giovedì 14 novembre 2019

154 - PRIMA DELLA CARTA IGIENICA




Sembra impossibile ma...
Nell'antica Roma al posto della carta igienica si usava il tersorium, una spugna marina fissata su un bastone che nei bagni pubblici veniva condiviso e poi pulito in un secchio con acqua e aceto dopo ogni utilizzo. Ma se l'argomento non vi disturba troppo... c'è di più.

Del tersorium (detto anche Xylospongium) parlano varie fonti; ad esempio Seneca nelle Epistulae morales racconta di un gladiatore germanico che prima di un'esibizione nell'anfiteatro va in bagno e si suicida infilandosene in gola uno fino a soffocare. Ma facciamo un salto nei bagni di epoca romana, che sono pubblici e comuni. Quelli più ricchi, affrescati e pieni di opere d’arte, possono avere fino a 80 sedute in marmo o in legno. Perlopiù sono luoghi piacevoli e ben ventilati, e gli uomini si trovano li a conversare e negoziare fra un passaggio di tersorium e l'altro. Lo sciacquone non esiste, ma un rivolo d’acqua scorre a getto continuo sotto i posti a sedere, per finire in corsi d'acqua che confluiscono nel Tevere, e poi già nel VI secolo a.c. nella cloaca maxima, vasto sistema di fognature.

Dal punto di vista dell'igiene, Roma porta un bel contributo, visto che i greci ricorrevano a pietre e cocci di ceramica levigati (oltre che ai loro vestiti), e altre popolazioni usavano fieno, sabbia, canapa, lana, bucce di frutta, felci, erbe. I soldati romani invece se la cavano col muschio. E la carta igienica? Il primo uso documentato è nella Cina del VI secolo, ma dalle nostre parti bisogna aspettare il 1857, anno in cui negli Stati Uniti Joseph C. Gayetty introduce la "carta terapeutica" in forma di salviette. La Scott la commercializzerà nel 1890, ma fino al 1928 il “prodotto innominabile” si venderà poco o niente; solo una vasta campagna pubblicitaria della Hoberg Paper, che la ribattezza “Charmin” la renderà di uso comune.

Un discorso a parte merita la pipì, che in ogni casa dell'antica Roma viene accumulata in pentole. Una volta piene, vengono svuotate in grandi vasi nelle strade. Per fare che? I batteri trasformano l’urea in ammoniaca, ottimo detergente naturale utilizzato per lavare i vestiti e sbiancare le toghe, ma non solo: Catullo in uno dei suoi Carmina ne decanta il potere sbiancante sui denti. Inoltre l'urina raccolta viene venduta ai conciatori per lavorare le pelli dopo un lungo ammollo; un mercato così lucroso che l'imperatore Vespasiano (e chi se non lui?) imporrà la vectigal urinae, tassa sulla pipì dei bagni pubblici. E' lui che, mostrando al figlio Tito che lo rimprovera una moneta riscossa con la tassa, dirà una frase che i nostri politici hanno ben presente: “Pecunia non olet”, il denaro non puzza.

Nessun commento:

Posta un commento

775 - LA DIMENTICANZA

Quanti giorni può sopravvivere un uomo senza bere né mangiare?Non esiste una risposta certa. I medici parlano di tre giorni senz’acqua, fors...