Sembra
impossibile ma...
140
anni esatti dopo Little Big Horn i Sioux hanno sconfitto di nuovo le
giacche azzurre. Nessuno ci avrebbe scommesso un cent bucato, e lo
sapevano bene. Ma hanno deciso di far sentire lo stesso la loro voce,
di agire, di sfidare l’impossibile. La gloriosa tribù di nativi
americani ha dissotterrato l’ascia di pace e ha vinto la più
difficile delle battaglie contro i visi pallidi del Dakota Access
Pipeline, l’oleodotto che avrebbe dovuto attraversare i loro
territori in Nord Dakota, passando sotto il lago Oahe.
Il
genio militare americano, la notizia è recente, ha annunciato che il
percorso previsto è stato bocciato, che sarà studiato un tracciato
alternativo. La protesta degli indiani era partita in aprile. Di
fronte, una delle più potenti majors del petrolio. Possibilità di
successo, zero. Una manifestazione dopo l’altra però i proiettili
di gomma, i cannoni ad acqua e i gas lacrimogeni delle forze
dell’ordine hanno trovato migliaia di persone arrivate da tutti gli
States a fare da muro umano davanti ai Sioux. E come in un film di
Frank Capra alla fine “E’ arrivata la felicità”.
Che
non è durata a lungo: è arrivato Trump, e la nuova amministrazione
americana ha ribaltato ancora una volta tutto. Dalle terre dei Sioux
però si è alzato un messaggio di fumo: “Donald Trump si
prepari perché non daremo tregua”. La battaglia va avanti. “Yellow
hair” non fa paura ai Sioux, ne hanno già sconfitto uno tanti anni
fa.
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