sabato 3 maggio 2025

766 - CACCIATORI E PREDE


 

 In Vietnam i marines americani erano preparati ad affrontare il nemico nell'inferno della giungla tropicale. Ma non si aspettavano di dover combattere contro centinaia di tigri.

Il 5 maggio del 1970 – lo stesso anno in cui Muhammad Ali torna a combattere mentre le radio gracchiano il soul di Marvin Gaye – un elicottero UH-1 Huey fende come una libellula il cielo torrido del Vietnam e atterra a quaranta chilometri da Da Nang.

Dalla pancia di metallo saltano fuori sette uomini, facce giovani e troppo vecchie insieme. Comanda la pattuglia il sergente Robert C. Phleger, 32 anni, un’aria da quarterback esperto e una fede al dito che luccica più del sole malato sopra la giungla: ha sposato alle Hawaii appena una settimana prima la sua ragazza delle superiori, e torna dalla licenza con ancora addosso il profumo dell’oceano.

La pattuglia si muove guardinga tra bambù e zanzare, nel cuore verde dell’inferno. La missione è localizzare movimenti vietcong. Ma la giungla – chi c’è stato lo sa – ha regole sue. Non c’è Nord o Sud. C’è il fruscio, il sudore, la febbre e il sospetto. Camminano tutto il giorno, lasciandosi dietro il rumore dei passi come unica traccia. Quella notte, si accovacciano in buche scavate in fretta, ciascuno col proprio pensiero. Il sergente si prende il primo turno. E' il più esperto. E il più sfortunato.

Sono le 20 quando un tonfo e un urlo che non è più umano spezzano il silenzio. I sei soldati lanciano l'allarme. “Mantenete la posizione, restate immobili fino al sorgere del sole” è l'ordine che arriva via radio. Segue una notte di paura, occhi sgranati e fucili spianati.

All'alba vanno in cerca di Phleger, ma trovano solo uno zaino, un fucile pronto a sparare che non ha sparato, e una scia di sangue che verga la terra come una firma crudele. La seguono, e a 50 metri lo vedono riverso su un tronco, gli occhi spalancati, il corpo martoriato, il collo spezzato da una forza che non è umana.

Poi, la tigre. Duecento chili di muscoli e fame. Furiosa e feroce, appare tra le felci come un demone antico, con gli occhi che ardono. E loro sono troppo vicini al suo pasto. Non è paura, quella degli uomini. E' peggio. E' l'ancestrale sensazione di sentirsi prede. Aprono il fuoco, la bestia scappa, ma ruggisce la sua sfida. Li attaccherà ancora, quando meno se lo aspettano. E' una promessa e una certezza.

Seguono 24 ore di batticuore e nervi bruciati, la tigre li segue come un incubo, li assale all'improvviso, più volte. Loro sparano con tutte le armi, lanciano anche granate. Alla fine come nei film arrivano i nostri: un elicottero li tira su uno dopo l'altro, c'è chi prega e chi piange. Portano con sé i resti del sergente avvolti in un telo militare, e un ricordo che li tormenterà per il resto della vita,

Una storia di guerra ai confini della leggenda? No, la cronaca di uno dei tanti attacchi di tigri ai danni di militari americani nel corso della “sporca guerra”. Quanti? Tanti dicevamo, tantissimi. La censura militare non ci consente di avere dati precisi: non era certo il caso di caricare i bravi ragazzi americani anche della paura delle tigri. Basti dire però che alle sigle classiche “Kia” (Killed in action - uccisi in azione), “Wia” (Wounded in action - feriti in azione) e “Mia” (Missing in action - dispersi in azione) per il Vietnam viene aggiunta la sigla “Eia” (Eaten in action - sbranati in azione).

Ma davvero negli anni 60 e 70 la giungla del sudest asiatico è infestata dalle tigri? Certo, e il motivo c'è: la colpa è proprio della guerra che ha sconvolto l'ecosistema e fatto saltare la catena alimentare. Le consuete fonti di cibo dei felini sono tutte fuggite verso terre più tranquille, o vengono mangiate dalla popolazione affamata. E le tigri sono costrette ad attaccare la preda che normalmente preferiscono evitare: l'uomo.

Ovviamente non ci sono solo gli americani, ma anche soldati vietnamiti e interi villaggi di contadini fuggiti nella giungla: migliaia di esseri umani indeboliti dalla fame e dalla guerra. Degli attacchi subiti da questi ultimi si sa anche meno, ma sicuramente non si contano. Perché l'abbondanza di prede “facili da catturare” ha fatto si che in poco tempo la popolazione di “mangiatrici di uomini” sia cresciuta in maniera esponenziale. Nel 1967 nella sola provincia di Quang Tri si contano oltre 3.000 tigri. Insomma, le guerre in Indocina hanno dato vita alla più numerosa e robusta popolazione di tigri che la storia ricordi.

Non a caso, firmata la pace con gli americani il Vietnam (ma anche la Cambogia e il Laos) hanno dichiarato guerra alle tigri. Negli anni seguenti, nonostante le proteste delle organizzazioni ambientaliste, lo sterminio è stato sistematico, e nel 1997 la tigre è stata dichiarata ufficialmente estirpata dal territorio vietnamita.

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