Dio ha il camice bianco, e il paradiso e' un recinto quadrato con tutti i comfort, una sorta di Truman show per topi.
Si chiama Universe 25, il nome glielo ha dato John B. Calhoun, il demiurgo in camice bianco. Quattro pareti alte al centro di un laboratorio, mangiatoie sempre piene, acqua fresca a volontà, nidi in quantità. Nessun predatore. Nessuna malattia. Nessun bisogno insoddisfatto. Un mondo ideale. Un sogno di ordine e abbondanza. Dentro, una piccola colonia di topi, puliti, sani, selezionati.
Siamo al National Institute of Mental Health di Poolesville, nel Maryland, e Calhoun è un etologo e psicologo. Obiettivo dell'esperimento, condotto fra il 1968 e il 1972, studiare il comportamento sociale attraverso la simulazione di un'utopia. Come è andata? Vediamolo insieme step by step.
Fase 1 – Adattamento: tutto procede tranquillamente.C’è cibo, c’è spazio, tutto va nel verso giusto. E' il sogno americano in versione roditore. Ma come ogni utopia, anche questa ha un orlo scucito, un piccolo strappo da cui comincia a penetrare l’inquietudine.
Fase 2 – Esplosione demografica: i topi si riproducono senza freni, la popolazione raddoppia ogni 55 giorni. Il giorno 315 la colonia conta 600 roditori, i problemi iniziano con la lotta per il territorio
Fase 3 – Saturazione: i maschi dominanti diventano iper-aggressivi, gli altri fuggono, si isolano, diventano apatici. Anche le femmine diventano aggressive, perdono l'istinto della maternità, non curano più i cuccioli, li abbandonano, alcune li divorano. Un gruppo di topi sviluppa comportamenti ossessivi, come la toelettatura compulsiva. Poi nascono loro, i “Beautiful ones”. Bellissimi, lucidi, impeccabili. Non litigano, non si accoppiano, non si sporcano mai. Stanno ore a pulirsi il pelo, sono topi-narciso, creature splendide e inutili. Vivono solo per sé stessi, senza relazioni, non combattono, non si riproducono.
Fase 4 – Collasso: la popolazione smette di crescere e poi inizia a diminuire rapidamente, nessuno si accoppia più. E nessun componente della colonia sembra farci caso. Non c’è più desiderio, non c’è più eros, non c’è più voglia di svolgere qualunque attività. I topi, semplicemente, si dimenticano come si vive. E così, in un ambiente perfetto, uno dopo l'altro muoiono. Tutti.
Nel silenzio ovattato del laboratorio Calhoun osserva dall'alto, come un Dio lontano e imperturbabile, senza intervenire. Guarda il paradiso trasformarsi in inferno. Non per fame, non per guerra ma per vuoto. Fino all'ultimo topo. Il resto è silenzio.
Lo studio di Calhoun si conclude con una diagnosi spaventosa: “morte comportamentale”. Vinte le malattie, la fame, i pericoli e le paure la società collassa per sovrappopolazione, assenza di stimoli, perdita di ruoli. Una lezione amara, che sembra sussurrare all’orecchio di ogni civiltà troppo sicura di sé: non basta riempire i frigoriferi e cancellare i pericoli; se l'unico scopo è soddisfare ogni bisogno, se togli le relazioni, se togli il senso, togli anche l’anima.
Tranquilli comunque, dall'esperimento sono passati più di 50 anni, e oggi la maggior parte degli studiosi sottolinea che sarebbe un errore fare due più due e applicare agli esseri umani le conseguenze di un test condotto sui roditori. Insomma, siamo uomini, non topi. O no?
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