Sembra
impossibile ma…
Una
sfida calcistica è diventata una battaglia, e pretesto per un breve
ma violento conflitto passato alla storia come “la guerra del
calcio”. Nel 1969 si giocano le qualificazioni per i mondiali
dell’anno successivo in Messico. Honduras ed El Salvador vincono i
rispettivi gironi e si sfidano in semifinale. La rivalità è molto
accesa; inoltre in quei mesi la tensione fra i due Paesi è alta per
motivi politici.
L’andata.
L'8 giugno a Tegucigalpa i tifosi locali accolgono male la nazionale
avversaria. La notte prima della partita, centinaia di persone
assediano l’hotel che ospita i calciatori e impediscono loro di
dormire urlando e lanciando sassi. Il giorno dopo il pullman che li
trasporta all’Estadio Nacional viene assalito e le gomme vengono tranciate.
In un clima tesissimo e intimidatorio l’Honduras va a segno a un
minuto dal termine: finisce 1-0. In Salvador una ragazza di 18 anni
figlia di un generale vede la partita in tv e per la rabbia e la
delusione si spara al cuore con una pistola. Di colpo diventa
un’eroina e la folla che segue i funerali di Stato giura vendetta.
Il
ritorno. Il 15 giugno a San Salvador la prevedibile notte in bianco
per la nazionale honduregna si trasforma in un incubo. Le finestre
dell’hotel vanno in frantumi per una fitta sassaiola, il lancio di
uova marce, topi morti e anche bombe artigianali costringe la squadra
a rifugiarsi sul tetto dell’albergo, un giovane accompagnatore
viene lapidato. All’alba la polizia conduce i calciatori a
gruppetti in luoghi più sicuri; nel pomeriggio poi saranno
trasportati fino allo stadio all’interno di carri armati
dell’esercito. Durante l’inno honduregno, in un frastuono
infernale la bandiera viene bruciata e i pochi fans in trasferta
aggrediti: due saranno uccisi, gli altri feriti. Finisce 3-0 per El
Salvador, gli ospiti, terrorizzati, sono già contenti di aver
salvato la pelle. Visto che la differenza reti non conta, si va allo
spareggio.
La
bella. Il 27 giugno lo stadio Azteca di Città del Messico è gremito
da migliaia di tifosi dei due Paesi, sorvegliati da 5000 poliziotti.
Le tifoserie si scontrano già dentro lo stadio, e l’arbitro riesce
a fatica a governare il match: dopo 90 minuti di battaglia in campo e
sugli spalti è ancora parità: 2-2. Si va ai supplementari. Altri 30
minuti di scontri, El Salvador trova un gol contestatissimo e vince:
3-2. Il quartiere intorno all’Azteca per alcune ore è un campo di
battaglia, morti e feriti non si contano. La sera stessa il governo
dell'Honduras rompe le relazioni diplomatiche con El Salvador. Nei
giorni successivi espelle 300.000 immigrati salvadoregni. Il 14
luglio viene dichiarata la guerra. Durerà solo 100 ore, ma sarà uno
dei conflitti più sanguinosi del dopoguerra: 6000 i morti, 15000 i
feriti.
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