Grigorij
Potëmkin riuscì a diventare l’uomo più influente dell’impero
russo grazie alle sue capacità amatorie. I libri di storia lo
ricordano per la vita fatta di lusso e di eccessi. E la fine
ingloriosa. Premessa: sì, è proprio lui, quello che dette il nome
alla corazzata resa celebre da Ėjzenštejn, e, dalle nostre parti,
dal ragionier Ugo Fantozzi.
Potëmkin
nasce a Smolensk nel 1739. Studia all'Università di Mosca e nel 1755
entra nelle Guardie a cavallo. Nel 1762 partecipa al colpo di Stato
che porta sul trono Caterina II. Il giovane e aitante cavaliere fa
colpo sulla sovrana, e nel 1768 lascia le guardie e viene assegnato
alla corte come Kammerherr. Nel 1771 diventa il primo favorito di
Caterina. Compito che deve assolvere alla grande, visto che da quel
momento fioccano incarichi prestigiosi e ricompense. In un solo anno
entra nel Consiglio di Stato, viene nominato conte, aiutante
generale, tenente colonnello, comandante in capo e governatore della
"Nuova Russia" (le province dell’Ucraina). Nel 1776, su
richiesta di Caterina, l'imperatore Giuseppe II lo nomina principe
del Sacro Romano Impero.
Dopo
aver preso parte alle guerre contro l'Impero ottomano, Potëmkin crea
la flotta del Mar Nero, e progetta e realizza la conquista della
Crimea. Qui ripopola le campagne e fonda nuove città. In tutto ciò
che fa c’è un’esagerazione, non risparmia né uomini né soldi,
non calcola mai i costi. Nel 1787 Caterina visita i territori da lui
colonizzati, ed è un trionfo: riesce a nascondere i problemi della
sua amministrazione e a presentare un quadro idilliaco. Secondo
alcune fonti fa costruire sul percorso dell’imperatrice numerosi
villaggi che ad una prima impressione sembrano veri, ma in realtà
sono di cartapesta.
Nel
1775 viene soppiantato da Zavadovsky nelle grazie dell'imperatrice,
ma i rapporti tra i due restano ottimi. Molti storici sostengono la
tesi di un precedente matrimonio segreto tra Potëmkin e Caterina,
che sarebbe la madre di Elizaveta, la figlia illegittima preferita
dell’amante. Che lascia San Pietroburgo ma nel 1791 torna e spende
una fortuna per screditare l’ennesimo favorito, Zubov. E’ tutto
inutile: l'imperatrice affida a Potëmkin i negoziati di pace con gli
ottomani, e in sostanza se ne libera inviandolo a Jassy. Lungo la
strada si ammala, ma rifiuta le medicine: la febbre alta lo costringe
al digiuno. Quando recupera le forze, si mette a tavola; un
prosciutto e tre polli sono l’antipasto, poi ingoia una grossa oca
intera. Un’abbuffata fatale: Grigorij Potëmkin, l’uomo più
potente di tutte le Russie, muore di indigestione in un villaggio
della steppa.
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