venerdì 11 aprile 2025

762 - 1627 Attacco all'Islanda


 

 

Islanda, anno 1627. Da sempre le antiche saghe raccontano storie che non sai se sono cronache o leggende. Ma ce n’è una che ancora oggi, tra quelle case battute dal vento del nord, si racconta a bassa voce: quella dello sbarco dei turchi.

Per quanto possa sembrare incredibile i pirati barbareschi, uomini del deserto e del mare, gli stessi che in quegli anni mettevano a ferro e fuoco le coste di Italia, Spagna e Provenza, quell'estate arrivarono due volte, prima da Salé, poi da Algeri. Non erano “turchi” in senso stretto, ma così li chiameranno gli islandesi: “Tyrkjaránid”, i “rapimenti turchi”

Le navi nere compaiono all’orizzonte il 20 giugno, davanti al piccolo villaggio di Grindavík. Al comando c’è Murat Reis, un olandese convertito all’Islam e diventato pirata. Chi li avvista, non sa cosa pensare: non c’è ragione, non c’è logica, non ci sono difese. Solo pescatori, donne, bambini, la solitudine del nord, e una vita che pare troppo semplice per attirare il male.

I pirati catturarono una quindicina di islandesi, altri marinai danesi e olandesi. Prendono anche due navi. Una piccola guerra-lampo, brutale e silenziosa. Tentano pure uno sbarco a Bessastaðir, ma un manipolo di lancieri li ricaccia in mare.

Un mese dopo altre navi provenienti da Algeri costeggiano i fiordi orientali. A Berufjörður e Breiðdalur la gente viene svegliata dal fuoco appiccato alle case: 110 prigionieri, argento, bestiame, una nave danese affondata e un peschereccio inglese catturato sono il consuntivo della razzia.

La costa meridionale però si rivela ostile e inospitale, così puntano su Vestmannaeyjar, le Isole degli Uomini dell’Ovest. Il 16 luglio approdano e scatenano l’inferno: 234 persone rapite, 34 uccise. Bruciano il mercato, la chiesa, uccidono anche un ministro. Tre giorni e le isole sono vuote.

Le navi ripartono con le stive piene di prigionieri in catene. Li portano giù, verso il caldo soffocante di Algeri e Salé, dove verranno venduti come schiavi. Solo uno di loro fsarà rilasciato: Ólafur Egilsson, pastore luterano, inviato a chiedere soldi per riscattare i prigionieri. Impiegherà nove anni, attraversando mezza Europa.

Riuscirà a riscattare solo una parte degli schiavi: sono 34 gli islandesi che ripartono da Algeri. Sei morirono sulla via del ritorno, uno verrà lasciato a Glückstadt. Nel 1645 sarà pagato un riscatto per altre 8 persone, che faranno ritorno a Copenaghen. In totale 50 persone ottengono la libertà. La prigioniera più importante si chiama Guðríður Símonardóttir, tornata a casa sposerà Hallgrímur Pétursson, uno dei poeti più famosi d'Islanda.

E quelli non riscattati? I più giovani si convertono: quasi cento scelgono l’Islam . I più deboli muoiono di stenti. Alcuni vengono comprati da padroni benevoli, altri cadono in mani feroci, legati in catene dalla mattina alla sera, vestiti di stracci, nutriti appena. Per tutti loro l'Islanda rimarrà solo un sogno lontanissimo.



761 - IL SEGRETO DI GIBILTERRA


 

  A Gibilterra, fra le storie che il vento soffia attraverso le gole della Rocca, ce n’è una che per decenni ha bisbigliato nel buio di un tunnel. Non è una storia da libri né da medaglie quella della *Stay Behind Cave*, la caverna dei fantasmi viventi, uno dei piani più folli e straordinari della Seconda Guerra Mondiale.

Il nome ufficiale è Operazione Tracer, ma per chi ha occhi per leggere tra le righe, era un patto con la morte, un’ultima candela accesa, nel caso in cui tutto il resto si fosse spento.

Anno 1941. L’Europa ansima sotto il tallone del Terzo Reich. I porti bruciano, i cieli urlano di sirene, e Gibilterra — minuscola, strategica, incrollabile — diventa l’ago della bilancia sul Mediterraneo. I tedeschi hanno un piano: si chiama *Felix*. E prevede che Gibilterra cada. Gli inglesi, dal canto loro, ne hanno uno assai più strano. Prevede che Gibilterra cada... ma non del tutto.

Il contrammiraglio Godfrey — un uomo di idee così bizzarre che Fleming ne farà il modello per il suo “M” — prevede di lasciare una manciata di uomini dentro la Rocca. Sigillati vivi. Con viveri, acqua, radio, e una sola missione: guardare, ascoltare, riferire.

Così sceglie sei volontari. Nessuno di loro, per contratto morale, potrà tirarsi indietro. Medici, tecnici, uomini con la mente salda. La caverna intanto viene scavata in segreto, rivestita di sughero per non lasciar filtrare nemmeno un sussurro. Due feritoie per scrutare il mare. Una bicicletta per generare energia. Un bagno, un serbatoio d’acqua.E la consapevolezza che, una volta dentro, la porta si richiuderà alle spalle dei sei. Senza chiave.

Il loro addestramento è affidato a un sopravvissuto dell’Antartide, George Murray Levick. Uomini che insegnano a vivere a chi deve imparare a morire. Si studiano le calorie, la disciplina, la decomposizione lenta della psiche umana nella prigione del silenzio. E nessuno si tira indietro.

Nel settembre del ’42, tutto è pronto. Ma la storia, come spesso accade, sterza. Gli alleati conquistano il Nord Africa, e poi la Sicilia. Gibilterra non serve più a nessuno, se non ai gabbiani e ai ricordi. Così il 24 agosto del 1943 arriva l’ordine: sigillare tutto, dimenticare tutto. Le pareti della *Stay Behind Cave* restano mute per oltre mezzo secolo.

Poi, nel 1997, alcuni speleologi del Gibraltar Caving Group sentono un alito d’aria che arriva da dietro un muro di mattoni. Lo sfondano, trovano una porta, e dietro una stanza dimenticata dal tempo, con resti di biciclette, un’antenna, e pareti silenziose come un voto.

Ci vorranno dieci anni per confermare che sì, è proprio lei: la grotta degli invisibili. L’antro degli uomini disposti a diventare memoria senza mai essere stati storia.

Nel 2008, uno di loro — il medico Bruce Cooper — torna a Gibilterra. Ottantasei anni e un volto che sembra scolpito nella roccia. Racconta tutto: i compagni, la preparazione, la claustrofobia studiata a tavolino. Gli occhi fissano il vuoto, pronti a vederlo riempirsi di tedeschi.

Morirà due anni dopo, nel 2010. Nessun monumento. Nessuna targa in bronzo. Solo la voce roca della Rocca, che ogni tanto, quando il vento è giusto, sembra sussurrare i nomi che nessuno ha mai conosciuto. E forse va bene così. Alcune storie, come certi amori, si custodiscono meglio nel buio.



762 - 1627 Attacco all'Islanda

    Islanda, anno 1627. Da sempre le antiche saghe raccontano storie che non sai se sono cronache o leggende. Ma ce n’è una che ancora oggi,...