Sembra
impossibile ma…
Questa
è una storia vera. Che comincia a Borgata Norat, quattro case sulle
colline di Cuneo. E’ il 13 ottobre 1867 quando nasce Giacomo
Inaudi; la famiglia è poverissima, il tempo di imparare a camminare
e il piccolo “Giacu” segue il padre sui pascoli alti. Il bimbo
non va a scuola, ma a 6 anni guarda il gregge e inizia a combinare
numeri nella mente. E’ un ragazzino strano, piccolo di statura (da
adulto supererà di poco il metro e mezzo), una gran testa su un
corpo tarchiato, carattere taciturno ma dolce e modesto.
Persa
la madre, Giacomo va in Provenza col fratello, che suona la
fisarmonica nelle piazze. Lui fa ballare una marmotta e raccoglie i
soldi. E stupisce la gente risolvendo a mente complicati calcoli
matematici. Garzone in un caffè di Marsiglia, fa a mente i conti dei
clienti, anche lunghissimi. E non sbaglia mai. A 12 anni incontra
Bénédit Jules Dombey che ne intuisce le enormi potenzialità.
Diventerà il suo impresario (oltre che il suocero), l’uomo che lo
farà conoscere prima alla comunità scientifica, poi al grande
pubblico. All’Accademia di Francia lo affida al matematico Alfred
Binet (con lui nella foto). Sarà Binet ad esplorare i confini di
una memoria straordinaria e di una mente prodigiosa. All’Accademia
delle Scienze gli danno lavagna e gesso, ma Giacomo li rifiuta: “Non
so scrivere, vado a istinto, la mia lavagna è qui” dice toccandosi
la fronte. Allora gli chiedono quanti minuti erano passati dalla
nascita di Cristo. Pochi istanti, poi la risposta. Riscontrata esatta
dopo lunghi e faticosi calcoli. Da lì inizia la parabola del
“Prodigioso calcolatore umano”, le tournée nei circhi, la fama
mondiale.
Le
sue performance diventano leggendarie: Inaudi riesce in pochi istanti
a fare calcoli con numeri di 20 cifre, indica il giorno della
settimana di una qualsiasi data, estrae la radice cubica di numeri di
9 cifre o la radice quinta di numeri di 12, il tutto a mente e con
cifre proposte dagli spettatori. Durante lo show tutte le cifre
vengono scritte su una lavagna; alla fine lui le ripete tutte, una
dopo l’altra (da 300 a 400) in un uragano di applausi. Inaudi si
ritira dalle scene nel 1934. Morirà nel 1950 a Champigny,
dimenticato da tutti.
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