Sembra
impossibile ma…
Un
viaggiatore che attraversava il deserto del Sahara su una Citroen 2CV
dopo un incidente è riuscito a salvarsi da morte certa trasformando
i resti della sua auto in una motocicletta. Ringrazio Simonluca
Cavallini per la segnalazione della storia.
Anno
1993, Emile Leray, elettricista francese di 44 anni esperto
viaggiatore con una passione per l’Africa, che ha attraversato
diverse volte, è a Tan-Tan, cittadina affacciata sul deserto del
Sahara come le città costiere lo sono sul mare: qui si arriva
superando chilometri di piste polverose, ma oltre, a sud e a est, c’è
solo l’infinita distesa del Grande Erg. Emile è alla guida della
sua inseparabile Citroën 2CV, un’auto leggendaria che per la sua
resistenza è diventata sinonimo di avventura. E’ pronto ormai alla
partenza quando le guardie gli dicono che le piste sono chiuse: c’è
tensione con il vicino Sahara Occidentale, e lui non può lasciare la
città. L’elettricista annuisce, saluta, imbocca una stradina
laterale e si lancia verso il deserto in direzione sud. Con se ha
acqua, provviste e viveri per 10 giorni. Dopo una giornata di guida
nell’immensa solitudine, ormai lontanissimo da qualsiasi centro
abitato, l’auto sbatte con violenza su una roccia e si ferma.
Emile
scende e si mette le mani nei capelli: il semiasse è spezzato, una
ruota rotta, la corsa della 2CV finisce lì. A piedi non si va da
nessuna parte, sarebbe morte certa: serve un mezzo di trasporto.
Restano 10 giorni per trovare una via d’uscita. L’elettricista ha
qualche nozione di meccanica, e pochissimi attrezzi. Decide di
utilizzare le parti sane della Citroen per costruire una moto. La
carrozzeria diventa la sua tenda nel deserto. Lo sarà per i giorni
successivi, nei quali Emile lavora senza sosta sotto il sole
africano, in mutande per il calore terribile, ma cercando di non
bruciarsi. Le provviste sono razionate al massimo. Quando il mezzo a
due ruote è pronto, sono passati 12 giorni.
Il
telaio portante è ritagliato da quello della 2CV, la ruota anteriore
sterza con un rudimentale sistema; motore, batteria e cambio sono
sotto il sellino costruito con un paraurti, e la ruota posteriore
struscia su un tamburo e gira solo per attrito. La moto si muove
ingranando la retromarcia. Non è una Harley Davidson, ma è l’unica
speranza; quando si mette in moto verso ovest i viveri sono finiti, e
rimane solo mezzo litro d’acqua. La marcia, senza sospensioni, è
lenta e accidentata, Emile nelle 24 ore successive cade più volte e
si rimette in sella. Poi incontra una pattuglia di polizia
marocchina; i gendarmi non credono ai loro occhi, lui è salvo. Lo
portano nella città più vicina, e lo multano per guida di veicolo
difforme da quanto riportato sull’assicurazione. Lui paga felice, e
torna in Francia. Oggi ha quasi 70 anni, e mostra orgoglioso ai
curiosi che lo vanno a trovare quello che chiama affettuosamente "mon
chameau du désert".
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