Sembra
impossibile ma...
Questa
è una storia vera. L'ha pubblicata “The Guardian” in questi
giorni; ringrazio l'amico Gei Gi per la segnalazione. Nel bestseller
di William Golding “Il signore delle mosche” un gruppo di
adolescenti sopravvive su un'isola deserta; nel tempo le peggiori
pulsioni e gli istinti primordiali prendono il sopravvento
trasformando i ragazzi in selvaggi; la vita sull'isola diventa un
inferno e l'avventura si trasforma in tragedia. Di recente però
Rutger Bregman, scrittore e storico olandese, ha scoperto una storia
che all'inizio ha molte analogie col romanzo, ma il risultato è
assai diverso: un segnale di speranza rispetto al cupo “homo homini
lupus” di Golding.
Giugno
1965, Sione, Stephen, Kolo, David, Luke e Mano, 6 studenti di
un collegio di Nuku'alofa, capitale di Tonga, di età compresa fra i
13 e i 16 anni "prendono in prestito" la barca a vela di un
pescatore col
quale hanno rapporti non proprio idilliaci; è poco più di un
dispetto, e l'intenzione è quella di veleggiare qualche giorno in
cerca di libertà. Con loro hanno due sacchi di banane e qualche noce
di cocco, niente mappe né bussola. Il tempo è buono, ma durante la
notte scoppia una tempesta che distrugge vele e timone. La barca va
alla deriva per 8 giorni, senza cibo e con pochissima acqua piovana
raccolta in gusci di noce di cocco. Il nono giorno quando sono allo
stremo delle forze, il miracolo: una piccola isola all'orizzonte. E'
Ata, uno scoglio roccioso disabitato da quando nel 1863 i mercanti di
schiavi sbarcarono e portarono via tutti i nativi.
Quindici
mesi dopo, l'11 settembre 1966, il comandante Peter Warner incrocia
con la sua nave davanti a Ata. Scrutando la costa col binocolo vede
un ragazzo nudo, coi capelli fino alle spalle, che balza dalla
scogliera e si getta in acqua, seguito poi da altri ragazzi. "Mi
chiamo Stephen – dice in inglese perfetto il primo, appena a bordo
- siamo in 6 e riteniamo di essere qui da 15 mesi". Warner
chiama il porto più vicino. L'operatore ascolta il messaggio. E
inizia a piangere: “Li hai trovati, pensavamo fossero morti; ci
sono stati anche i funerali. E' un miracolo”. Segue il racconto dei
ragazzi.
“All'inizio
è stata durissima, mangiavamo pesci, noci di cocco, uova di uccelli
marini. Poi sulla vetta dell'isola abbiamo scoperto l'antico cratere
vulcanico dove la gente viveva fino a 100 anni fa. E lì abbiamo
trovato alberi di banane, e tante galline che per 100 anni avevano
continuato a riprodursi. Insieme abbiamo concordato fin dai primi
giorni delle regole: non litigare mai tra di noi, lavorare in coppia
per assicurarci che le attività quotidiane fossero completate,
mantenere sempre il fuoco acceso. Abbiamo scavato cavità per
raccogliere l'acqua piovana, allestito un pollaio, un orto, un campo
da badminton e una palestra. Quando Stephen si è rotto la gamba
cadendo dalla scogliera, l'abbiamo curato bloccandola con bastoni e
foglie. Abbiamo anche costruito una zattera, ma è naufragata”.
Poi,
una domenica mattina, quella nave all'orizzonte. A Nuku'alofa i
medici li trovano in buona salute e in forma fisica. Ma la polizia li
arresta per il furto della barca. A farli liberare ci pensa il
comandante Warner: risarcisce il pescatore e paga la cauzione. A
festeggiare il ritorno in famiglia c'è tutta l'isola. Warner è
proclamato eroe nazionale e premiato dal re col permesso perenne di
pesca dell'aragosta a Tonga. E lui allestisce una nuova nave. E
indovinate chi assume come equipaggio? Sì, loro, i 6 ragazzi.
Mezzo
secolo dopo Rutger Bregman scopre la storia e rintraccia a Tullera,
un paesino australiano, prima Mano Totau, uno dei 6, che oggi ha 70
anni, poi il comandante Peter Warner, che di anni ne ha 86. Warner
gli mostra il manoscritto con le sue memorie. Che inizia così: "La
vita mi ha insegnato molto, e la prima lezione è di cercare sempre
ciò che di buono e di positivo c'è nelle persone".
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