Era cominciato come un gioco: “Io faccio la guardia, tu il prigioniero, ci divertiamo due settimane e ci pagano pure”. Nel giro di 48 ore nessuno rideva più.
Basta una divisa, un numero cucito addosso e una porta che si chiude alle spalle.per trasformare il ragazzo della porta accanto in un demonio. A Stanford, in California, un seminterrato divenne una prigione, studenti di psicologia si vestirono da guardie e da detenuti, e in meno di due giorni il gioco diventò incubo.
Agosto 1971, nei sotterranei della Stanford University il giovane psicologo Philip Zimbardo decide di mettere alla prova il potere dei ruoli sociali. Così seleziona 24 studenti, tutti considerati equilibrati, per vivere due settimane in una prigione fittizia, e li divide in due gruppi: 12 guardie, 12 detenuti.
E' la vera polizia di Palo Alto che arresta i 12 “delinquenti”, li fotografa, li benda. Privati del nome e con un numero cucito sulla divisa, i ragazzi vengono rinchiusi in cella con una catena alla caviglia. E qui entrano in azione le 12 guardie, con occhiali a specchio e manganello. Hanno un’unica regola: non picchiare. Per il resto, libertà totale.
Dopo meno di due giorni è già rivolta: le uniformi strappate, i detenuti barricati in cella. Le guardie rispondono con estintori, isolamento, privazioni. L’accesso ai bagni diventa un privilegio, il cibo un’arma di ricatto.
Punizioni umilianti nascono spontanee: flessioni con un compagno in piedi sulla schiena, secchi sporchi lasciati in cella, sacchetti in testa. Uno a uno, i prigionieri cominciano a cedere: crisi emotive, pianti, rifiuto di mangiare. Persino Zimbardo e il suo staff finiscono per comportarsi più da direttori di carcere che da scienziati.
Il sesto giorno, durante una visita, la psicologa Christina Maslach guarda quei ragazzi: nudi, incatenati, la disperazione negli occhi. Incredula, dice a Zimbardo: “Ma ti rendi conto di quello che stai facendo?”. E' la frase che mette la parola fine alla simulazione prima che accada qualcosa di irreparabile.
L'esperimento è andato avanti per 6 giorni, invece dei 14 previsti. Ma sono bastati per mostrare che, in certe condizioni, il confine tra il bene e il male non è un muro: è una porta socchiusa. E' l'Effetto Lucifero, come lo chiamerà Zimbardo nel libro “The Lucifer Effect: Understanding How Good People Turn Evil”, e come da allora sarà conosciuto nel mondo della psicologia.
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