GLI EXTRATERRESTRI NON VIVONO A NAZCA




Sembra impossibile ma...
Il mistero dei disegni di Nazca dopo 1500 anni è stato risolto. Suggestionati dai libri di Peter Kolosimo, per anni in molti hanno creduto che quelle misteriose linee fosero di origine extraterrestre. Non c’era bestseller, fra i tanti scritti dal padre della fantarcheologia italiana, che non mostrasse le foto del ragno o della scimmia, del condor o del colibrì, figure così impossibili da diventare inquietanti. Il motivo? Gli enormi animali disegnati sulla sabbia del deserto potevano essere visti solo dall’alto.

Per apprezzarle quindi c’era un solo modo: sorvolare con un velivolo quell’arido altopiano, a Nazca, nel Perù meridionale. Solo che quei disegni sono stati tracciati fra il 300 a.c. e il 500 d.c., quando era impossibile per un qualunque mezzo volare, lì o altrove nel mondo.

Il mistero delle linee di Nazca nei primi anni settanta di colpo fece impallidire tutti gli altri luoghi dal fascino esoterico sparsi sul pianeta, dalle piramidi, a Stonehenge, da Lochness a Palenque. Due le ipotesi formulate dagli autori più spregiudicati: quella extraterrestre, e quella dei resti di antichissime civiltà progredite e scomparse. E due le conseguenze: carrettate di libri venduti e boom dell’ archeoturismo volante a bordo di incerti “piperini” nei cieli dell’altopiano peruviano.

Nel frattempo gli studiosi, quelli veri, avevano cominciato a studiare le strane immagini, sparse su un’area di un’ottantina di chilometri: in tutto oltre 800 disegni formati da tredicimila linee, che possono raggiungere fino a 365 metri di estensione. Le linee sono state create spostando le pietre contenenti ossidi di ferro; il clima secco le ha conservate per secoli. Nel 1994 l’Unesco le ha riconosciute Patrimonio dell’Umanità.

Ci sono voluti 50 anni, ma finalmente i ricercatori hanno dato una risposta al mistero di Nazca. Meno affascinante, ma sicuramente più scientifica: l’analisi delle immagini satellitari ha permesso di comprendere la loro funzione, legata all’acqua. Le linee sono infatti collegate a una sorta di pozzi chiamati puquios, che convogliavano l’acqua estratta dalle falde a decine di metri di profondità, in cunicoli sotterranei a forma di spirale, realizzando un complesso e sofisticato sistema di acquedotti e di irrigazione.

Un ruolo fondamentale nella scoperta l’ha avuto l’ingegner Rosa Lasaponara, ricercatrice del CNR di Roma. Che spiega: “Indicavano percorsi da seguire nelle cerimonie. Molti degli animali raffigurati nei disegni, come orche e delfini, riportano all’acqua; erano un cerimoniale e i disegni ritualisti oltre a contrassegnare la posizione dell'acqua, erano un modo di dire grazie agli dei“. Niente fantascienza ma alta ingegneria idraulica. Insomma, per realizzare l’’impossibile, dice oggi la scienza, non c’è bisogno di extraterrestri, bastano i tecnici dell’antica civiltà Nazca che duemila anni fa permisero a un intero popolo di coltivare la terra e di trasformare uno dei deserti più aridi del mondo in un’oasi verde.

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