mercoledì 27 novembre 2019

186 - VELENO




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera. Ringrazio Stefano Paiusco per l'idea e vi porto nell'inquietante mondo di Giulia Tofana.

Giulia nasce a Palermo ai primi del Seicento. La madre Thofania d'Adamo viene giustiziata per aver avvelenato il marito Francesco. Poverissima, ma bella e intelligente, cresce nel quartiere malfamato del Papireto e fino al 1640 fa la prostituta. Poi scopre la sostanza che prenderà il suo nome, e cambierà la sua vita: l'acqua tofana. Un liquido velenoso incolore, inodore e insapore a base di arsenico, piombo e belladonna; ne basta una piccola quantità per procurare una morte priva di sintomi. Propinato quotidianamente all'ignara vittima, aggiunto al cibo in piccole dosi, uccide in pochi giorni senza lasciare traccia. Giulia, che forse ha ereditato la ricetta dalla madre, la fornisce solo a donne disperate, prigioniere di un matrimonio infelice. E ricche. Gli affari vanno bene, finché il marito di una di queste scopre il complotto e la denuncia all'Inquisizione.

Con l'aiuto di un suo amante, frate Girolamo, la Tofana riesce a fuggire da Palermo insieme alla figlia Girolama, e trova rifugio nella Roma di papa Urbano VIII, in una bella casa di Trastevere. Dove cancella il passato: ha soldi e bellezza, migliora la sua istruzione, entra in un giro di amicizie altolocate. Un giorno una nobile sua amica le confida la sua infelicità: “mio marito è un violento, sono disperata”. Può non aiutarla? Così le offre il suo elisir di breve vita. E' un successone, la fresca vedova sparge la voce. E Roma non è Palermo; uno speziale amico di fra Girolamo le procura gli ingredienti, e l'acqua tofana invade l'urbe. Il colpo di genio poi sta nel marketing: Giulia vende il liquido venefico alla luce del sole, come collirio a base di bacche di belladonna o in bottigliette devozionali con l'immagine di San Nicola: chi può sospettare di un’innocente ampolla?

Nei successivi 20 anni la Tofana è la fornitrice ufficiale delle nobildonne romane (e non solo) intrappolate in matrimoni sbagliati, combinati e senza amore. E diventa ricchissima. Poi una sua cliente, la contessa di Ceri, nella fretta di liberarsi del marito non segue le istruzioni per l'uso e svuota l’intera boccetta nella zuppa. La morte istantanea è sospetta, si apre un'indagine, la Ceri confessa. Giulia e la figlia tentano di fuggire, si rifugiano in una chiesa; alla fine, assediata, si consegna alle guardie. Torturata, confessa di aver venduto tra il 1633 ed il 1651 (solo a Roma) veleno per uccidere 600 uomini. Sarà condannata e giustiziata nel 1659 a Campo de' Fiori, insieme alla figlia e ai suoi lavoranti; diverse mogli accusate di aver avvelenato i mariti saranno murate vive nel palazzo dell’Inquisizione, a Porta Cavalleggeri.

L'acqua tofana continuerà ad essere prodotta e a mietere vittime per decenni. Lo stesso Wolfgang Amadeus Mozart nel 1789, due anni prima di morire, confiderà alla moglie “Lo so, morirò presto, qualcuno mi ha dato dell’acqua tofana”.

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