Sembra
impossibile ma...
Questa
è una storia vera. Quando Juan de Oñatey Salazar, nipote del
conquistador Hernan Cortes (e pronipote dell’imperatore azteco
Montezuma) vide apparire in lontananza la rupe imponente della Città
del cielo, pensò che non sarebbe stata una passeggiata portare fra i
nativi che la popolavano il verbo del Signore e l'autorità di
Filippo II di Spagna. Correva l'anno 1598 e il re gli aveva ordinato
d’insediarsi come governatore nei selvaggi territori a nord del Rio
Grande, non lontano dall'odierna Albuquerque, in New Mexico.
Zutacapan, capo dei 6.000 indiani Acoma che popolavano la rupe, li
vide arrivare dall'alto, e al contrario di tutte le tribù dei
dintorni, non si spaventò per le armature dei 130 soldati barbuti
che luccicavano al sole, né per i 150 animali mai visti sui quali
procedevano. La sua era pur sempre l'indomita Città del cielo,
inespugnabile nido d'aquila collegato al mondo solo da una ripida
scalinata scolpita nella roccia. E già da 4 secoli resisteva agli
assalti dei nemici più temibili, i predoni nomadi Apache e Navajo.
Don
Juan chiese di negoziare, ma in realtà voleva saggiare le capacità
difensive della città. Inviò il nipote, Juan de Zaldivar, con 11
soldati. L'accoglienza fu diffidente ma amichevole, nel segno
dell'ospitalità, ma dopo la cena accadde qualcosa: secondo alcune
cronache, un soldato violentò una ragazza indiana. Gli animi si
accesero, seguì un breve scontro. La mattina dopo i corpi dei 12
armigeri furono gettati giù dalla rupe. La risposta non si fece
attendere. 70 cavalieri con armi da fuoco bloccarono ogni via di fuga
all'imboccatura dello stretto sentiero. Gli indiani, con pietre,
lance e frecce, resistettero 3 giorni, poi un potente cannone fu
piazzato su uno sperone di roccia e fece piovere un inferno di fuoco
sulla città. Fu un massacro: gli Acoma lasciarono sul campo oltre
800 morti, i superstiti che si aggiravano fra le case in fiamme
furono deportati in catene, ogni maschio di età superiore ai 25 anni
subì l’amputazione del piede destro prima di essere ridotto in
schiavitù, maschi e le femmine tra i 12 e i 25 anni furono resi
schiavi per 20 anni, tutti i bambini furono affidati ai missionari
per essere cresciuti nella vera fede.
Oñatey fu talmente duro e
spietato che il nuovo re Filippo III, dopo un processo, gli tolse la
carica di governatore e lo bandì a vita dalle colonie. La Città del
cielo, ricostruita e ripopolata da nativi, fu affidata ai frati della
missione di San Estéban del Rey, ma i continui abusi di potere da
parte di religiosi e politici portarono nel 1680 a una grande
rivolta, e 22 dei 33 frati furono bruciati vivi sul posto. Gli
scontri continuarono fino al passaggio con gli Stati Uniti, poi gli
abitanti della Città del cielo subirono la sorte di tutti gli altri
nativi.
Oggi dopo epidemie e carestie gli abitanti di Acoma Pueblo
sono meno di 500, c'è un centro culturale, un piccolo museo, e i
turisti che lo visitano pagando un biglietto possono dormire
nell'hotel annesso allo Sky City Casinò.
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