Sembra impossibile ma…
Ci
sono pugili che si guadagnano da vivere perdendo un incontro dopo
l’altro, sempre, per tutta la carriera. Atleti mediocri ma
indispensabili per allestire le riunioni, in gergo li chiamano
journeymen, perché viaggiano di continuo per combattere ovunque e
contro chiunque, con la certezza di prendere tanti cazzotti da
avversari più forti e di incassare una borsa assai magra.
Peter
Buckley, inglese di Birmingham, è detto The Professor perché negli
anni è stato picchiato da 42 futuri campioni. Nel 2008, a 39 anni,
si ritira al termine del suo trecentesimo match. Di questi, 256 li ha
persi, quasi tutti per ko, 12 pareggiati, 32 vinti. E’ il re del
journeymen, uno dei pochissimi ad entrare nella storia del pugilato.
E’ l’emblema del perdente, ma su di lui si racconta che
nonostante le mediocri qualità non abbia mai detto un no, sempre
disponibile chiunque fosse l’avversario, Come quella volta che,
convocato all’ultimo momento, salì sul ring dopo una sbronza
memorabile.
Anche
Brad Rone, americano di Cincinnati, non ha mai rifiutato un incontro.
Neanche nel 2003, il giorno della morte di sua madre Thelma, colpita
da infarto fulminante. Lui è un colosso nero di 120 chili, e gli
ultimi 26 match li ha persi tutti per ko. Suona il telefono, lo
vogliono il giorno dopo a Cedar City: 800 dollari, gli servono per il
funerale. Lui saluta i parenti a Las Vegas e parte: dovrà vedersela
con Billy Zumbrun, l’ha già incontrato più volte, ha sempre
perso. Sono anche diventati amici. Sale sul ring, ma a Zumbrun non
sembra neanche lo scarso pugile che conosce. Al primo duro colpo non
si rialza, morirà nonostante i soccorsi. L’autopsia non rileva
traumi. E’ morto per infarto, come la madre. Aveva 35 anni.
Ma
il capostipite dei journeymen è Joe Grim, alias Saverio Giannone.
Nasce ad Avellino nel 1881 e a 10 anni emigra a New York con la
famiglia. Nella sua lunga carriera perde quasi tutti gli incontri, ma
mai per ko. E’ un incassatore fenomenale, assorbe qualunque colpo,
va a terra e si rialza. Sempre. Lo chiamano “The iron man” e
tutti i big vogliono confrontarsi con lui. Lo massacrano, ma finisce
sempre ai punti. Una volta col campione Fitzsimmons va al tappeto 20
volte, ma la campana finale lo trova in piedi: “Non è umano”
commenta l’avversario. E lui dopo ogni match sale sulle corde e
grida “Sono Joe Grim e non ho paura di nessuno”. Il ko arriva nel
1910 con Sam McVea. E Joe, deluso, dopo oltre 200 match quasi tutti
persi, ma mai prima del limite, si ritira per sempre.
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