Sembra
impossibile ma...
Questa
è una storia vera. A Villa Ukika, un paesino vicino a Puerto
Williams sull'isla Navarino, nella Terra del Fuoco cilena, c'è una
casetta bianca dove vive Cristina Calderon. Cristina ha 93 anni, e
tutti la chiamano l’abuela (la nonna), la potete trovare che vende
piccoli oggetti di artigianato che realizza lei stessa, depositaria
di un'arte antica che quando lei sarà morta non esisterà più, come
i 6.000 anni di storia che si porta nella mente e nel sangue. Perché
Cristina è l'ultima degli Yàmana, dopo la morte della sorella
Ursula nel 2005: l'ultima discendente purosangue della tribù più
antica della Terra del Fuoco. L'abuela ha 10 figli e 19 nipoti, e con
una di queste, Cristina Zàrraga, sta scrivendo un dizionario con le
parole del suo popolo, parole che dopo di lei nessuno parlerà più.
Gli
Yámana (il nome significa "gente") sono detti anche
Yaghan. L'origine è incerta, si sa che occuparono i canali della
Terra del Fuoco 6.000 anni fa, insediandosi in fitte foreste di faggi
australi, ma sempre vicinissimi alla costa. Audaci scalatori e buoni
marinai, si nutrivano perlopiù di pesci e molluschi. Per loro le
cose si misero male alla fine del XVIII secolo quando europei e
nordamericani iniziarono a cacciare mammiferi marini e otarie, tanto
da causarne in breve quasi l'estinzione, con conseguenze disastrose
per gli Yámana. Anche le specie animali estranee introdotte dai
coloni, come conigli e castori, alterarono l'ecosistema e fecero
gravi danni.
Charles Darwin incontrò gli Yamana col suo Beagle nel 1832, e li descrisse come esseri inferiori, selvaggi, sudici, con un linguaggio non articolato, senza abiti né vere case: “Credo che se si frugasse tutto il mondo – scrisse - non si troverebbe un più basso grado di umanità”. Parole smentite dall'esperimento antropologico fatto dal capitano della nave, che portò 3 giovani Yàmana in Inghilterra, dove mostrarono sorprendenti capacità di adattamento e di apprendimento prima di esser riportati due anni dopo nelle loro terre di origine e riprendere la loro esistenza precedente.
Charles Darwin incontrò gli Yamana col suo Beagle nel 1832, e li descrisse come esseri inferiori, selvaggi, sudici, con un linguaggio non articolato, senza abiti né vere case: “Credo che se si frugasse tutto il mondo – scrisse - non si troverebbe un più basso grado di umanità”. Parole smentite dall'esperimento antropologico fatto dal capitano della nave, che portò 3 giovani Yàmana in Inghilterra, dove mostrarono sorprendenti capacità di adattamento e di apprendimento prima di esser riportati due anni dopo nelle loro terre di origine e riprendere la loro esistenza precedente.
I
primi missionari non furono bene accolti, tanto da decidere di
tornare a casa; rimase solo uno di loro, giovanissimo: Thomas
Bridges. Fu lui a raccogliere le parole della lingua yàmana: il
vocabolario da lui curato conta ben 32.000 voci. Uno dei suoi 6
figli, Lucas Bridges, ha scritto poi il più importante trattato su
questo popolo, "Ultimo confine del mondo". Intanto la
popolazione calava:
all'arrivo
di Darwin gli Yàmana erano 3.000, poi le epidemie li sterminarono.
Nel 1884 erano 1.000, ma in quell'anno calarono a 400, per
un'epidemia di morbillo. Nel 1908 erano rimasti 170, scesi a 43 nel
1932. Oggi resta solo Cristina Calderón, l'ultima Yàmana.
Un'ultima
nota per sottolineare la ricchezza della lingua Yàmana: la parola
“Mamihlapinatapai” compare sul Guinness dei primati. E'
considerata la più difficile da tradurre sinteticamente. Significa
“uno sguardo tra due persone che desiderano che l’altro inizi
qualcosa che entrambi vogliono, ma che nessuno dei due ha il coraggio
di iniziare”. Nel link, un bell''articolo del Fatto Quotidiano che
racconta l'incontro dell'autore Cristiano Denanni con Cristina
Calderon.
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