sabato 4 ottobre 2025

839 - CADUTA LIBERA


 

Lo so, questa storia è ai confini della realtà. Ai confini, e non oltre, perché è accaduta davvero. Un aereo in volo, un’esplosione, 27 morti. E una hostess che sopravvive alla caduta libera più alta mai registrata senza paracadute: 10.160 metri.

Vesna Vulović nasce a Belgrado nel 1950, sogna Londra, i Beatles e i viaggi. Decide così di diventare assistente di volo per poter vedere il mondo. Inizia con entusiasmo la sua esperienza sui voli di linea, fino a quel 26 gennaio 1972.

Cominciamo a dire che lei non ci sarebbe neanche dovuta essere sul volo JAT 367: è lì per un errore di nome, (un'altra assistente di volo che si chiama anch'essa Vesna), una confusione di turni. Il destino l’ha scelta. All'inizio è un po' contrariata, ma poi vede che l'aereo fa scalo a Copenaghen, e lei in Danimarca non c'è mai stata. Così non dice niente, e sale sulla scaletta.

Nel vano bagagli, in una valigetta, è nascosta una bomba, che esplode a 10.000 metri di altezza. L'aereo in fiamme precipita, tanti passeggeri vengono sbalzati fuori, ma non la hostess, che resta intrappolata dentro un pezzo della fusoliera, con la schiena bloccata da un carrello portavivande.

L’impatto con il suolo è ammortizzato dalla neve e dagli alberi, ma quello che salva Vesna è proprio il carrello, che le si incastra contro la colonna vertebrale, e la tiene aderente alla struttura dell’aereo creando una sorta di gabbia protettiva.

L'aereo cade vicino a Srbská Kamenice, in Cecoslovacchi. I primi soccorritori la trovano in mezzo a tanti corpi senza vita, straziati e dilaniati; il rosso del sangue ricopre la sua divisa turchese. Un contadino che era stato medico durante la guerra si accorge incredulo che respira. E la tiene in vita fino all'arrivo dei soccorsi, mentre i presenti sussurrano attoniti una sola parola: miracolo.

Vesna si risveglia all'ospedale di Praga dopo giorni di coma, con gambe, bacino, vertebre e cranio fratturati. E' paralizzata dalla vita in giù. Ma piano piano, dopo mesi di interventi e grazie a quella testarda volontà che lei chiama “la mia cocciutaggine serba”, le gambe ricominciano a muoversi. Unica conseguenza fisica, camminerà per tutta la vita zoppicando.

Non le resta invece alcun ricordo dell'incidente. E non ha paura di tornare a volare. Vorrebbe riprendere il suo lavoro, ma la Jat Airways le assegna un incarico d'ufficio. Intanto in Jugoslavia è quasi un'eroina: viene ricevuta da Tito e la sua storia è immortalata in una canzone popolare. Il Guinness dei Primati ratifica il suo record: nessuno era mai sopravvissuto a una caduta simile.

Negli anni novanta si oppone a Milošević, perde il lavoro e diventa bersaglio di campagne diffamatorie. Non finisce in carcere solo perché il governo vuole evitare la pubblicità negativa che il suo arresto porterebbe. Continua a manifestare, fino alla Rivoluzione dei bulldozer del 2000, quando vede cadere il dittatore. In seguito entra nel Partito Democratico e sostiene l'ingresso della Serbia nell'Unione Europea.

Gli ultimi anni li passa sola, in un appartamento di Belgrado, con una pensione misera e il peso di un destino che ha risparmiato solo lei: "Ogni volta che penso all'incidente, provo un forte senso di colpa per essermi salvata, piango, e penso che forse non sarei dovuta sopravvivere”.

Vesna Vulović muore a 66 anni, pochi giorni prima del Natale 2016. Negli ultimi tempi aveva trovato conforto nella fede, che, come ha raccontato ai giornali, le ha fatto rileggere la sua terribile esperienza e l'ha trasformata in una persona ottimista, perché “se riesci a scamparla a ciò che è capitato a me, puoi sopravvivere a qualsiasi cosa".

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