venerdì 12 giugno 2020

591 - PERDENTI



Sembra impossibile ma…
Ci sono pugili che si guadagnano da vivere perdendo un incontro dopo l’altro, sempre, per tutta la carriera. Atleti mediocri ma indispensabili per allestire le riunioni, in gergo li chiamano journeymen, perché viaggiano di continuo per combattere ovunque e contro chiunque, con la certezza di prendere tanti cazzotti da avversari più forti e di incassare una borsa assai magra.

Peter Buckley, inglese di Birmingham, è detto The Professor perché negli anni è stato picchiato da 42 futuri campioni. Nel 2008, a 39 anni, si ritira al termine del suo trecentesimo match. Di questi, 256 li ha persi, quasi tutti per ko, 12 pareggiati, 32 vinti. E’ il re del journeymen, uno dei pochissimi ad entrare nella storia del pugilato. E’ l’emblema del perdente, ma su di lui si racconta che nonostante le mediocri qualità non abbia mai detto un no, sempre disponibile chiunque fosse l’avversario, Come quella volta che, convocato all’ultimo momento, salì sul ring dopo una sbronza memorabile.

Anche Brad Rone, americano di Cincinnati, non ha mai rifiutato un incontro. Neanche nel 2003, il giorno della morte di sua madre Thelma, colpita da infarto fulminante. Lui è un colosso nero di 120 chili, e gli ultimi 26 match li ha persi tutti per ko. Suona il telefono, lo vogliono il giorno dopo a Cedar City: 800 dollari, gli servono per il funerale. Lui saluta i parenti a Las Vegas e parte: dovrà vedersela con Billy Zumbrun, l’ha già incontrato più volte, ha sempre perso. Sono anche diventati amici. Sale sul ring, ma a Zumbrun non sembra neanche lo scarso pugile che conosce. Al primo duro colpo non si rialza, morirà nonostante i soccorsi. L’autopsia non rileva traumi. E’ morto per infarto, come la madre. Aveva 35 anni.

Ma il capostipite dei journeymen è Joe Grim, alias Saverio Giannone. Nasce ad Avellino nel 1881 e a 10 anni emigra a New York con la famiglia. Nella sua lunga carriera perde quasi tutti gli incontri, ma mai per ko. E’ un incassatore fenomenale, assorbe qualunque colpo, va a terra e si rialza. Sempre. Lo chiamano “The iron man” e tutti i big vogliono confrontarsi con lui. Lo massacrano, ma finisce sempre ai punti. Una volta col campione Fitzsimmons va al tappeto 20 volte, ma la campana finale lo trova in piedi: “Non è umano” commenta l’avversario. E lui dopo ogni match sale sulle corde e grida “Sono Joe Grim e non ho paura di nessuno”. Il ko arriva nel 1910 con Sam McVea. E Joe, deluso, dopo oltre 200 match quasi tutti persi, ma mai prima del limite, si ritira per sempre.

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