Sembra
impossibile ma…
L’allucinante
tragedia della follia raccontata in “M – Il mostro di
Dusseldorf”, capolavoro del cinema girato nel 1931 da Fritz Lang, è
basata non su una ma su due storie vere, ancora più sconvolgenti.
Peter Lorre (nella parte bassa della foto) interpreta il mostro,
personaggio che si ispira agli efferati crimini di Fritz Haarmann ,
il “macellaio di Hannover” e di Peter Kurten, il “vampiro di
Dusseldorf” (nella parte alta della foto). Nel film una città
tedesca è sconvolta da un maniaco che ha adescato e ucciso 8
bambine. Nella realtà…
Fritz
Haarmann nasce ad Hannover nel 1879. Dal 1919 al 1924, uccide con
certezza almeno 24 minorenni, vagabondi o prostituti: li adesca
nell’atrio della stazione, li porta nel proprio appartamento, li
violenta e li uccide mordendoli alla gola. I ragazzini lo seguono
perché lui li minaccia di portarli in questura; il killer infatti è
un regolare informatore della polizia che chiude tutti e due gli
occhi sulle sue tresche di pedofilo. Quando però lo trovano mentre
scarica le ossa nel fiume Leine, sono costretti ad arrestarlo. Lui
confessa e racconta con fredda crudeltà ogni dettaglio dei delitti.
Il processo diventa un evento mediatico, ne parla tutta la Germania.
Si sparge anche la voce che l’assassino vendesse la carne delle sue
vittime al mercato nero spacciandola per maiale. Condannato a 24 pene
di morte, Haarmann sarà decapitato il 15 aprile 1925.
Peter
Kürten nasce a Mülheim nel 1883. Uccide con forbici o coltelli
almeno 30 fra uomini, donne e bambini. La prima vittima è un
ragazzino: Kürten finge di annegare, l’altro cerca di salvarlo e
lui lo affoga. Ha 9 anni. La sua infanzia è un inferno. L’unico
amico è un accalappiacani che gli insegna a torturare e ad avere
rapporti sessuali con gli animali. In età adulta uccide le sue
vittime di ogni età dopo averle stuprate, gli taglia la gola e ne
beve il sangue. Fra il 1929 e il 1930 gli omicidi sono più di 30.
Quando si accorge che la polizia è sulle sue tracce, organizza egli
stesso la cattura: si fa denunciare dalla moglie (già, è anche
sposato) per farle incassare i soldi della taglia. I giudici lo
condannano alla decapitazione. La sentenza viene eseguita il 2 luglio
1931. L’ultima domanda la rivolge al boia: «Una volta tagliata la
testa, sarò ancora in grado di sentire il suono del mio sangue
uscire dal ceppo del collo? Sarebbe il piacere di tutti i piaceri».
Un’ultima nota: se il racconto vi è sembrato un po’ splatter,
una breve ricerca sul web vi confermerà che vi ho risparmiato almeno
il 90% di abominevoli dettagli e terribili misfatti fra quelli
compiuti dai due mostri che ispirarono Fritz Lang.
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