Sembra
impossibile ma...
Questa
è una storia vera. Contea di Josephine (Oregon), anno 1895; Charles
Fiester, agente del dipartimento di polizia di Salem e la moglie
Nancy hanno alle spalle 30 anni di matrimonio e 10 figli. La donna
però non è felice, più volte i vicini hanno visto i lividi delle
percosse subite dal marito. Che quando lei gli dice che se ne andrà
di casa in un impeto di rabbia la uccide. Il 30 settembre 1895 a
Salem inizia il processo all'ex poliziotto. L'avvocato invoca
l'infermità mentale, chiede una pena contenuta dopo un periodo in
manicomio: per legge un pazzo non può essere giustiziato. Alla
giuria bastano 40 minuti di camera di consiglio per decidere:
colpevole, e condannato a morte per impiccagione. La Corte suprema
però sospende l'esecuzione: gli concede un po' di tempo per
presentare prove che confermino la sua follia.
Il
giorno stesso Fiester cade in uno stato catatonico. Si stende
semplicemente sulla sua branda in carcere e fissa il soffitto. Non si
muove, non parla, non risponde ad alcuno stimolo. Lo esamina
un'equipe di medici. E lo dichiara pazzo. L'esecuzione viene sospesa.
Il tribunale però non si fida: non annulla il verdetto, e neanche lo
manda in un manicomio. Il giudice decide che resterà nel carcere
della Contea di Josephine sotto stretto controllo dello sceriffo e
del suo staff. Che da quel giorno si prende cura di lui: il
vicesceriffo è incaricato di nutrirlo più volte al giorno e di
assisterlo in tutti i suoi bisogni personali. Passano i mesi e i
controlli quotidiani non danno esiti. Fiester resta immobile con lo
sguardo sbarrato.
Il
10 maggio 1897 il figlio William di 26 anni viene arrestato per un
furto e messo in cella con lui. La notte i prigionieri delle celle
vicine sentono bisbigliare: voci di due persone. E riferiscono tutto
al vicesceriffo. Che al mattino porta il figlio in un'altra cella, e
a pranzo mette il piatto sul tavolo di Fiester e dice: “Puoi
mangiarlo da solo o lasciarlo lì e morire di fame, non mi interessa.
Ma da me non avrai mai più niente da mangiare”. Poi se ne va. Al
ritorno trova il piatto vuoto. Si avvicina al detenuto e sussurra:
“Vecchio, hai giocato bene il tuo gioco”. Fiester apre lentamente
gli occhi e risponde lento: “Sì, ma è stato difficile". Sono
passati 515 giorni da quando li aveva chiusi. Il 21 aprile 1898 il
tribunale fissa l'impiccagione per il 10 giugno all'alba. La mattina
dell'esecuzione lo sceriffo trova Fiester moribondo: occhi serrati,
respiro flebile, pare in punto di morte. Ancora un rinvio, ma solo di
poche ore: per 18 lunghi mesi ha imbrogliato tutti fingendosi
catatonico, meglio non rischiare. Alle 13 lo portano sul patibolo, e
per la prima volta un uomo viene impiccato mentre è privo di sensi.
Ammesso che lo fosse davvero.
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