Sembra
impossibile ma...
Un
uomo solo scavando per 7 anni la roccia a colpi di martello e
scalpello ha realizzato il Gran Pertus, un acquedotto nei monti della
Val di Susa che dopo 5 secoli è ancora funzionante.
Colombano
Romean nasce a Le Ramats in Piemonte nella seconda metà del
Quattrocento, lavora nelle miniere della Provenza dove apprende
le tecniche minerarie di scavo; quindi torna a casa. Il paese di
Chiomonte lotta da sempre con la carenza d'acqua; serve un acquedotto
che lo colleghi con l'assai meno arido versante della conca di
Touilles. In passato sono stati fatti tentativi di aprire un varco,
ma la perforazione della cresta rocciosa non è riuscita. Nel 1504
Exilles autorizza Chiomonte a scavare il tunnel nel proprio
territorio. Passano più di 20 anni prima che le comunità trovino
un accordo (in Val di Susa evidentemente i trafori non sono mai
piaciuti...). Il 14 ottobre 1526 i lavori di scavo vengono affidati a
Colombano, che ormai ha tra i 50 e i 55 anni; i committenti si
impegnano a versargli 2 emine (46 litri) di buon vino (che pare gli
piaccia parecchio) e un'emina di segala ogni mese di lavoro, più 8
emine di legumi l'anno. Il compenso è stabilito in 5 fiorini per
ogni tesa (1,7 metri) di galleria eseguita. Al minatore devono essere
forniti anche gli attrezzi necessari, una baracca, una botte e l'olio
necessario per l'illuminazione della galleria. Il cibo verrà fornito
dagli abitanti della Ramats: sarà il cane di Colombano a far la
spola col villaggio e a portargli ogni giorno da mangiare. Il
minatore ha a disposizione martello, mazza, piccone, cunei in ferro,
e lampade a olio per illuminare la galleria. Il problema
dell'aerazione lo risolve immettendo a forza l'aria con tubi di tela
collegati a un mantice. Colombano
lavora per 7 anni da aprile a ottobre avanzando con un ritmo di fra
i 40 e i 60 centimetri al giorno.
Nel
1533 il Pertus è terminato: una galleria lunga 433 metri, larga fra
80 e 120 centimetri e alta da 1 a 2,5 metri, a un'altitudine tra i
2020 e i 2050. L’opera è tutt’oggi utilizzata per l'irrigazione
dei campi, è in buon stato di conservazione, e sulla volta e lungo
le pareti sono ancora visibili i segni delle lavorazioni. Sulla sorte
di Colombano esistono due leggende: secondo una è stato avvelenato a
fine lavori dai buoni abitanti di Chiomonte per evitare l’esborso
della grossa somma dovuta; l'altra lo vede morire dopo una solenne
sbornia. Ci piace pensare che sia vera la seconda.
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