lunedì 28 aprile 2025

764 - LA ISLA BLANCA


 

 Questa e' la storia di una barca bianca che arrivo' su un'isola dove non sarebbe mai dovuta arrivare con un carico di ricchezza e di morte che cambio' per sempre la vita di tutti gli abitanti.

Il 6 giugno 2001, il villaggio di Pilar da Bretanha, nel nord-ovest dell’isola di São Miguel, nelle Azzorre, si sveglia con un’aria diversa. Non è un giorno speciale, ma di lì a poco lo diventerà. Di primo mattino una barca bianca appare all'orizzonte, spinta dal vento e dalle correnti.

E' un catamarano in avaria, salpato dal Sudamerica e diretto in Spagna. A bordo, centinaia di chili di cocaina non tagliata racchiusa in contenitori di plastica grandi come mattoni. Nei giorni successivi al naufragio, i pescatori di Pilar da Bretanha trovano i primi pacchetti di quella sostanza che sembra farina nascosti tra le rocce e le reti. Poi il mare restituisce altri carichi. Qualcuno chiama la polizia che ne conta 270 per un peso di 290 chili. Nei giorni successivi altri 500 chili. Ma ce ne sono molti, molti altri, si pensa fra i 500 e i 3000 chili.

Ma non tutti denunciano la scoperta. Per molti la polvere bianca è una fortuna insperata, una sorta di tesoro, un miracolo. Non sanno che è un miracolo che costa caro. E in breve le strade di Pilar si riempiono di voci e di sussurri, di nuovi commerci, di nuove opportunità che sembrano arrivare dal nulla.

Fra i primi a trovarla due pescatori che ne recuperano tanta, tantissima, e la vendono a prezzi irrisori rispetto al mercato. La voce si sparge più veloce del vento: "C'è polvere buona laggiù, e tanta da riempirci l’isola”. Inizia la corsa. Uomini, donne, ragazzini: a rovistare tra le scogliere, a strappare al mare pacchetti gonfi di sogni.

La cocaina invade il paese, si infila nelle case, si mescola all’odore di pesce e di terra umida. C’è chi racconta di averne consumata un chilo in un mese, ci sono casalinghe che, ignare, la usano come farina per il pane o come zucchero per il caffè.

Andre Costa, un impresario e musicista che suona alle feste di paese, racconta: “Vendevano bicchieri pieni di polvere bianca nei bar. Bicchieri! A pochi spiccioli. Come vendere birra al porto”.La cocaina, prima quasi sconosciuta in un’isola così lontana da tutto, diventa la protagonista indiscussa delle vite dei suoi abitanti.

E inesorabilmente in breve arrivano le prime morti per overdose. Sono soprattutto giovani: iniziano per gioco, per sfida, e finiscono in ospedale, in coma. Il dottor Mariano Pacheco all’ospedale di Ponta Delgada ricorda bene gli occhi vuoti che arrivavano su barelle sporche di sabbia. “Ne salvammo alcuni, Ma altri non ce l’hanno fatta. È stato devastante, non eravamo preparati a una cosa del genere”.

Intanto la polizia locale indaga per scoprire l’origine del carico di coca. Il timoniere del catamarano, Antonino Quinci, ha due identità e due passaporti. E' lui l'uomo incaricato di portare il carico a destinazione. Più difficile arrivare all'organizzazione che gestisce il traffico. Le manette scattano solo per Quinci. L’uomo che ha portato la polvere del paradiso e il fango dell'inferno sull'isola cambiandola perc sempre rimarrà in carcere per 10 anni.

Oggi a São Miguel la storia della barca bianca è ancora un fantasma che si muove tra i campi e le taverne. Qualcuno con il denaro sporco ha fatto fortuna, ha aperto negozi e ristoranti ancora in piena attività. Altri invece non sono mai usciti dal buco nero che la polvere ha scavato nelle loro anime.

