Sembra impossibile ma…
Quando
l’arte e l’amore si intrecciano sui sentieri tortuosi della vita
possono nascere storie meravigliose. Come è successo a Marina
Abramovic e Frank Uwe Laysiepen detto Ulay. E non importa se poi c’è
il lieto fine o no. Ringrazio Valentina per la segnalazione.
Marina
Abramović, “the Grand Mother of performance art”, artista fra le
più famose al mondo, nasce a Belgrado nel 1946 e fin dagli anni
sessanta si fa conoscere per le sue performance estreme, alla ricerca
dei confini di emozioni e sentimenti umani, dove mette spesso a
rischio la sua incolumità. Nel 1976 lascia la Jugoslavia e va ad
Amsterdam, dove conosce Ulay, artista tedesco. La prima volta che lo
vede, lui ha la barba e i capelli lunghi, ma solo da un lato: l’altro
è rasato a zero. Se ne invaghisce subito, e nasce un grande amore. E
un sodalizio umano ed artistico che andrà avanti per 12 anni. Si
fanno chiamare “The Other”, ed esplorano in coppia i limiti del
corpo e della mente. Di performance in performance, girano il mondo
dormendo su un furgone. Poi, è il 1988, il rapporto scricchiola,
anche perché lei sacrifica all’arte la maternità, e abortisce tre
volte, mentre lui i figli li vorrebbe.
Decidono
di lasciarsi, ma con un’ultima performance: “The Lovers”. Dopo
8 mesi di preparativi, seguiti dalla BBC che gira un film, partono a
piedi lui dal deserto di Gobi, lei dal Mar Giallo, ai due estremi
della Grande Muraglia, e trascorsi altri 3 mesi si incontrano a metà
strada dopo una camminata di 2500 chilometri. Nel frattempo Ulay si è
innamorato della traduttrice, e l’ha messa incinta. «Che cosa devo
fare adesso?» chiede lui a Marina al momento dell’incontro. «Non
lo so – risponde lei - ma io me ne vado». Si lasciano così. Negli
anni successivi il nome Abramovic diventa famoso, nel 1997 arriverà
il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia, poi i soldi, il successo
planetario.
I
due non si vedranno più. Per 22 anni. Nel maggio del 2010 Marina è
al Moma di New York con la sua “The Artist is Present“: seduta a
un tavolo attende ad occhi chiusi, un visitatore le si siede davanti,
lei apre gli occhi e per due minuti i due si osservano in silenzio.
Sette ore al giorno, per due settimane. A un certo punto, in maniera
del tutto inattesa, lei apre gli occhi e si trova di fronte Ulay. 22
anni dopo. Qui le parole non bastano: non perdetevi, mi raccomando,
alla fine della storia il filmato che fissa il momento incantato dell’incontro.
Amanti
del lieto fine? Fermatevi qui. Altrimenti andate avanti fino in
fondo, ma poi non dite che non vi avevo avvisato. Cosa accade dopo? I
giornali raccontano di nuove liti fra i due artisti, concluse in
tribunale ad Amsterdam. Motivo? Soldi. Col giudice che condanna
Marina a versare ad Ulay 250mila euro per la violazione di accordi
firmati in passato. Nel frattempo a lui viene diagnosticato un
cancro. Dopo una serie di trattamenti chemioterapici, parte con una
troupe per visitare i luoghi più importanti della sua vita e
incontrare compagni e amici per un ultimo saluto. Da fine 2011 la
telecamera lo segue per un anno intero, la malattia si trasforma nel suo
più grande progetto artistico, che diventa un documentario, Project
Cancer, del 2013. Marina nel frattempo prosegue il suo percorso e
diventa un'icona assoluta dell'arte contemporanea. Ulay muore a Lubiana
il 2 marzo 2020 all'età di 76 anni. Sono passati 10 anni da quel
magico incontro di anime, che nel frattempo è entrato nella storia.
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