martedì 5 agosto 2025

799 - TIERGARTENSTRAẞE 4, LA PALAZZINA DELLA MORTE

 

L'indirizzo è Berlino Tiergartenstraße 4. Un vecchio edificio in una via residenziale percorsa da studenti e ciclisti. In quella villetta si amministrava la morte con carta intestata e calcoli da ragioniere.

Non un campo di concentramento, non un lager. Solo una palazzina come tante con uffici, telefoni, segretarie. In quelle stanze si consumò una delle pagine più oscure del Novecento: il Programma T4.

Autunno del 1939, la guerra è appena cominciata. Ma per molti berlinesi la morte è già in cammino, e senza l'uso di armi. Basta una diagnosi: schizofrenia, epilessia, malformazioni congenite. Basta essere anziani, disabili, apatici, improduttivi. Non servono colpe, solo un corpo imperfetto.

E' in quei giorni che Adolf Hitler firma un decreto per affidare a due collaboratori, il medico Karl Brandt e il burocrate Philipp Bouhler, il compito di “purificare” la razza. La chiamano eutanasia, ma non ha nulla di pietoso. E' un eccidio, due anni prima del primo campo di sterminio.

Gli ospedali psichiatrici cominciano a svuotarsi. Si caricano le persone su autobus dalle finestre oscurate, con l’aria di chi va in gita. Destinazione: centri speciali come Hadamar, Grafeneck, Hartheim.

Lì, medici col camice bianco li accolgono con cortesia, li mettono in fila, li chiudono in stanze camuffate da docce. Il gas letale — monossido di carbonio puro — fa il resto. Poi si spedisce una lettera ai familiari: morte naturale, complicazioni respiratorie, o magari “una forma acuta di appendicite”. Nessuno deve sapere.

Ma qualcuno sa. E qualcuno parla. Nell’agosto del 1941, il vescovo cattolico Clemens von Galen, da Münster, sale sul pulpito e pronuncia un'omelia durissima davanti a centinaia di fedeli. Quattro settimane prima una lettera pastorale diffusa nelle chiese tedesche aveva condannato il programma.

Il sermone viene diffuso clandestinamente, copiato, letto in tutte le chiese. E ha un enorme impatto sull’opinione pubblica, persino tra alcuni membri del partito nazista. La risposta non si fa attendere: in pochissimi giorni in tutta la Germania la Gestapo espropria oltre 300 monasteri, conventi e case religiose. Gli ecclesiastici sono espulsi, a volte arrestati, e le proprietà riconvertite a usi militari o ospedalieri.

Le confische sono giustificate con accuse pretestuose: "attività sovversive", "comportamenti immorali","traffici illegali". L’obiettivo è chiaro: intimidire la Chiesa. E' un braccio di ferro, ma alla fine, apparentemente, i nazisti fanno un passo indietro. Il 24 agosto Hitler sospende ufficialmente il programma. Ma non è la fine. Solo un cambio di metodo.

Le uccisioni continuano, più discrete, più nascoste. Si uccide con fame, freddo, overdose di farmaci. I medici che hanno imparato l’arte della morte silenziosa verranno poi trasferiti nei campi di sterminio: Sobibór, Belzec, Treblinka. L’esperienza accumulata su bambini epilettici e anziani dementi diventerà procedura industriale contro milioni di ebrei.

In totale, si stima che il programma T4 abbia causato la morte di oltre 250.000 persone. Ma non è solo la cifra a pesare. È la logica. L’idea che la vita possa essere pesata, valutata, approvata o scartata in base all’utilità, come si racconta facessero gli spartani duemila anni prima.

Oggi nella strada berlinese c’è una targa con qualche riga di testo e le foto in bianco e nero di uomini cancellati. Alcuni sorridono, altri guardano lontano. Nessuno sa cosa li attende. Nessuno può immaginare che una diagnosi sia una condanna a morte. Accadeva lì, poco più di 80 anni fa, in quella palazzina elegante di Tiergartenstraße 4.



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