E le Azzorre, un tempo tranquille, sono diventate un punto di passaggio strategico nel traffico internazionale di droga. La vicenda ha ispirato il romanzo di Niccolò Agliardi “Ti devo un ritorno”, pubblicato nel 2017, e “La isla blanca” sta per diventare una serie Tv in 8 puntate.

giovedì 24 aprile 2025

763 - LA GUERRA DEI BIKERS


 

Quest'ala del carcere era riservata ai bikers. In pratica qui comandavano loro, gli Hell's angels. Finché la prigione non fu attaccata dalla banda rivale, i Bandidos, con razzi anticarro...”

Scusi, può ripetere?”. Le cose che ascolto sono così assurde che penso di aver capito male. Invece è tutto vero. Sto visitando il carcere di Horsens trasformato in attrazione turistica, e scopro che la pacifica, civile Danimarca pochi anni fa è stata teatro di una guerra violentissima dai tratti surreali e con un finale ai confini della realtà. Sentite come è andata e giudicate voi.

E' il capodanno del 1980 quando gli Hells Angels in sella a luccicanti Harley Davidson irrompono sulla scena danese. Per contrastarli nascono i Bullshit MC. Seguono anni di agguati, scontri e funerali. Alla fine il bilancio è di otto Bullshit morti contro un solo Hells. Nel 1988 i Bullshit, sconfitti, si sciolgono.

Ma la vera guerra deve ancora cominciare. Nel 1993 i vecchi nemici degli Hell's Angels si uniscono ai Bandidos, arrivati in Europa via Marsiglia. Quello che segue è follia. Le due bande si organizzano militarmente, assaltano depositi dell'esercito e portano via armi di ogni tipo. E le usano.

Nei due anni successivi la Danimarca sembra il Medio Oriente: Razzi anti-tank contro le club house, sparatorie nei bar, raid alle feste e ai concerti. Nel febbraio ’97, in pochi giorni, tre attacchi con razzi devastano le prigioni di Horsens, Køge e Holbæk, dove sono rinchiusi i bikers arrestati per le violenze.

O meglio, più che rinchiusi, ospitati: Hell's Angels e Bandidos non sono normali detenuti: sono arroganti, violenti, le autorità non riescono a gestirli; li chiamano “detenuti a controllo negativo”. Tradotto: comandano più dei secondini. Li isolano in blocchi speciali con cucine autonome dove cucinano da soli e celle più comode. Una struttura parallela, uno Stato nello Stato con leggi e gerarchie proprie. Un apparato capace, per uccidere i propri nemici, di attaccare con razzi anti-tank, armati fino ai denti, le stesse prigioni dove sono rinchiusi.

Fuori intanto è l'inferno: sparatorie ai semafori con mitra e granate a mano, fuggitivi inseguiti fino all'aeroporto, decine di razzi anticarro lanciati tra il 1994 e il 1997. A Copenaghen un missile colpisce in pieno una sede degli Hells Angels, nelle città piccole e grandi esplodono autobomba, dai tetti vengono lanciate granate, missili esplodono dopo aver penetrato i muri di cemento degli edifici. Alla fine della guerra si contano 11 morti (ma il numero è assai più alto, sono tanti quelli che in quegli anni sono scomparsi senza lasciare traccia), 96 feriti gravi, 74 tentativi di omicidio.

Già, perché a un certo punto la guerra finisce. Come? In un modo ancora più pazzesco. Guardo scorrere le immagini che mi mostrano nel carcere di Horsens e ancora una volta non credo ai miei occhi. E' il 4 settembre del 1997, nel video si vedono i leader di Bandidos e Hells Angels in giacche di pelle e occhiali scuri che si stringono la mano davanti alle telecamere della televisione di Stato danese e firmano la pace. Sì. Avete capito bene, un summit ufficiale in diretta tv davanti all'intera nazione, come due capi di Stato, con un noto avvocato come mediatore e la polizia di Copenaghen impegnata, anche se non ufficialmente, a fornire supporto logistico e sicurezza per la “conferenza di pace”.

