Sembra
impossibile ma...
Questa
è una storia vera. Tristissima ma vera. Ringrazio Francesco Bruni
per la segnalazione.
La
protagonista si chiama Lucia, e nasce a Trieste nel 1907. Dimostra
fin da piccola talento artistico, è brava a scrivere, a disegnare e
soprattutto a ballare; così studia danza prima al Dalcroze Institute
di Parigi, dove nel frattempo si è trasferita con la famiglia, poi
vicino a Salisburgo con uno dei coreografi più in vista dell'epoca,
Raymond Duncan, fratello di Isadora, una sorta di guru del balletto
con tanto di sandali, tunica e capelli fluenti. Tutti i suoi
insegnanti concordano sul fatto che la ragazza è destinata a un
grande futuro sul palcoscenico. A fine anni Venti è protagonista di
uno dei più importanti Festival internazionali di danza al Bal
Bullier di Parigi; le assegnano il secondo premio, ma tutto il
pubblico la acclama e fischia la vincitrice. La foto sopra ferma
quell'importante momento, nel quale Lucia si esibisce sotto gli occhi
di due persone fondamentali nella sua vita: il padre e l'uomo di cui
è innamorata. Nei mesi successivi va in scena in Francia, Austria e
Germania in un gruppo di 6 ballerine, sempre con grande successo.
Poi
nel 1929 la sua vita cambia. A 22 anni all'improvviso decide di
lasciare la danza, dice di "non essere fisicamente abbastanza
forte per
essere una ballerina di qualsiasi tipo", rifiuta l'offerta di
un'importante compagnia e annuncia che diventerà un'insegnante.
Dietro la difficile scelta però sembra esserci il padre, con cui ha
da sempre un rapporto intenso, un legame fortissimo. “È la persona
più intelligente che conosca” dice di lei; ma è lui che teme che
il durissimo allenamento che le richiede il balletto le causi uno
stress eccessivo; e che sia la causa del rapporto conflittuale che ha
con la madre Nora, da sempre contraria allo studio del ballo e anche
gelosa della complicità che lega padre e figlia. In effetti Lucia ha
già dato qualche segno di squilibrio e la sua salute mentale inizia
a destare preoccupazione. Le cose peggiorano poi a causa di una
delusione d'amore: la ragazza infatti è innamorata di Samuel, un
giovane assistente del padre che frequenta la sua casa da qualche
tempo. Per un breve periodo i due diventano amanti, ma lui ha già
un'altra donna; e poi si rende conto del forte legame fra Lucia e il
padre, e teme di perdere la sua stima e il posto di lavoro. Messo
alle strette, per quanto anche lui attratto, la respinge con
decisione.
La
situazione precipita nel 1932, il giorno del compleanno del padre;
dopo l'ennesima lite con la madre, Lucia le scaglia una sedia e per
la prima volta viene fatta ricoverare. Nei 3 anni successivi sarà
sottoposta a infiniti controlli e a terapie di ogni tipo, il padre
spende una fortuna per conoscere i motivi del male oscuro della
figlia, si rivolge anche a Carl Gustav Jung che la prende in cura ma
non riesce a formulare una diagnosi certa. Quando rileva da alcune
poesie “elementi schizoidi” il padre si oppone, “quei versi –
dice – sono arte”. Alla fine Jung si arrende, un fallimento che
lo porterà a distruggere le cartelle cliniche. Intanto le condizioni
della ragazza peggiorano, e nel 1935, a 28 anni, viene internata in
un sanatorio a Parigi. Il padre è l’unico che va a trovarla;
quando muore nel 1941, nessuno la informa e lei legge la notizia su
un giornale. In seguito viene trasferita nel manicomio di
Northampton, dove i parenti non si faranno mai vedere. Nel 1982, a 75
anni, muore per un ictus.
Una
storia triste quella di Lucia. Triste e poco nota, perché la
famiglia ha distrutto tutti i documenti che la riguardano. E ancora
più tragica se si pensa che lei si chiamava Lucia Joyce, il padre
James Joyce e l'uomo di cui era innamorata Samuel Beckett. E che
l'autore di “Aspettando Godot” per tutta la vita ha conservato
nel portafogli una foto: quella di Lucia che danza al Bal Bullier di
Parigi.
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