Questa non è una leggenda marinaresca, ma un fatto vero: due naufraghi dopo 33 giorni in mare sono approdati su un'isola distante 560 chilometri dal luogo di partenza e lì hanno trovato... un cugino, figlio di uno zio naufragato sulla stessa costa mezzo secolo prima.
Anno 2011, due pescatori di Tarawa Sud (nelle isole Kiribati in Oceania) partono per un viaggio di poche ore, e si ritrovano, dopo 33 giorni alla deriva, su un atollo sconosciuto. E lì scoprono che un loro parente, dato per disperso mezzo secolo prima, aveva vissuto la stessa drammatica avventura, poi in quell'atollo remoto aveva deciso di mettere radici.
Le cose sono andate così: il 22 ottobre Uein Buranibwe di 53 anni, e il nipote Temaei Tontaake di 26, salpano con un piccolo barchino, con l'intenzione di rientrare la sera stessa. Ma il destino ha deciso diversamente: il GPS si scarica, e il mare gira a burrasca e li trascina lontano.
Per settimane i due sopravvivono mangiando tonno crudo stracciato e sminuzzato con le mani e bevendo qualche goccia di pioggia raccolta al volo. Quando il cielo si ostina a restare limpido, sono costretti a bere acqua salata, tra nausea e vertigini. La Guardia costiera li cerca invano: dopo dieci giorni sospende le ricerche, convinta che siano morti.
E invece il 24 novembre una barca da pesca delle Isole Marshall li avvista vicino all'atollo di Namdrik. Scheletrici, barbuti, gli occhi segnati dalla fame. I pochi abitanti dell’atollo, incuriositi, li accolgono e li portano dall’unica persona che sembra comprendere la loro lingua.
Ed è lì che arriva la sorpresa: il “traduttore” si rivela essere il figlio di un certo Bairo, zio di Temaei, che negli anni Cinquanta era sparito in mare e che tutti a Kiribati avevano dato per disperso e poi pianto come morto. Bairo invece era sopravvissuto: aveva affrontato la sua odissea seguendo la stessa corrente, fino a sbarcare proprio a Namdrik. Qui evidentemente si era trovato bene, si era sposato e aveva avuto dei figli.
Anche Uein e Temaei, festeggiati da tutta l'isola, si fermano per un mese. Ma non per loro scelta: l’unico aereo è a terra per manutenzione. Ma in fondo, racconteranno, nessuno dei due ha fretta di tornare a casa. Dopo aver visto la morte in faccia nei lunghi giorni in mare, e le sorprese che gli ha riservato il destino una volta approdati, il tempo per loro ha preso tutto un altro ritmo.
Nessun commento:
Posta un commento