A conti fatti, entrambi i club sono usciti dal conflitto più forti di prima, e oggi continuano a gestire le loro attività più o meno pulite. Per i reati commessi fra il 1994 e il 1997 sono state condannate 138 persone. L'ultimo biker imprigionato per i crimini commessi è stato rilasciato sulla parola nel dicembre 2015. Sembra un film distopico, invece è accaduto realmente nella pacifica, civile Danimarca, pochissimi anni fa.




venerdì 11 aprile 2025

762 - 1627 Attacco all'Islanda


 

 

Islanda, anno 1627. Da sempre le antiche saghe raccontano storie che non sai se sono cronache o leggende. Ma ce n’è una che ancora oggi, tra quelle case battute dal vento del nord, si racconta a bassa voce: quella dello sbarco dei turchi.

Per quanto possa sembrare incredibile i pirati barbareschi, uomini del deserto e del mare, gli stessi che in quegli anni mettevano a ferro e fuoco le coste di Italia, Spagna e Provenza, quell'estate arrivarono due volte, prima da Salé, poi da Algeri. Non erano “turchi” in senso stretto, ma così li chiameranno gli islandesi: “Tyrkjaránid”, i “rapimenti turchi”

Le navi nere compaiono all’orizzonte il 20 giugno, davanti al piccolo villaggio di Grindavík. Al comando c’è Murat Reis, un olandese convertito all’Islam e diventato pirata. Chi li avvista, non sa cosa pensare: non c’è ragione, non c’è logica, non ci sono difese. Solo pescatori, donne, bambini, la solitudine del nord, e una vita che pare troppo semplice per attirare il male.

I pirati catturarono una quindicina di islandesi, altri marinai danesi e olandesi. Prendono anche due navi. Una piccola guerra-lampo, brutale e silenziosa. Tentano pure uno sbarco a Bessastaðir, ma un manipolo di lancieri li ricaccia in mare.

Un mese dopo altre navi provenienti da Algeri costeggiano i fiordi orientali. A Berufjörður e Breiðdalur la gente viene svegliata dal fuoco appiccato alle case: 110 prigionieri, argento, bestiame, una nave danese affondata e un peschereccio inglese catturato sono il consuntivo della razzia.

La costa meridionale però si rivela ostile e inospitale, così puntano su Vestmannaeyjar, le Isole degli Uomini dell’Ovest. Il 16 luglio approdano e scatenano l’inferno: 234 persone rapite, 34 uccise. Bruciano il mercato, la chiesa, uccidono anche un ministro. Tre giorni e le isole sono vuote.

Le navi ripartono con le stive piene di prigionieri in catene. Li portano giù, verso il caldo soffocante di Algeri e Salé, dove verranno venduti come schiavi. Solo uno di loro fsarà rilasciato: Ólafur Egilsson, pastore luterano, inviato a chiedere soldi per riscattare i prigionieri. Impiegherà nove anni, attraversando mezza Europa.

Riuscirà a riscattare solo una parte degli schiavi: sono 34 gli islandesi che ripartono da Algeri. Sei morirono sulla via del ritorno, uno verrà lasciato a Glückstadt. Nel 1645 sarà pagato un riscatto per altre 8 persone, che faranno ritorno a Copenaghen. In totale 50 persone ottengono la libertà. La prigioniera più importante si chiama Guðríður Símonardóttir, tornata a casa sposerà Hallgrímur Pétursson, uno dei poeti più famosi d'Islanda.

E quelli non riscattati? I più giovani si convertono: quasi cento scelgono l’Islam . I più deboli muoiono di stenti. Alcuni vengono comprati da padroni benevoli, altri cadono in mani feroci, legati in catene dalla mattina alla sera, vestiti di stracci, nutriti appena. Per tutti loro l'Islanda rimarrà solo un sogno lontanissimo.



