Sembra
impossibile ma…
Questa
è una storia vera. Il protagonista è Victor Lustig, anche se questo
non è che uno dei tanti pseudonimi con i quali si è fatto
conoscere. La sua vera identità è un mistero. Nato in Boemia nel
1890, racconta di essere figlio di un borgomastro, ma da alcuni
scritti pare che i genitori fossero contadini poverissimi e che fin
da bambino sia stato costretto ad arrangiarsi per sopravvivere. E
Lustig si arrangia benino: per 20 anni sarà un protagonista del
jet-set internazionale, elegante e ricercato. Soprattutto dalla
polizia, che lo conosce come il più grande fra gli artisti della
truffa.
Pronto
di spirito, intelligente, apparentemente colto, parla in maniera
fluente inglese, francese, tedesco, italiano e ceco. A 19 anni è a
Parigi, si iscrive all’università ma si afferma come eccezionale
giocatore di carte, di cui conosce ogni trucco, e di biliardo. Una
rissa per motivi di donne gli procura una vistosa cicatrice allo
zigomo. Negli anni prima della grande guerra gira tutta l’Europa, e
mette a segno le prime truffe. Si specializza poi nel raggirare i
passeggeri dei grandi transatlantici che fanno la spola fra Europa e
Africa, presentandosi con accento esotico come conte Victor Lustig.
Nel 1920 sbarca in America e mette a segno un’ingegnosa truffa ai
danni di una banca in Missouri. Arrestato, evade e torna in Europa.
Nel 1925 è a Parigi.
Corre
voce che il governo voglia far demolire la Torre Eiffel, che è in
cattive condizioni. Lustig prende alloggio al prestigioso Hotel de
Crillon, si spaccia per ministro e convoca in gran segreto i 5 più
grossi commercianti di rottami di ferro del Paese. Fra questi sceglie
la sua vittima, e gli assegna l’appalto, chiedendogli anche una
mazzetta. Incassa l’equivalente di un milione di euro odierni, e
scappa a Vienna. Il povero acquirente scopre la truffa solo quando si
presenta al ministero per reclamare la “sua” Torre. Poi, per non
restare implicato in un affare già poco pulito, neanche denuncia la
truffa. Che Lustig ripete pochi mesi dopo. Anche la nuova vendita si
realizza, ma all’ultimo momento qualcosa va storto.
Per
sfuggire all’arresto il truffatore torna in America dove con
diversi pseudonimi mette a segno vari colpi. Fra le vittime del
boemo, anche il famigerato Al Capone. La truffa più clamorosa è
quello della Rumanian Box, un macchinario che consentirebbe di
duplicare banconote da mille dollari producendo denaro autentico.
L’Fbi però gli dà una caccia sempre più serrata, e nel 1935 dopo
varie rocambolesche fughe lo cattura a New York. Dopo una nuova
evasione, ripreso e condannato a 20 anni di carcere, viene spedito ad
Alcatraz. Morirà per una polmonite nel 1947. Sul suo certificato di
morte, non si sa se per errore o per una forma di ironico rispetto,
sotto la voce "professione" c’è scritto "venditore".
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