Sembra impossibile ma...
Riccardo
Bertani diCaprara vicino a Reggio Emilia, e negli
ultimi 70 anni si è dedicato – sempre da autodidatta – allo
studio di lingue dimenticate e idiomi scomparsi. Bertani nasce in una
famiglia di contadini della bassa padana. La guerra lo costringe ad
abbandonare la scuola al termine delle elementari, ma lui frequenta
la biblioteca dove si appassiona
alla letteratura russa. Così decide di imparare la lingua di Tolstoj.
Sarà la prima delle oltre cento che arriverà a parlare.
“Ho
iniziato a tradurre a 18 anni – dice – ero attratto dalla Russia
e dall’Oriente. Da sempre, mi sveglio alle due del mattino e mi
preparo all’arrivo del sole. In quelle ore il mio cervello non sta
fermo, ho la mente limpida: sono le ore in cui studio”. Col
tempo si appassiona ai linguaggi dimenticati. Oggi parla il mongolo e
l’eschimese, l’etrusco e il siberiano, il basco e tutti gli
idiomi slavi. Ma non ha mai imparato né l’inglese né il tedesco.
Scrive decine di libri, che trattano di idiomi scomparsi, dai
linguaggi degli sciamani all’antologia epica dei popoli siberiani
fino al dizionario rutulo-italiano.
Bertani
non ha mai smesso di fare il contadino, e fra una semina e un
raccolto collabora con atenei e prestigiose istituzioni culturali.
Nelle sue lezioni racconta il suo amore impossibile per i linguaggi
antichi e gli idiomi perduti e ammonisce: “Tutte le lingue antiche
andranno a estinguersi per sempre, e non ha più senso insegnare il
dialetto a scuola: per parlare il dialetto bisogna pensare in
dialetto. E i bambini non lo fanno più”. Per questo lui da buon
contadino coltiva i linguaggi perduti e ne conserva i semi preziosi.
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