761 - IL SEGRETO DI GIBILTERRA


 

  A Gibilterra, fra le storie che il vento soffia attraverso le gole della Rocca, ce n’è una che per decenni ha bisbigliato nel buio di un tunnel. Non è una storia da libri né da medaglie quella della *Stay Behind Cave*, la caverna dei fantasmi viventi, uno dei piani più folli e straordinari della Seconda Guerra Mondiale.

Il nome ufficiale è Operazione Tracer, ma per chi ha occhi per leggere tra le righe, era un patto con la morte, un’ultima candela accesa, nel caso in cui tutto il resto si fosse spento.

Anno 1941. L’Europa ansima sotto il tallone del Terzo Reich. I porti bruciano, i cieli urlano di sirene, e Gibilterra — minuscola, strategica, incrollabile — diventa l’ago della bilancia sul Mediterraneo. I tedeschi hanno un piano: si chiama *Felix*. E prevede che Gibilterra cada. Gli inglesi, dal canto loro, ne hanno uno assai più strano. Prevede che Gibilterra cada... ma non del tutto.

Il contrammiraglio Godfrey — un uomo di idee così bizzarre che Fleming ne farà il modello per il suo “M” — prevede di lasciare una manciata di uomini dentro la Rocca. Sigillati vivi. Con viveri, acqua, radio, e una sola missione: guardare, ascoltare, riferire.

Così sceglie sei volontari. Nessuno di loro, per contratto morale, potrà tirarsi indietro. Medici, tecnici, uomini con la mente salda. La caverna intanto viene scavata in segreto, rivestita di sughero per non lasciar filtrare nemmeno un sussurro. Due feritoie per scrutare il mare. Una bicicletta per generare energia. Un bagno, un serbatoio d’acqua.E la consapevolezza che, una volta dentro, la porta si richiuderà alle spalle dei sei. Senza chiave.

Il loro addestramento è affidato a un sopravvissuto dell’Antartide, George Murray Levick. Uomini che insegnano a vivere a chi deve imparare a morire. Si studiano le calorie, la disciplina, la decomposizione lenta della psiche umana nella prigione del silenzio. E nessuno si tira indietro.

Nel settembre del ’42, tutto è pronto. Ma la storia, come spesso accade, sterza. Gli alleati conquistano il Nord Africa, e poi la Sicilia. Gibilterra non serve più a nessuno, se non ai gabbiani e ai ricordi. Così il 24 agosto del 1943 arriva l’ordine: sigillare tutto, dimenticare tutto. Le pareti della *Stay Behind Cave* restano mute per oltre mezzo secolo.

Poi, nel 1997, alcuni speleologi del Gibraltar Caving Group sentono un alito d’aria che arriva da dietro un muro di mattoni. Lo sfondano, trovano una porta, e dietro una stanza dimenticata dal tempo, con resti di biciclette, un’antenna, e pareti silenziose come un voto.

Ci vorranno dieci anni per confermare che sì, è proprio lei: la grotta degli invisibili. L’antro degli uomini disposti a diventare memoria senza mai essere stati storia.

Nel 2008, uno di loro — il medico Bruce Cooper — torna a Gibilterra. Ottantasei anni e un volto che sembra scolpito nella roccia. Racconta tutto: i compagni, la preparazione, la claustrofobia studiata a tavolino. Gli occhi fissano il vuoto, pronti a vederlo riempirsi di tedeschi.

Morirà due anni dopo, nel 2010. Nessun monumento. Nessuna targa in bronzo. Solo la voce roca della Rocca, che ogni tanto, quando il vento è giusto, sembra sussurrare i nomi che nessuno ha mai conosciuto. E forse va bene così. Alcune storie, come certi amori, si custodiscono meglio nel buio.



775 - LA DIMENTICANZA

Quanti giorni può sopravvivere un uomo senza bere né mangiare?Non esiste una risposta certa. I medici parlano di tre giorni senz’acqua, fors...