C’è una tomba nella cappella De Curtis, al Cimitero del Pianto di Napoli che non appartiene a un familiare. È quello di Liliana Castagnola, la donna che Totò amò, perse e non dimenticò mai.
Eugenia Castagnola (questo il vero nome, Liliana è un nome d'arte) nasce a Genova l’11 marzo 1895. La madre è una libraia, ma lei sogna fin da piccola il palcoscenico. Dopo un matrimonio precoce e una maternità, lascia tutto per inseguire le luci del café-chantant.
E arriva il successo: in pochi anni percorre l’Italia e l’Europa, acclamata nei teatri più prestigiosi. Bellissima, indipendente, irresistibile: il suo fascino alimenta articoli e pettegolezzi.
Nel 1920, a Milano, l’amante Alberto Sala, pazzo di gelosia, le spara alla fronte, poi si uccide. Liliana sopravvive, ma porterà per sempre in testa il proiettile e nel cuore la cicatrice di un’ossessione che l'ha quasi uccisa.
A ricordargliela ogni giorno, le cefalee lancinanti di cui da allora soffre. I sonniferi, che porta sempre con se, diventano i compagni silenziosi della sua vita. Riprende però a cantare, e alla fine del 1929 la scritturano al Teatro Santa Lucia di Napoli.
Una sera in platea c’è un giovane comico che sta faticosamente costruendo la propria carriera: Antonio De Curtis. Lui le manda in camerino un mazzo di rose con un biglietto romantico. Lei risponde affettuosamente, e da quel momento i due iniziano a frequentarsi, si scambiano lettere e fotografie autografate (in una di queste Liliana gli scrive “Un tuo bacio è tutto”).
E' un amore breve e intenso. Lei, fragile e appassionata, inizia a immaginare un futuro insieme; lui, diviso tra i sentimenti e la carriera artistica, fra Antonio De Curtis e Totò. Ma la voglia di affermarsi come attore è troppa, così finìsce per allontanarsi. Quando accetta una lunga tournée, Liliana vede crollare ogni speranza.
La notte tra il 2 e il 3 marzo 1930, nella sua stanza della Pensione degli Artisti “Ida Rosa”, Liliana si trucca, si stende sul letto e ingerisce un tubetto intero di Veronal. Sul comodino lascia una lettera per lui: «Mi hai fatto felice o infelice? Non so… Ah, se mi fossi vicino! Mi salveresti, è vero?».
Totò arriva troppo tardi. La farà seppellire nella tomba di famiglia e, tre anni dopo, darà il suo nome alla figlia. Per tutta la vita custodìrà il fazzoletto trovato nella stanza della cantante, intriso di lacrime e rimmel. Quando morirà, nel 1967, quel fazzoletto sarà nella bara con lui.
Fra le poesie di Totò c'è questa quartina che, secondo molte fonti, sarebbe dedicata a lei:
“È morta, s’è n'è gghiuta ‘n Paraviso!
Pecché nun porto ‘o lutto? Nun è cosa!
Rispóngo a’ gente e faccio ‘o pizzo ‘a risa,
ma dint’ ‘o core è tutta n’ata cosa”.
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