Roustam e Andrea sono entrati nella Storia dalla porta di servizio, senza mai comandare un esercito, firmare un trattato o pronunciare un discorso.
Il primo viene dal Caucaso, l’altro dal Sud America. Entrambi hanno la pelle scura e lo sguardo vigile. Ed entrambi, arrivati in Europa per strade diversissime, si sono trovati a camminare al fianco di chi stava cambiando il mondo.
Roustam Raza nasce a Tbilisi, ma la sua infanzia è spezzata da un rapimento. Venduto in Egitto, diventa Mamelucco di uno sceicco locale, poi dono d'onore per un generale francese che sta conquistando l’Oriente e l’Occidente con la stessa determinazione: Napoleone Bonaparte.
Roustam lo segue ovunque, vestito da esotico cavaliere, silenzioso e sempre presente. Dorme davanti alla sua porta, lo aiuta a vestirsi, lo accompagna in battaglia e in cerimonia, complice e testimone delle sue giornate. Per i parigini è un’icona esotica: con quegli abiti orientali, il turbante e lo sguardo impenetrabile, sembra uscito da una stampa antica.
L’imperatore gli si affeziona, e quando Roustam si innamora di una ragazza francese – Alexandrine, figlia del valletto di Giuseppina – Napoleone benedice l'unione superando i problemi religiosi e mette anche mano al portafoglio imperiale.
Quando l'impero cade, Roustam ha un unico momento di debolezza: nel 1814 Napoleone nel castello di Fontainebleau decide di suicidarsi. Gli chiede le pistole, ma lui si spaventa e scappa a Parigi per raggiungere la moglie. Un abbandono che l'imperatore non gli perdonerà. Neppure quando, fuggito dall'Elba un anno dopo, Roustam lo implorerà di riprenderlo con lui.
Ma 25 anni dopo, nel 1840, il giorno che le ceneri dell’imperatore rientrano a Parigi in un tripudio di memorie e rimpianti, un uomo in abito da Mamelucco si fa largo tra la folla oceanica per far sapere a tutti che lui è ancora lì, al fianco del suo imperatore.
Andrea Aguyar, invece, arriva da Montevideo in Uruguay dove è nato intorno al 1826; di probabili origini africane, conosce Giuseppe Garibaldi durante le campagne militari della Legione Italiana in Uruguay.
Quando il futuro eroe dei due mondi torna in Italia per partecipare alle guerre risorgimentali, Aguyar lo segue, diventando il suo aiutante personale, oltre che un combattente nelle file dei volontari garibaldini.
Il “moro di Garibaldi” è giovane, alto, dotato di grande forza fisica (“un Ercole di colore ebano”), e per il condottiero nizzardo diventa in breve lo scudiero, il compagno fidato e silenzioso. Con lui combatte e si distingue per potenza e abilità (in battaglia prende al lazo e strangola tre francesi), e al suo fianco muore per la libertà di un Paese che non è il suo.
Aguyar viene ucciso durante la difesa della Repubblica Romana del 1849 nella battaglia contro i francesi a Villa Doria Pamphili, colpito alla testa dalla scheggia di una bomba. Garibaldi lo piange come un fratello, e nelle sue memorie tratteggia un ritratto di lealtà assoluta e grande valore umano.
Due vite parallele, due stranieri nel cuore della Storia europea. Uno sopravvissuto al suo mentore, l’altro no. Entrambi restano lì, sullo sfondo delle tele e dei libri, testimoni muti che si sono trovati per uno dei tanti scherzi della storia a camminare accanto ai giganti.
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