domenica 1 dicembre 2019

199 - TRE SOGNI AMERICANI E UNA SCATOLA DEL TEMPO




Sembra impossibile ma...
Nel Sud Dakota a poche miglia l'uno dall'altro si sono realizzati tre sogni impossibile. Sogni americani, quindi nel segno della grandezza. E come a volte capita, uno tira l’altro.

Il primo è il più famoso: Mount Rushmore National Memorial sul massiccio delle Black Hills, nel Sud Dakota. Il 3 marzo del 1925 il Congresso degli Stati Uniti approvò la legge che ne autorizzava la costruzione. Bisognava essere pazzi o giù di lì per sognare di trasformare un’intera parete rocciosa della montagna in un’enorme scultura, alta 20 metri. Lo scultore Gutzon Borglum, personaggio per molti versi controverso, non si sa quanto fosse pazzo, ma determinato ed egocentrico come pochi sì. Così riuscì ad ottenere il via libera per rimodellare la montagna con i volti di quattro presidenti americani, George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln. La scultura fu iniziata nel 1927, vi lavorarono 400 operai, e dopo la morte di Borglum nel 1941 fu completata dal figlio Lincoln.

Oggi il monte Rushmore è un’importante meta turistica, frequentata da scolaresche e da schiere di famiglie americane che dopo un picnic nei boschi della zona visitano le “exibitions” del National monument, seguendo il padre. Che si trasforma all’istante in docente di storia americana, nonché miniera di aneddoti su “the sage” George e “honest” Abe. Personalmente non ho un gran ricordo del Memorial: sì, la grandeur colpisce, ma le architetture da mausoleo danno al tutto un’aria assai cimiteriale.

Ma il monte Rushmore nasconde un sogno (e un segreto) dentro il sogno: la camera del tempo. Borglum aveva progettato di realizzare una vasta stanza dove inserire una teca con i documenti importanti della storia americana; i lavori furono quasi completati all’interno della testa di Lincoln, ma con la morte dello scultore furono sospesi. Per essere poi ripresi nel 1998 quando fu realizzata una camera di sicurezza in titanio contenente una serie di pannelli in smalto porcellanato che raccontano la storia americana: (Dichiarazione di Indipendenza, Costituzione, Bill of Rights) e una biografia di Borglum. Il tutto nascosto e sigillato nella stanza segreta costruita dallo scultore. Lo scopo? Raccontare la storia degli Stati Uniti alle future generazioni, magari ad un’altra civiltà che fra migliaia di anni riaprirà la stanza segreta.

Per due sogni che si sono realizzati, un terzo nato dalla stessa idea, forse il più bello, che aspetta di essere completato. A una ventina di miglia dal Monte Rushmore, percorrendo la Statale 16, dal verde dei boschi si vede spuntare un picco roccioso in parte lavorato, e nella parte alta si riconosce un’enorme profilo. E’ il Crazy Horse Memorial, il monumento a Cavallo Pazzo, ovvero la storia vista dai nativi americani, gli “indiani” protagonisti di mille film western. Il sogno è quello di realizzare la più grande scultura nella roccia mai costruita, alta 172 metri (contro i 18 di Lincoln & c.) e larga 195.

L’idea è di uno scultore di Boston, Korczak Ziolkowski, assistente di Borglum nei lavori sul Rushmore. I nativi la videro come un modo di onorare il capo dei Sioux, e soprattutto come una risposta alla provocazione dei “visi pallidi” che avevano eretto il loro monumento in territorio sacro indiano, e nel 1946, dopo 7 anni di trattative, dettero il via libera. I lavori iniziarono due anni dopo alla presenza di una decina di anziani reduci della battaglia di Little Big Horn. Ziolkowski lavorò gratuitamente al progetto, che pretese essere no-profit. I lavori proseguirono tra mille ostacoli e numerosi incidenti, e fino ai suoi ultimi giorni, nel 1982, continuò a costruire il suo sogno impossibile. Portato poi avanti dalla moglie con l’obiettivo di completare l’opera nel 2000.

Le cose non sono andate così, il memorial è ancora lontano dall’essere completato. Ma se percorri la statale 16 nel Sud Dakota vedi il profilo di Cavallo Pazzo che ti osserva severo dall’alto di un’enorme roccia. E chissà quell’immagine a quali nuovi sogni darà vita.

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