martedì 19 maggio 2020

509 - I RAGAZZI CHE UCCISERO IL SIGNORE DELLE MOSCHE




Sembra impossibile ma...
Questa è una storia vera. L'ha pubblicata “The Guardian” in questi giorni; ringrazio l'amico Gei Gi per la segnalazione. Nel bestseller di William Golding “Il signore delle mosche” un gruppo di adolescenti sopravvive su un'isola deserta; nel tempo le peggiori pulsioni e gli istinti primordiali prendono il sopravvento trasformando i ragazzi in selvaggi; la vita sull'isola diventa un inferno e l'avventura si trasforma in tragedia. Di recente però Rutger Bregman, scrittore e storico olandese, ha scoperto una storia che all'inizio ha molte analogie col romanzo, ma il risultato è assai diverso: un segnale di speranza rispetto al cupo “homo homini lupus” di Golding.

Giugno 1965, Sione, Stephen, Kolo, David, Luke e Mano, 6 studenti di un collegio di Nuku'alofa, capitale di Tonga, di età compresa fra i 13 e i 16 anni "prendono in prestito" la barca a vela di un pescatore col quale hanno rapporti non proprio idilliaci; è poco più di un dispetto, e l'intenzione è quella di veleggiare qualche giorno in cerca di libertà. Con loro hanno due sacchi di banane e qualche noce di cocco, niente mappe né bussola. Il tempo è buono, ma durante la notte scoppia una tempesta che distrugge vele e timone. La barca va alla deriva per 8 giorni, senza cibo e con pochissima acqua piovana raccolta in gusci di noce di cocco. Il nono giorno quando sono allo stremo delle forze, il miracolo: una piccola isola all'orizzonte. E' Ata, uno scoglio roccioso disabitato da quando nel 1863 i mercanti di schiavi sbarcarono e portarono via tutti i nativi.

Quindici mesi dopo, l'11 settembre 1966, il comandante Peter Warner incrocia con la sua nave davanti a Ata. Scrutando la costa col binocolo vede un ragazzo nudo, coi capelli fino alle spalle, che balza dalla scogliera e si getta in acqua, seguito poi da altri ragazzi. "Mi chiamo Stephen – dice in inglese perfetto il primo, appena a bordo - siamo in 6 e riteniamo di essere qui da 15 mesi". Warner chiama il porto più vicino. L'operatore ascolta il messaggio. E inizia a piangere: “Li hai trovati, pensavamo fossero morti; ci sono stati anche i funerali. E' un miracolo”. Segue il racconto dei ragazzi.

All'inizio è stata durissima, mangiavamo pesci, noci di cocco, uova di uccelli marini. Poi sulla vetta dell'isola abbiamo scoperto l'antico cratere vulcanico dove la gente viveva fino a 100 anni fa. E lì abbiamo trovato alberi di banane, e tante galline che per 100 anni avevano continuato a riprodursi. Insieme abbiamo concordato fin dai primi giorni delle regole: non litigare mai tra di noi, lavorare in coppia per assicurarci che le attività quotidiane fossero completate, mantenere sempre il fuoco acceso. Abbiamo scavato cavità per raccogliere l'acqua piovana, allestito un pollaio, un orto, un campo da badminton e una palestra. Quando Stephen si è rotto la gamba cadendo dalla scogliera, l'abbiamo curato bloccandola con bastoni e foglie. Abbiamo anche costruito una zattera, ma è naufragata”.

Poi, una domenica mattina, quella nave all'orizzonte. A Nuku'alofa i medici li trovano in buona salute e in forma fisica. Ma la polizia li arresta per il furto della barca. A farli liberare ci pensa il comandante Warner: risarcisce il pescatore e paga la cauzione. A festeggiare il ritorno in famiglia c'è tutta l'isola. Warner è proclamato eroe nazionale e premiato dal re col permesso perenne di pesca dell'aragosta a Tonga. E lui allestisce una nuova nave. E indovinate chi assume come equipaggio? Sì, loro, i 6 ragazzi.

Mezzo secolo dopo Rutger Bregman scopre la storia e rintraccia a Tullera, un paesino australiano, prima Mano Totau, uno dei 6, che oggi ha 70 anni, poi il comandante Peter Warner, che di anni ne ha 86. Warner gli mostra il manoscritto con le sue memorie. Che inizia così: "La vita mi ha insegnato molto, e la prima lezione è di cercare sempre ciò che di buono e di positivo c'è nelle persone".

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