lunedì 31 agosto 2020

731 - GLI ULTIMI CENTO METRI

 


Sembra impossibile ma...

Questa è una storia semplice, pulita, facile anche da scrivere, non richiede neanche un'introduzione. Una di quelle storie che in un mondo ideale non dovrebbero stare in “Sembra impossibile ma...”. Ringrazio Gei Gi per la segnalazione e ve la racconto.

Pamplona 2 dicembre 2012. Sono le 13 quando lo starter dà il via sotto una pioggerellina sottile al ventunesimo Burlada Cross Country Trofeo Regno di Navarra, importante gara podistica. Fra i favoriti c'è il ventiquattrenne basco Ivan Fernandez Anaya: ha vinto la gara l'anno precedente, il suo primo successo internazionale, ma quest'anno è assai più dura, ci sono diversi campioni e il più forte di tutti è il keniano Abel Mutai che pochi mesi prima ha vinto la medaglia di bronzo nei 3000 siepi alle Olimpiadi di Londra. Nei primi 6 chilometri Ivan e Abel corrono fianco a fianco in un gruppetto di 8 fuggitivi, poi il keniano cambia ritmo e va via; lo spagnolo non molla, lo insegue, lo raggiunge. E decide di provare il tutto per tutto: attacca a fondo, dà il massimo, ma Mutai non gli si scolla dai talloni. Vanno avanti così per 4 chilometri, poi a 250 metri dal traguardo Abel fa il forcing finale, ingrana un'altra marcia e lo lascia indietro a una distanza incolmabile. Cosa succede dopo lasciamolo raccontare direttamente a Ivan.

«Ho visto che lui a cento metri dal traguardo ha rallentato decisamente. Si era confuso con la segnaletica, pensava di essere già arrivato. Si è fermato, guardando gli spettatori che gli gridavano di andare avanti, che non era finita. Ma lui non sa lo spagnolo, non capiva. Quando l’ho raggiunto mi sono reso conto di quello che stava succedendo, allora gli ho messo una mano sulla schiena, gli ho detto che l'arrivo era più avanti, ma non capiva neanche me. Così l'ho spinto, l'ho accompagnato fino al traguardo”.

Già, Ivan non ci ha pensato neanche per un istante a superarlo e ad andare a vincere. I giornalisti l'hanno subito circondato: “Perché l'hai fatto?Perché l'hai lasciato vincere?". ′Non l'ho lasciato vincere: stava per vincere, si era guadagnato la corsa, la gara era sua. Non meritavo di vincere. Ho fatto quello che dovevo fare. Lui era il legittimo vincitore". Dopo la gara i due si sono detti poco, frenati dalla barriera linguistica: “Siamo stati insieme una mezz'ora, poi mi ha ringraziato, ci siamo abbracciati”. Meno contento l'allenatore di Ivan, la leggenda spagnola della maratona Santi Pérez. “Mi ha detto che quando si calzano le scarpette lo si fa per vincere. E ha aggiunto che lui avrebbe tirato dritto fino al traguardo. Lo capisco, e poi è stato onesto ad ammetterlo pubblicamente. Ma quale sarebbe stato il merito della mia vittoria? Quale l'onore in quella medaglia? Cosa ne avrebbe pensato mia madre? Queste sono le cose che mi hanno trasmesso i miei, e credo siano quelle da trasmettere ai nostri figli: il mio sogno è che un giorno sia possibile un mondo dove ci aiutiamo a vicenda a vincere”. Chapeau!

Guarda i video con l'arrivo della corsa e un'intervista a Ivan Fernandez Anaya. 

 






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