Sembra
impossibile ma...
Il
genio di due uomini ha dato vita a un morbo che ha salvato decine di
vite umane; una storia che vale la pena di raccontare in giorni nei
quali la parola virus è tornata a essere sinonimo di paura.
Adriano
Ossicini nasce a Roma nel 1920; a 17 anni entra come volontario al
Fatebenefratelli, l'antico ospedale romano sull'isola Tiberina. Nel
1938 è schedato come sospetto sovversivo; nei mesi successivi svolge
attività antifasciste, e nel febbraio 1943 viene arrestato e finisce
in carcere dove resta fino a maggio. In attesa di essere spedito al
confino, torna all'attività ospedaliera e partecipa in segreto ad
azioni partigiane. E' al Fatebenefratelli che conosce Giovanni
Borromeo, chirurgo di fama e primario della struttura. Romano
del 1898, laureato a 22 anni con 110 e lode e vincitore del concorso
da primario a soli 31 anni, Borromeo è un luminare, ma la sua
carriera è penalizzata dal rifiuto di prendere la tessera del
Partito Fascista. Il primario e il giovane medico lavorano in stretta
collaborazione, e il 16 ottobre 1943 realizzano il loro capolavoro.
E'
un sabato, e tra le 5.30 e le 14 la Gestapo entra nel ghetto per un rastrellamento
che coinvolge 1259 persone: per 1023 di queste c'è l'immediata
deportazione ad Auschwitz. Alcuni però, oltre un centinaio,
riescono a fuggire e chiedono aiuto al Fatebenefratelli. Borromeo li
“ricovera” per direttissima, e con Ossicini e altri medici e
frati della struttura studia un piano. Per fortuna i nazisti
ritardano e solo a sera arrivano con due camion e circondano
l'ospedale. Un alto ufficiale e un medico della Wehrmacht chiedono di
controllare tutti i malati. Borromeo li accoglie con un sorriso,
parla bene il tedesco e si mette a loro completa disposizione;
comincia un’accurata ispezione. Che si ferma di fronte a una
camerata chiusa; da dentro si sentono lamenti e colpi di tosse. I
medici spiegano che sono i malati del Morbo di K e descrivono nel
dettaglio i sintomi della sindrome: effetti devastanti, esito quasi
sempre letale e soprattutto contagiosissima. Mostrano le cartelle
cliniche (ancora fresche di inchiostro) e invitano l’ufficiale
medico e chiunque lo voglia ad entrare. “Nein, danke” è la
risposta, va bene così. I tedeschi impressionati se ne vanno. La
Sindrome K (il nome lo ha inventato Ossicini, dedicato ai capi
nazisti Kesserling e Kappler) ha salvato oltre 100 “malati”: uno
dopo l'altro fuggiranno dall'ospedale con falsi documenti procurati
dai partigiani.
Ossicini
in seguito partecipa attivamente alla lotta partigiana, dopo la
Liberazione diventa psichiatra e docente universitario, poi torna
alla politica, viene eletto senatore ed è nominato Ministro per la
famiglia e la solidarietà sociale nel governo Dini; muore il 15
febbraio 2019 al Fatebenefratelli. Borromeo all'ospedale sull'isola
Tiberina crea una radio clandestina in contatto coi partigiani, e con
un gruppo di medici fidati cura in segreto quelli feriti, fino alla
Liberazione. Muore il 24 agosto 1961 nel “suo” ospedale dove ha
continuato a lavorare; nel 2004 l'Ente israeliano per la Memoria
della Shoah lo riconosce “Giusto fra le Nazioni”. L’ospedale
Fatebenefratelli riceve invece il titolo di “Casa di Vita”.
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