Quel giorno sulla savana regnava un silenzio strano, insolito. La gente della riserva li sentì arrivare da lontano, col loro passo pesante e solenne. Ventuno elefanti si fermarono davanti alla casa di Lawrence Anthony.
Lui non era un uomo qualunque. Ambientalista, scrittore, visionario, aveva accolto nella sua riserva di Thula Thula nello Zululand, in Sudafrica, un branco di pachidermi destinato all’abbattimento salvandogli la vita.
Elefanti considerati “troppo difficili”, che solo la sua pazienza e il suo coraggio avevano trasformato in una comunità stabile. A loro aveva dato rifugio, imparando a leggere i loro silenzi, i fremiti impercettibili, le vibrazioni udibili solo con il cuore. Lo chiamavano “L'uomo che sussurra agli elefanti”, parafrasando un celebre film, ma lui preferiva “l'uomo che ascolta gli elefanti”.
Quel 4 marzo 2012 la moglie di Anthony, Françoise Malby, e tutti gli abitanti della riserva, non credevano ai loro occhi all'arrivo del branco guidato da Nana e Frankie, le matriarche storiche.
Lawrence era morto per un infarto due giorni prima, e i 21 elefanti avevano fatto ore di marcia per essere lì. Nessuno li aveva chiamati. Nessuno li aveva guidati. Eppure erano lì, come spinti da un richiamo invisibile.
Gli animali si disposero compatti davanti alla recinzione. Rimasero oltre un’ora, quasi immobili, come a vegliare un’assenza. Poi si voltarono e tornarono nel bush.
Negli anni successivi sarebbero tornati ancora, puntuali, in quegli stessi giorni. Una processione silenziosa che non si spiega con la scienza, ma che racconta una storia di memoria e di riconoscenza.
Stati mentali umani che per gli studiosi non è corretto attribuire agli animali, anche se la letteratura etologica documenta comportamenti compatibili col cordoglio: gli elefanti vegliano i loro morti, toccano le ossa, restano accanto ai corpi, tornano a visitarli.
Ma qui non c’era un cadavere, solo una casa vuota. E quel passo lento, quel pellegrinaggio inspiegabile, non possono che far pensare a un ricordo, a un addio, al vuoto lasciato dal loro “ascoltatore”.
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