Sembra
impossibile ma…
Questa
è una storia vera, segnalata dal professor Giovanni Pelosini, che
ringrazio. Protagonista il grande fisico austriaco Wolfgang Pauli,
uno dei padri della meccanica quantistica noto agli studenti di liceo
per il suo principio di esclusione, con il quale vinse il Premio
Nobel nel 1945. Fin qui lo scienziato. L’uomo aveva qualche
problemino: una personalità complessa con difficoltà nei rapporti
con le donne e tendenze depressive che cercava di combattere con
l’alcool. Dal 1930, su consiglio del padre, iniziò un’analisi
terapeutica con Carl G. Jung durata 4 anni, un rapporto che durò poi
nel tempo segnando la vita dei due grandi studiosi.
Ma
la cosa incredibile è quello che oggi sulle enciclopedie viene
indicato come “effetto Pauli”. In due parole lo scienziato
portava male. Un vero jettatore evitato da tutti i colleghi fisici
(che non erano Totò e Peppino) che ne raccontavano toccando ferro le
funeste gesta. Pauli si era guadagnato la fama di menagramo dopo una
serie di sfortunati eventi che si verificarono a partire dal 1924.
In
particolare quando il fisico entrava in un laboratorio, gli
apparecchi si guastavano o si rompevano e gli esperimenti (spesso
assai costosi) fallivano. Quando nel 1950 al suo ingresso a Princeton
si incendiò il ciclotrone, anche i più scettici si arresero
all’evidenza: sì, Pauli emana energie negative.
E
lui cosa ne pensava? Era il primo a credere ai suoi “poteri”.
Raccontava di percepire le sventure in anticipo avvertendo una
spiacevole tensione che si risolveva solo a disastro avvenuto. Questo
fu uno dei motivi per cui fece ricorso a Jung, che studiando il caso
elaborò il concetto di sincronicità. Proverbiale l’episodio del
laboratorio di fisica a Gottinga. Dopo l’inspiegabile esplosione di
un costoso strumento di misura il direttore dell'istituto disse
scherzosamente ai presenti: “Se non sapessi che Pauli è lontano
mille miglia, direi che c’è di mezzo lui”. Solo dopo scoprì che
“Ira di Dio”, come lo avevano ribattezzato, in realtà era in
viaggio in treno, e all’ora precisa dell’esplosione era sceso per
10 minuti nella vicina stazione di Gottinga in attesa della
coincidenza.
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