Nel
bel mezzo della chiesa della Santissima Trinità in Annunziata a
Foligno, adagiato fra le forme neoclassiche della navata centrale,
c'è uno scheletro alto 28 metri del peso di 8 tonnellate.
Ok,
le cose non stanno esattamente così: la chiesa è una ex chiesa, di
recente restaurata e trasformata in polo museale di arte
contemporanea dalla Regione Umbria, e l'incredibile visione che vi
trovate davanti si chiama Calamita cosmica, ed è un'installazione di
Gino De Dominicis. L'opera rappresenta un grande scheletro umano,
preciso nell'anatomia, a parte il becco d'uccello che sostituisce il
naso; lo scheletro è steso sulla schiena e regge in equilibrio sul
dito medio della mano destra un'asta di ferro dorata: la calamita che
mette in contatto l'uomo col mondo cosmico.
Gino
de Dominicis, artista marchigiano scomparso nel 1998, è stato fra i
protagonisti dell'arte italiana nel secondo dopoguerra. “Pittore,
scultore, filosofo e architetto”, come si definiva, amava avvolgere
la sua immagine in un alone di mistero, limitava al massimo mostre e
apparizioni pubbliche e contrastava la pubblicazione di cataloghi o
libri sulle sue opere. In molti lo ricordano per la polemica alla
Biennale di Venezia del 1972, quando “espose” un giovane affetto
da sindrome di Down seduto in un angolo mentre osservava tre dipinti:
solo una delle tante provocazioni di un artista che viveva l'arte non
come comunicazione, ma come creazione e magia, tanto da considerare
anche lo spettatore superfluo rispetto all'opera.
La
stessa Calamita cosmica è stata realizzata in gran segreto nel 1988.
Presentata a sorpresa nel 1990 a Grenoble, esposta nuovamente 6 anni
più tardi nella reggia di Capodimonte a Napoli, poi nella reggia di
Versailles, alla Mole vanvitelliana di Ancona, in piazza del Duomo a
Milano, al Museo d'arte contemporanea in Belgio, al Forte di
Belvedere di Firenze e infine al MAXXI di Roma, prima di trovare
posto nella ex chiesa di Foligno.
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