lunedì 1 settembre 2025

815 - LADY DAY, LA DONNA CHE SFIDA IL TEMPO


 

Duemila anni di buio non sono bastati a cancellarle il volto, la pelle, persino lo sguardo. Con Lady Dai la morte non sembra aver portato a termine il suo lavoro.

La storia che vi racconto è per molti versi ancora inspiegabile. Comincia nel 1971 in Cina. Un gruppo di operai della milizia esegue scavi per costruire rifugi antiaerei nei pressi dell’aeroporto di Changsha, provincia di Hunan. A 20 metri di profondità, gli operai trovano un tumulo e fermano i lavori.

Arrivano gli archeologi, e in breve scoprono che si tratta di una collina funeraria, un complesso di tombe nobiliari della dinastia Han occidentale. Abbattuta una parete, la scena che si presenta ai loro occhi ha dell’incredibile. Dentro quattro bare laccate, sigillate come matrioske, avvolto da venti strati di seta e immerso in un liquido trasparente e acido, c'è il corpo di una donna vissuta fra il 217 e il 169 a.C. praticamente intatto.

Si tratta di Xin Zhui, moglie del marchese di Dai. Oggi la conosciamo con un soprannome che sembra uscito da un romanzo gotico: Lady Dai. Ma la sua non è leggenda: quello ritrovato si rivelerà essere il corpo meglio conservato dell’antichità.

Non una mummia rinsecchita come quelle egizie, ma un corpo flessibile, con pelle umida e morbida, capelli ancora neri, ciglia, unghie, persino le impronte digitali. Gli scienziati restano senza parole: tutti gli organi interni sono al loro posto, e nei vasi sanguigni si rintraccia sangue di tipo A. Un’anomalia che ancora oggi sfida la medicina ufficiale.

L’autopsia rivela una vita agiata ma tutt’altro che sana: arteriosclerosi, diabete, ipertensione, calcoli biliari. Il cuore non ha retto a un infarto, stroncandola all’età di circa 50 anni.

Nel suo stomaco restano intatti più di 130 semi di melone: il suo ultimo pasto, consumato poche ore prima della morte. Dettagli minimi, eppure capaci di avvicinarci con una precisione commovente a quell'ultima cena in una sera d’estate di duemila anni fa.

A rendere il miracolo possibile è stata la perfezione architettonica della tomba: venti metri sottoterra, pareti rivestite di carbone e argilla, un ambiente sigillato che ha bloccato ossigeno e batteri.

Ma resta il mistero di quel liquido leggermente acido, ricco di sali e magnesio, che nessuno fino ad oggi è riuscito a riprodurre. È la chiave di quella conservazione straordinaria? O un dono del caso, un’imprevedibile alchimia fra materia organica e minerali del sottosuolo?

Gli scienziati negli anni successivi hanno sezionato, analizzato, ipotizzato formule e ricette. Ma nessuno ha saputo ricostruire davvero quel miracolo di conservazione. Lady Dai resta sospesa tra scienza e leggenda, e tiene stretto il segreto che le è stato affidato più di due millenni fa.


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