Un silenzio interrotto, una frase che spazza via la sacralità dell’oratore, un giovane sconosciuto che vince con il dubbio: la fantastica storia di Lev Davidovich Landau comincia così.
Comincia con un aneddoto che contiene due messaggi importanti: la grandezza inizia dove l’umiltà sa riconoscere un errore. E il sapere avanza solo quando si osa dubitare.
Estate 1930, nel caldo torrido dellla sala della Società Fisica Tedesca a Lipsia Albert Einstein, icona mondiale, avanza tra lavagne e equazioni con la grazia di un giocoliere del pensiero. Il pubblico, rapito, applaude in un silenzio sacro. Nessuno osa interromperlo.
Da un angolo buio giunge una voce giovane, timida ma ferma. Il volto è scavato, i capelli scarruffati, l’accento tedesco un po’ inciampato. Il ragazzo – appena 22 anni – contesta la derivazione dell’ultima equazione: “Servono ulteriori assunti e manca invariance…”. Un colpo nel tranquillo mare delle certezze.
Uno shock che gela la sala. Einstein, ancora con il gesso in mano, si volta, osserva la lavagna. Silenzio. Poi, lentamente, rilegge le formule. Fa una pausa lunga, gravata dall’attenzione di tutti. Infine, con gentilezza: “Lei ha perfettamente ragione. Dimentichiamo quanto detto finora”. Il genio universale si inchina all'intuizione dello sconosciuto studentello, consapevole che la scienza vive di dubbi almeno quanto di certezze.
L'intervento per Landau è il primo passo verso la leggenda. Cresciuto a Baku, studente prodigio, da Leningrado nel 1929 approda a Göttingen, Lipsia, Zurigo e Copenaghen, dove incontra Bohr, Heisenberg, Dirac. Le sue capacità intellettive non passano inosservate, così come la sua personalità affilata.
Ma è quel giorno a Lipsia che la sua giovinezza e intelligenza riescono a cogliere l’attenzione di Einstein, sancire l’impulso della curiosità e inaugurare una carriera luminosa. Landau diventa uno dei padri della fisica teorica per i suoi studi su teorica quantistica, fisica dello stato solido, neutron stars e struttura dei corpi compatti. E nel 1962 arriva il Premio Nobel per la Fisica “Per le sue teorie pionieristiche sulla materia condensata, in particolare l'elio liquido”.
Ma Landau fa parlare di se anche per il suo umorismo acuto e per il carattere anticonformista: detesta i vanitosi e i superficiali, ama il sarcasmo tagliente e non le manda a dire a nessuno, neanche ai potenti. Quando un burocrate sovietico cerca di imporgli una posizione più “utile allo Stato”, Landau taglia corto: “La fisica non si scrive su commissione. Neppure Stalin può cambiare le leggi della natura”.
Il 7 gennaio 1962, pochi mesi prima della cerimonia di consegna del Nobel, viene investito da un camion nei pressi di Mosca. Rimane due mesi in coma, con gravi danni neurologici. Non si riprenderà mai del tutto, non riuscìrà più a lavorare con la lucidità di prima e non parteciperà più attivamente alla ricerca. L'incidente fra l'altro non gli consentirà di ritirare il Nobel di persona.
Resta memorabile l'aneddoto raccontato dallo psicologo Alexander Luria durante la convalescenza di Landau: Luria gli chiede di disegnare un cerchio: lui traccia una croce. Quando gli chiede di fare una croce, lui disegna un cerchio. Di fronte allo sguardo perplesso dello psicologo che gli chiede spiegazioni, Landau risponde mostrando di non aver perso la sua consueta ironia “Se facessi quello che mi chiede, lei potrebbe pensare che sono diventato mentalmente ritardato”.
Landau muore a Mosca il primo aprile 1968, all'età di 60 anni, per complicazioni derivanti dalle conseguenze dell'incidente. Fino alla fine è assistito da colleghi e amici, ma la sua straordinaria mente si era in buona parte spenta quel giorno d’inverno del 1962.
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