Sembra
impossibile ma…
Questa
è una storia vera. La storia di Jim Thorpe, nativo americano
conosciuto dalla sua gente come Sentiero Lucente. Che nel 1912 alle
olimpiadi di Stoccolma poco prima di gareggiare nel pentathlon e nel
decathlon si accorge che qualcuno gli ha rubato le scarpe chiodate.
Impossibile procurarsene di nuove. Lui cerca ovunque, e alla fine
trova nei bidoni della spazzatura due vecchie scarpe spaiate. Una gli
va larga di almeno due numeri. Per compensare, indossa un paio di
calzini in più. Risultato, due medaglie d’oro. Ma questo è solo
uno degli aneddoti sulla sua vita. Che assomiglia tanto a una
leggenda. Di quelle vere, non di quelle che ci propinano le varie
“sfide” televisive che incensano i calciatori ricchi e viziati
dei nostri giorni. Ringrazio Antonella Freschi per la segnalazione.
Thorpe
nasce nel 1887 in una riserva indiana vicino a Bellemont in Oklahoma.
I genitori sono di sangue misto: madri indiane e padri irlandese per
lui e francese per lei. Jim è allevato come un nativo americano, e
frequenta varie scuole indiane; da bambino perde la madre e il
fratellino gemello; quando muore anche il padre ha 17 anni. Lavora in
una fattoria, ma torna a scuola, dove scopre le sue eccezionali doti
atletiche: in una sfida di salto in alto fra studenti, vestito con i
calzoni normali, straccia tutti superando un metro e 85. Pratica
qualunque sport, e si fa notare agli studenteschi nel football e nel
baseball. L’atletica leggera è solo un divertimento, ma grazie
alle sue doti fisiche viene scelto per le nuove discipline del
pentathlon e del decathlon alle olimpiadi. Il risultato è trionfale,
anche con le scarpe spaiate.
Lui
è un ragazzo semplice, il successo lo stupisce. Non ha mai
partecipato a una cerimonia, e al sovrano di Svezia che lo elogia
premiandolo risponde con un “Grazie, Re!”; in patria lo
festeggiano con una parata a Broadway, e lui: “Tutti a gridare il
mio nome, non capisco come una persona possa avere così tanti
amici”. La felicità è di breve durata: nel 1913 un giornale
pubblica la notizia che Thorpe nel 1909 ha preso (pochi) soldi per
giocare a baseball: è un professionista. Lui scrive al Comitato
olimpico e si scusa: “Sono solo uno studente indiano, non sapevo
tutte le regole; davvero, non sapevo che stavo facendo una cosa
sbagliata”. Niente da fare. Deve restituire le medaglie, le sue
performance vengono cancellate dagli annali. E allora, che
professionismo sia: Thorpe diventa una stella dei NY Giants di
baseball; ma anche dei Canton Bulldogs di football americano, e di
una squadra di basket. E’ vincente in qualsiasi sport. Poi arrivano
insieme, il declino fisico e la grande depressione, e lui si riduce
in miseria, fa la comparsa nei western e il buttafuori, il marinaio e
il muratore. Muore d’nfarto nel 1953, nella roulotte in cui viveva
con la terza moglie. 30 anni dopo il Comitato Olimpico gli
restituisce i suoi titoli e riconsegna ai figli le medaglie d’oro.
O meglio, una copia, perché le sue sono state rubate.
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