sabato 20 giugno 2020

654 - NON E' UN PAESE PER DONALD




Sembra impossibile ma...
Un insegnante di Daikundi, in Afghanistan, ha avuto la bella idea di chiamare il figlio col nome del presidente americano. E i guai per il piccolo Donald Trump Pooya e famiglia non si sono fatti attendere.

Anno 2016, Sayed Pooya vive in un paesino dell'Afghanistan centrale, in una fattoria con i genitori, i nonni, la moglie Jamila e i due figli Fatima di 6 anni e Karim di 5. Dall'altra parte del mondo, in America, la corsa alla Casa Bianca sta entrando nel vivo; nel giro di pochi mesi Donald Trump, contro ogni pronostico, diventerà presidente. E Sayed fa un tifo sfegatato per lui: ha appena finito di leggere il suo libro “Come diventare ricchi”, preso in prestito alla biblioteca, e ne è rimasto letteralmente affascinato: “Ho pensato ‘Questo è un grande uomo’, mi piace il modo in cui quando decide che vuole qualcosa, poi va e lo ottiene”. Così, quando nasce il suo terzo figlio, va all'anagrafe e, all'ufficiale di stato civile che gli chiede come lo chiamerà, risponde tutto orgoglioso “Donald Trump”.

Il mio – spiega – voleva essere un augurio, nella speranza che mio figlio riesca a replicare il successo dell'uomo d'affari e diventi miliardario come lui”. Il tempo di arrivare a casa, e apriti cielo: la moglie abbozza, ma genitori e nonni sono furiosi, ogni giorno è una lite. L’imam locale poi dedica al piccolo Donald Trump un intero sermone, e definisce la scelta un insulto alla religione. Dopo qualche tempo il padre di Sayed, che non ne può più di sentir chiamare il nipotino con quel nome in ogni momento, caccia il figlio di casa. Così, con la famiglia, si trasferisce a Kabul. Ma le cose non migliorano, anzi: vivono in 5 in un tugurio di mattoni e fango, fra i vicoli più sporchi della periferia; e i vicini, appena sentono il nome del bimbo, chiedono al padrone di casa di cacciarli. E se nel quartiere li evitano e li guardano male, su Facebook sono bombardati di insulti e minacce per aver dato al figlio il nome di un infedele, anzi, del capo degli infedeli. Tanto da essere costretti a chiudere il profilo. “Lo so – dice Sayed – quando andrà a scuola per lui potrebbe essere dura, magari lo picchieranno, ma un nome è un nome, non ci penso neanche a cambiarlo, al diavolo gli altri, casomai quando sarà adulto lo cambierà lui, se lo desidera”.

O magari se lo terrà e, se sopravvive, sarà ricchissimo, vincerà le elezioni, governerà, e farà amicizia con Silvio Berlusconi Boahene; sì, il figlio di quell'operaio immigrato dal Ghana che lavora in una fabbrica di Modena. Oggi dovrebbe avere 15 anni, e anche per lui il padre, affascinato dal Cavaliere, aveva pronosticato un futuro luminoso in politica: «Studierà, si preparerà, e diventerà il numero uno: del Ghana o dell'Italia, non importa, ma sarà presidente”.

https://www.newindianexpress.com/galleries/world/2018/mar/17/in-photos--afghan-toddler-named-after-donald-trump-faces-ire-from-locals-101340--4.html 

https://www.aljazeera.com/news/2018/03/afghan-baby-named-infidel-donald-trump-180317152615577.html 

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