Sembra
impossibile ma…
Questa
è una storia vera. La storia di un uomo che per tutta la vita si è
reputato il più grande poeta del mondo, ed è ricordato come il
peggiore di tutti i tempi. William McGonagall nasce a Edimburgo nel
1825 da genitori irlandesi, si trasferisce a Dundee e lavora come
tessitore con buoni profitti fino al 1870, anno in cui si appassiona
alla recitazione: famoso l’aneddoto in cui, protagonista di un
Macbeth shakesperiano, al termine rifiuta di morire per non essere
oscurato dall’attore che interpreta MacDuff.
Nel
1877, a 52 anni, viene folgorato dalla musa della poesia, “Una
fiamma che sembrò accendersi intorno a me”. Il suo primo poema è
"An address to the reverend George Gilfillan”. Il reverendo
commenta ironicamente "Shakespeare non ha mai scritto niente del
genere", McGonagall non coglie l’ironia e punta subito in
alto: la regina Vittoria. Recitare i suoi versi davanti a lei diventa
una fissazione. Le invia un poema, che viene rifiutato con una
lettera di cortese ringraziamento. Lui la prende come una lode, una
conferma delle sue eccelse doti poetiche. Nel 1878 fa 100 chilometri
a piedi sui monti sotto il temporale per esibirsi a Balmoral davanti
alla sovrana. Si annuncia come “Il poeta della regina” e le
guardie lo cacciano malamente.
Nel 1880 porta le sue poesie a Londra e a New York, senza successo, poi cade in miseria. Si guadagna da vivere vendendo i suoi componimenti nelle strade. Finisce in un circo dove recita le sue poesie mentre il pubblico lo bersaglia con uova, aringhe e verdure. Nel 1895 torna a Edimburgo, e diventa una figura tipica: l’alta borghesia lo invita alle feste, dove tutti si fingono ammirati per le sue liriche. Muore nel 1902, poverissimo. Lascia 200 poemi. Fino alla fine, incurante dell’opinione generale, continua a reputarsi un genio: il più grande poeta di tutti i tempi. Oggi è un personaggio di culto, gli sono stati dedicati un film e diversi libri ed è ritenuto un anticipatore della poesia-performance.
Nel 1880 porta le sue poesie a Londra e a New York, senza successo, poi cade in miseria. Si guadagna da vivere vendendo i suoi componimenti nelle strade. Finisce in un circo dove recita le sue poesie mentre il pubblico lo bersaglia con uova, aringhe e verdure. Nel 1895 torna a Edimburgo, e diventa una figura tipica: l’alta borghesia lo invita alle feste, dove tutti si fingono ammirati per le sue liriche. Muore nel 1902, poverissimo. Lascia 200 poemi. Fino alla fine, incurante dell’opinione generale, continua a reputarsi un genio: il più grande poeta di tutti i tempi. Oggi è un personaggio di culto, gli sono stati dedicati un film e diversi libri ed è ritenuto un anticipatore della poesia-performance.
Il
suo poema più noto, “Il Disastro del Ponte Tayr”, dedicata a uno
storico disastro ferroviario, compare sulle antologie inglesi, dove è
ricordato come il più indecente componimento dell’intera
letteratura britannica. Ecco l’incipit: «Beautiful Railway Bridge
of the Silv’ry Tay! - alas! I am very sorry to say - that ninety
lives have been taken away - on the last Sabbath day of 1879 - which
will be remember’d for a very long time». («Bel ponte ferroviario
sul Tay d'argento - ahimè! Di riferire sono spiacente - che sono
state stroncate 90 esistenze - nell'ultimo giorno di sabato del 1879
- che sarà ricordato per lunghissimo tempo»).
Guarda i video con un film comico del 1974 sul poeta scozzese con Peter Sellers che interpreta la regina Vittoria, e ascolta "The Tay bridge disaster" recitato da Roy Macreadye
Guarda i video con un film comico del 1974 sul poeta scozzese con Peter Sellers che interpreta la regina Vittoria, e ascolta "The Tay bridge disaster" recitato da Roy Macreadye
A modo suo ha lasciato il segno nella storia della poesia. Molti critici, dopo di lui, hanno lodato versi forse peggiori di quei pochi e banali che ho letto di lui.
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