venerdì 4 luglio 2025

780 - MANGIATORI DI ARGILLA


 

Ci sono colline nel sud degli Stati Uniti dove la terra si lascia mordere. Bianca come il latte versato, liscia al tatto, con un odore che pare di pioggia appena caduta. La chiamano kaolin, oggi è solo un minerale, un tempo era conforto, era abitudine. Era fame.

Ho trovato la storia in un documento medico del 1852. Pare che a metà ottocento di mangiatori di argilla ce ne fossero parecchi. La chiamavano white dirt, e la tenevano in tasca come altri tengono il tabacco. Ne staccavano piccoli pezzi, li inumidivano con un fazzoletto e li masticavano piano. “Fa bene allo stomaco”, diceva qualcuno. “Ti riempie quando non c’è niente da mettere sotto i denti”, diceva qualcun altro.

La pratica, ereditata dalle donne africane deportate nei campi del Sud, era sopravvissuta anche fra i bianchi più poveri. In certe contee la geofagia era quasi un rito, una forma di resistenza domestica alla fame e alla miseria. Il caolino veniva usato per alleviare disturbi gastrointestinali, per integrare minerali o semplicemente per abitudine o piacere tattile.

Ai medici dell’epoca non piaceva né poco né punto, parlavano di pance gonfie, denti consunti, anemia, stitichezza. Alcuni racconti esageravano: famiglie intere che si nutrivano solo di argilla, pelli giallastre, morti precoci e miasmi che allontanavano persino i becchini. Invenzioni, certo. Ma nella leggenda c’è spesso un fondo di verità.

Chissà cosa penserebbero quei medici del fatto che ai giorni nostri il caolino è usato in alcuni medicinali da banco, come ad esempio antidiarroici, in cosmetici e maschere per il viso, talvolta anche come additivo alimentare (l'E559).

Ah, un'ultima cosa: se vuoi sapere che sapore ha, ancora oggi nei mercatini rurali in Georgia o in Alabama, nel Mississippi o nel South Carolina, puoi trovare chi vende palline bianche che se non le conosci le scambi per vecchi biscotti. Donne anziane le annusano prima di assaggiarle. Se ti capita di vederle non ti mettere a ridere. Quella che un tempo per loro è stata fame, oggi è continuità, è tradizione, è parlare un linguaggio più vecchio del nostro sapere.



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