venerdì 12 giugno 2020

592 - LA LEGGENDA DI SENTIERO LUCENTE




Sembra impossibile ma…
Questa è una storia vera. La storia di Jim Thorpe, nativo americano conosciuto dalla sua gente come Sentiero Lucente. Che nel 1912 alle olimpiadi di Stoccolma poco prima di gareggiare nel pentathlon e nel decathlon si accorge che qualcuno gli ha rubato le scarpe chiodate. Impossibile procurarsene di nuove. Lui cerca ovunque, e alla fine trova nei bidoni della spazzatura due vecchie scarpe spaiate. Una gli va larga di almeno due numeri. Per compensare, indossa un paio di calzini in più. Risultato, due medaglie d’oro. Ma questo è solo uno degli aneddoti sulla sua vita. Che assomiglia tanto a una leggenda. Di quelle vere, non di quelle che ci propinano le varie “sfide” televisive che incensano i calciatori ricchi e viziati dei nostri giorni. Ringrazio Antonella Freschi per la segnalazione.

Thorpe nasce nel 1887 in una riserva indiana vicino a Bellemont in Oklahoma. I genitori sono di sangue misto: madri indiane e padri irlandese per lui e francese per lei. Jim è allevato come un nativo americano, e frequenta varie scuole indiane; da bambino perde la madre e il fratellino gemello; quando muore anche il padre ha 17 anni. Lavora in una fattoria, ma torna a scuola, dove scopre le sue eccezionali doti atletiche: in una sfida di salto in alto fra studenti, vestito con i calzoni normali, straccia tutti superando un metro e 85. Pratica qualunque sport, e si fa notare agli studenteschi nel football e nel baseball. L’atletica leggera è solo un divertimento, ma grazie alle sue doti fisiche viene scelto per le nuove discipline del pentathlon e del decathlon alle olimpiadi. Il risultato è trionfale, anche con le scarpe spaiate.

Lui è un ragazzo semplice, il successo lo stupisce. Non ha mai partecipato a una cerimonia, e al sovrano di Svezia che lo elogia premiandolo risponde con un “Grazie, Re!”; in patria lo festeggiano con una parata a Broadway, e lui: “Tutti a gridare il mio nome, non capisco come una persona possa avere così tanti amici”. La felicità è di breve durata: nel 1913 un giornale pubblica la notizia che Thorpe nel 1909 ha preso (pochi) soldi per giocare a baseball: è un professionista. Lui scrive al Comitato olimpico e si scusa: “Sono solo uno studente indiano, non sapevo tutte le regole; davvero, non sapevo che stavo facendo una cosa sbagliata”. Niente da fare. Deve restituire le medaglie, le sue performance vengono cancellate dagli annali. E allora, che professionismo sia: Thorpe diventa una stella dei NY Giants di baseball; ma anche dei Canton Bulldogs di football americano, e di una squadra di basket. E’ vincente in qualsiasi sport. Poi arrivano insieme, il declino fisico e la grande depressione, e lui si riduce in miseria, fa la comparsa nei western e il buttafuori, il marinaio e il muratore. Muore d’nfarto nel 1953, nella roulotte in cui viveva con la terza moglie. 30 anni dopo il Comitato Olimpico gli restituisce i suoi titoli e riconsegna ai figli le medaglie d’oro. O meglio, una copia, perché le sue sono state rubate.




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